di Giuseppe Currao*
Facendo un’analisi dei risultati elettorali delle politiche dal 1987 (sistema proporzionale con possibilità di esprimere fino a quattro preferenze) al 2022 (sistema misto, collegi uninominali maggioritari e collegi proporzionali a liste bloccate – c.d. Rosatellum), ciò che salta immediatamente agli occhi è il calo della percentuale degli elettori, passata dall’88,83% (politiche 1987) al 63,91% (politiche 2022), con una perdita secca di elettorato alle urne del 25%, pari a 11.505.000 di elettori in meno.
Il fatto che undici milioni e mezzo di cittadini non siano andati più a votare avrebbe allarmato qualsiasi democrazia degna di questo nome ma, invece, in Italia tutti i partiti, dopo i consueti lai alla chiusura delle urne, mandano tutto nel dimenticatoio (tutto diventa più importante tranne che cercare soluzioni per fermare questa emorragia di elettori).
A mio modesto avviso, due sono le cause di questo calo di presenze alle urne.
Prima: la scarsa professionalità e serietà della nostra classe politica in genere (e fatte le debite eccezioni). L’improntitudine in politica genera solo disastri: la carica di parlamentare è molto delicata, complessa e di fondamentale importanza per il benessere del Paese e non può essere affidata a chiunque, senza una previa e adeguata formazione.
Seconda: le leggi elettorali che si sono succedute dal 1993 (Mattarellum, leggi 4 agosto 1993 n. 276 e n. 277; il Porcellum, legge n. 270 del 21dicembre 2005; e, infine, il Rosatellum, legge 3 novembre 2017 n. 165), pur avendo tra di esse profonde differenze, sono tutte accomunate dalla presenza di collegi uninominali maggioritari (in cui l’elettorale è chiamato, normalmente, a votare un candidato espresso dalla coalizione, e non dal proprio partito di elezione) e di collegi proporzionali a liste bloccate (in cui l’elettore, può votare, sì, il proprio partito ma non può esprimere alcuna preferenza).
In ogni caso, com’è facile intuire, l’elettore non è mai libero di votare, tenuto conto che nel collegio uninominale può trovarsi a votare un candidato non espresso dal proprio partito (e, quindi, non va a votare); mentre, nel collegio proporzionale, votando il proprio partito, si trova implicitamente a favorire l’elezione di un candidato che non stima affatto (e, quindi, diserta le urne).
Mi rendo conto che risolvere il primo problema (una classe politica più seria e competente), richiede tempi lunghi e l’adozione di misure complesse (tra l’altro, l’art. 49 della Costituzione è rimasto inattuato: chi assicura che la partecipazione all’interno dei partiti avvenga effettivamente con metodo democratico?) ma l’altro problema per rendere ai cittadini la piena libertà di voto sarebbe anche di facile soluzione: basterebbe ripristinare il sistema proporzionale puro con le vecchie preferenze, magari con uno sbarramento e un premio di maggioranza: ma quale partito lo vorrebbe effettivamente fare? Quale partito sarebbe disposto a rinunciare all’enorme potere di scegliere i candidati dei collegi uninominali e di fissare l’ordine di collocazione in lista nei collegi proporzionali?
*Avvocato e già vice sindaco del Comune di Adrano.