Una marcia di soli uomini contro la violenza sulle donne.
L’iniziativa, che si svolgerà venerdì 1 settembre a Palermo, è stata ideata da Ismaele La Vardera, deputato e vicepresidente della Commissione regionale antimafia, e ha raccolto l’adesione di associazioni, istituzioni e personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo. Una risposta forte ai fatti di cronaca degli ultimi giorni che, da Palermo a Caivano, hanno scosso fortemente l’opinione pubblica nazionale. Il corteo, la cui partenza è prevista alle ore 18:00 dai Quattro Canti, giungerà alle 19:30 al Foro Italico dove si terrà un momento di riflessione.
Il Corriere Etneo ha intervistato l’on. La Vardera, promotore della marcia, per approfondirne le ragioni.
Onorevole, com’è nata l’idea di questa manifestazione?
Spesso e volentieri a parlare di violenza sono le stesse donne. L’obiettivo della manifestazione è dare uno spaccato diverso della reazione a questo fenomeno, dimostrare che gli uomini sono capaci di agire in modo fattivo e di inquadrare la violenza di genere nel modo corretto.
In che modo?
Con la consapevolezza che la nostra è una società inequivocabilmente patriarcale. Basti pensare che quando Giorgia Meloni è arrivata al governo a fare notizia è stato il fatto che una donna fosse diventata premier. Questo dimostra che la nostra società è malata, perché se viene visto come una notizia ciò che dovrebbe essere normale, ciò che notizia non è, evidentemente c’è un problema culturale di fondo. Allora ho pensato: su questo tema si è veramente detto tutto e tutto è stato fatto da chiunque… ma una manifestazione di soli uomini volta a promuovere questo messaggio non è mai stata fatta. Quindi venerdì ho chiamato a raccolta i “veri uomini” di Palermo, li chiamo così poiché ritengo che chi abusa o esercita qualsiasi tipo di violenza su una donna non possa ritenersi un uomo.
Chi ha aderito?
Ho già raccolto molte adesioni. Insieme ai “veri uomini” marceranno rappresentanti delle istituzioni, dell’associazionismo e del mondo dello spettacolo come Lello Analfino e I 4 gusti. Sarà presente in prima linea la madre di Roberta Siragusa, la ragazza di diciassette anni che fu uccisa a Caccamo nel 2021 dal fidanzato. Ovviamente ho invitato anche il presidente della Regione Siciliana e il sindaco di Palermo che sperò di vedere al nostro fianco.
È previsto anche un momento di riflessione?
Sì, alla fine della manifestazione, quando avremo raggiunto il Foro Italico, ci saranno delle testimonianze.
Ha intenzione di portare questo tema in Parlamento?
Sicuramente è un tema per cui Roma ha una maggiore incisività dal punto di vista legislativo. Ma la nostra regione, con l’assessorato alla famiglia guidato dall’on. Albano, sta cercando di promuovere delle attività concrete che possono contribuire in maniera importante, ad esempio potenziando i centri per l’ascolto. La regione può fare tanto, alla luce della nostra possibilità di distaccamento sanitario e quindi di autonomia nella gestione sanitaria regionale. Mi auguro che l’assessore Albano, che ritengo sensibile al tema, possa avere maggiori intenzioni di operatività. Perché il problema non è soltanto lo stupro, che ovviamente è da condannare, ma va inquadrato in un ragionamento più ampio che porta con sé uno Stato che non c’è, sopratutto nelle periferie. Quei giovani venivano dalle periferie che sono abbandonate a sé stesse, dove non esistono riferimenti e attenzioni, dove mancano presidi essenziali e servizi. La politica in questo ha delle grandi responsabilità e non possiamo stare a guardare.
I dati sulla dispersione scolastica in Sicilia sono preoccupanti, crede che la scuola possa incidere nel contrasto alla violenza di genere?
La scuola è un’istituzione che si trova alla base di tutto, è determinante nella formazione e nella crescita dell’individuo sano, che abbia dei valori e che conosca, banalmente anche attraverso l’introduzione di un’ora di educazione sessuale, come bisogna rapportarsi con l’altro sesso e quanto sia importante il consenso in questo rapporto. Sicuramente la dispersione scolastica e la mancanza di solide strutture familiari rappresentano un terreno fertile dove questi fenomeni possono attecchire.
Da più parti si propone l’introduzione della castrazione chimica…
Io non sono d’accordo. Lo Stato non può in nessun caso comportarsi come un criminale. La pena deve sempre tendere alla rieducazione del condannato, deve essere riabilitativa e non può mai essere una pena commisurata al reato commesso. Altrimenti torniamo alla legge del taglione…
Lei è impegnato anche sul fronte di un altro fenomeno che negli ultimi anni sta crescendo in maniera preoccupante, mi riferisco al contrasto alle droghe, in particolare tra i giovani. Come procedono i lavori dell’intergruppo parlamentare che ha promosso e che presiede?
Il tema secondo me è collegato perché il consumo di droghe tra gli adolescenti, specialmente di crack, porta a non avere controllo di sé stessi e ad utilizzare maggiore violenza. Quindi, anche se non ci sono stati casi accertati, non escludo che il consumo di stupefacenti possa portare a queste derive violente. È tutto drammaticamente collegato. Su questo tema abbiamo avuto la possibilità di esaminare un disegno di legge consegnatoci dalla rete delle associazioni locali che lavorano sui territori, che abbiamo già presentato a firma di ventisette deputati di ogni colore politico e il passo successivo, una volta che rientreremo in Parlamento al termine della pausa estiva, sarà la calendarizzazione per cui il presidente Galvagno si è impegnato ufficialmente in conferenza stampa.