Autovelox SS 121 S. M. di Licodia: non ci resta che piangere. Gli autisti versano “un fiorino” come gli antichi monaci

Autovelox SS 121 S. M. di Licodia: non ci resta che piangere. Gli autisti versano “un fiorino” come gli antichi monaci

Sulla Statale 121, nel tratto che attraversa il territorio di Santa Maria di Licodia, “non ci resta che piangere”.

Nel senso che la famosa scena del film di Massimo Troisi e Roberto Benigni si compie ancora oggi.

Autovelox SS 121 S. M. di Licodia: non ci resta che piangere. Gli autisti versano “un fiorino” come gli antichi monaciAd ogni passaggio, in un senso o nell’altro, si deve versare “un fiorino”. Una tassa sul passaggio, istituita dal comune di Santa Maria di Licodia. Un pedaggio obbligato, una vessazione, adesso al centro di una “class action”, azione legale che riunisce tutti i tartassati.

La strada statale 121, che poi non è altro che l’antico tracciato che collegava Siracusa a Himera (Termini Imerese) come attestano le fonti quali l’Itinerarium Antonini e la Tabula Peutingeriana, è stata il teatro di tante vicende, dal passaggio dell’esercito Siracusano di Gelone nel 480 a.C. in occasione della battaglia di Imera, ai grandi viaggiatori del ‘700 che hanno visitato le bellezze della Sicilia. Un via via di uomini illustri, eserciti e carovanieri, verso le terre di Demetra (Enna e Morgantina) verso i santuari delle Salinelle fino ai porti di Catania e Siracusa. Questa strada, ancora poco indagata (recentemente alcuni tratti sono stati scoperti a Caltavuturo), meriterebbe più attenzioni.

Ma una storia ci colpisce particolarmente.

Quella della tassa sul passaggio che i monaci di Santa Maria di Licodia, imponevano a chiunque passasse dal tratto in questione (zona Schettino) e della disputa con gli abitanti di Paternò che si appellarono ai Moncada, principi di queste terre. Una tassa ingiusta, un obolo dissennato che non era tollerabile e che si aggiungeva ad altri balzelli e gabelle.

Quindi nel tratto stradale vicino a Schettino, dove ancora oggi, il Comune impone lo stesso pedaggio ma con modalità innovative, ci sarebbe da fare un approfondimento storico e legale. Può essere definita una porzione di strada statale 121 (quella afferente a Santa Maria di Licodia) come ambito urbano? Il limite di 50 Km/h è veramente necessario per garantire la sicurezza stradale? Può un comune – autonomamente – inasprire le sanzioni in un tratto di una strada statale. Se guardiamo al caso Misterbianco qualcosa non ci convince.

Autovelox SS 121 S. M. di Licodia: non ci resta che piangere. Gli autisti versano “un fiorino” come gli antichi monaciQualche tempo fa, in un contesto certamente più urbano, la città di Misterbianco pose una condizione irricevibile. Solo in un piccolo tratto già vincolato con il limite di 70 Km/h si imponeva per circa 500 metri quello di 50 Km/h.

Dopo diverse pressioni degli utenti e dei media che ogni giorno percorrevano quel tratto di strada, tra l’altro in salita, hanno ottenuto il ripristino del limite originario imposto dall’Anas. Bisognerebbe agire con le stesse modalità in contrada Schettino.

La cosa che ci lascia senza parole è come, in pochi mesi, il comune di Santa Maria di Licodia ha fatto cassa e rimpinguato il suo bilancio comunale, come i monaci al tempo dei Moncada. Qualcuno risponderà che gli autovelox servono per scoraggiare gli automobilisti indisciplinati che mettono a rischio la sicurezza delle comunità ma la domanda è: è necessario proprio il limite di 50 Km/h? O sarebbe meglio 70 Km/h?

Chi attraversa il tratto in questione, è consapevole che il limite di 50 è impossibile e potrebbe persino essere controproducente, al contrario quello di 70 garantisce la sicurezza stradale e nello stesso tempo una percorribilità più serena. Poi, sulla questione ambito urbano, ci sarebbe tanto da dire. Sappiamo tutti che se si volesse definire ambito urbano quel tratto di strada si dovrebbe estendere il perimetro oltre il centro urbano e segnalarlo con una segnaletica differente. Ma questo ha delle ripercussioni sul piano fiscale, urbanistico e giuridico. Basti pensare alla contabilità edilizia che definisce chiaramente – nella definizione dei costi unitari – il dentro e il fuori dal centro urbano.

E che dire del traffico veicolare verso le aree interne (Troina, Assoro, Regalbuto, Centuripe, Adrano e Biancavilla) e verso Catania e Paternò? In molti devono passare da contrada Schettino e pagare un dazio perché a fronte del limite di 50 Km/h con una tolleranza di 5 Km/h basta superare di un solo 1 Km/h per incorrere nella multa (gabella) come nel film non ci resta che piangere: un fiorino. In pratica già a 56 Km/h si è fotografati e multati. Nel frattempo c’è gente che sfreccia a 100 Km/h, o che fa sorpassi senza senso. Allora ci chiediamo, perché non scoraggiare i folli con pattugliamenti mirati. Cosa cambia tra 50 e 70 Km/h?

Una cosa cambia: con il limite di 50 Km/h cadono nella rete più utenti e quindi più soldi per il comune.

Possiamo capire, anche immedesimarci, ma assomiglia tanto all’idea dei monaci di Santa Maria di Licodia. Non ci resta che rivolgerci ai nuovi Moncada – i sindaci dei comuni interessati – e chiedere giustizia. Dobbiamo tutelare il cittadino ma sembra che la soluzione utilizzata assomiglia più a una tassa a pioggia verso chiunque anche verso gli autisti disciplinati. Se vogliamo dirla tutta, se le ragioni sono le uscite dai fondi agricoli sulla SS 121, dobbiamo pensare ad altro. Usare altre modalità coercitive-educative-sanzionatorie. Chiedere a tutti un fiorino – perché a 50 Km/h non è altro – ci sembra surreale. Se dovessimo applicare questo principio in ogni strada simile, e ci chiediamo a cosa serve dire che è una strada statele, forse non potremmo più attraversare questi territori.

Allora pensiamo a rendere più smart questi tracciati.

Con illuminazioni intelligenti e dispositivi orizzontale e verticali più efficaci. I fondi del FESR Sicilia sono anche per questo. Interveniamo sull’infrastruttura potenziando la mobilità pubblica (la Ferrovia delle Arance aspetta di essere ripresa e non soppressa). Invece di tassare per fare cassa. Per qualcuno è la strada più facile ma una volta tanto serve la progettualità a medio e lungo termine invece di soluzioni tampone dal forte connotato storico. Insomma, che i monaci si diano una calmata, non sono certo i concessionari del ponte sullo stretto. Adesso “non ci resta che piangere”, oppure discutere con gli attori di questa storiella per trovare una soluzione condivisa.

Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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