Ragalna e Paternò, strategie di rigenerazione: per rilanciare il paradigma Etna-Simeto servono politici preparati

Ragalna e Paternò, strategie di rigenerazione: per rilanciare il paradigma Etna-Simeto servono politici preparati

Il tempo stringe, l’Aggregazione Urbana è già costituita e anche i suoi organi di governo.

Non ci rimane che puntare le vele verso la definizione delle “strategie” partecipate (con il contributo di tutti) che devono essere validate dall’Autorità di Gestione. Una fase delicata di questo nuovo processo che vede Ragalna e Paternò impegnate insieme nella gestione di fondi comunitari, finalizzati a ridare competitività a questa parte di territorio. La politica deve fare uno sforzo enorme per invertire una tendenza negativa, per evitare la condizione di perifericità del comprensorio, per rilanciare quel paradigma Etna-Simeto che ha caratterizzato la sua storia. In pratica riattivare quella funzione di cerniera tra le aree di costa e le aree interne, rivalutando il patrimonio naturalistico, monumentale e produttivo che caratterizza questo paesaggio.

Da una parte la tentazione di collocare i vecchi progetti, estratti da un cassetto ormai obsoleto, dall’altra la necessità di adeguare le proposte e proporre nuovi scenari per le mutate condizioni culturali, paesaggistiche e di mercato. Se il tema è riconnettere l’Etna con la Valle del Simeto e Catania con le aree interne, è necessario ripartire da questi due punti. Riattivare significa riproporre le relazioni già esistenti (tra i due sistemi) che negli ultimi cinquant’anni sono state soppresse, spente a favore di una iper centralità di Catania che ha di fatto desertificato i territori e nello stesso tempo ha imploso Catania. Le filiere produttive, l’armatura culturale, l’offerta abitativa, le risorse energetiche, la gestione dei rifiuti e i programmi formativi si sono via via spenti nelle due direzioni proposte (Etna-Simeto e Catania-Troina) e il Sistema Integrato di Rigenerazione Urbana può essere la chiave per realizzare interventi funzionali ma serve un quadro di sistema, una strategia lungimirante, un approccio innovativo e pragmatico. Non serve quella metodica arcaica e provinciale a cui abbiamo assistito in questi ultimi decenni.

Quindi servono attori, idee, metodi e procedure nuove.

Diverse e in rottura con quanto già visto. Se continuiamo ad attingere solo ai progetti del vecchio cassetto, rischiamo di non centrare l’obiettivo e di perdere la più grande occasione per questo territorio. L’organo Intermedio ha una grande responsabilità, Presidente, Giunta e Consiglio. Nello scegliere l’organigramma operativo, nell’indirizzo programmatorio, nella definizione delle strategie, nel coinvolgimento degli attori pubblici e privati. Un rischio incalcolabile, una responsabilità politica enorme, per questo serve lucidità, cinismo, pragmatismo e visione. Ad oggi nulla sempre chiaro sotto il sole, persino le scadenza procedurali di gestione sono vaghe ed effimere, al contrario di quello che dice la norma e le direttive.

Dove si dovranno concentrare le attenzioni?

Sui sistemi lineari e sulle costellazioni di scopo, senza dimenticare i luoghi iconici del territorio. Dall’Etna verso il Simeto: le infrastrutture della mobilità con particolare attenzione alla sicurezza e ai servizi come le illuminazioni intelligenti e i Point informativi; corridoi pedo-ciclabili, aree di sosta e di interscambio. Ma il baricentro di questo ambito è certamente l’area di “Currone”e la nuova stazione Ardizzone a Paternò. Un baricentro fisico e simbolico. La superstrada Catania-Adrano (verso Bronte), la linea della Metropolitana FCE, le strade provinciali che passano da Paternò verso Adrano e quelle che collegano Santa Maria di Licodia e Belpasso, insomma l’armatura della mobilità (storica e moderna) e la dorsale Simeto-Paternò-Ragalna-Etna sono l’armatura di riferimento con cui confrontarsi per localizzare, potenziare, rigenerare le funzioni di supporto al territorio. L’accessibilità complessiva è la matrice a cui connettere ogni possibile intervento. Fuori da questo schema si rischia di fallire.

Da Corso Italia a Paternò, passando per la stazione di zona Ardizzone, fino a contrada Scalilli e Currone sono i luoghi della trasformazione e dei grandi progetti. L’acropoli di Hybla a Paternò, con le sue aderenza naturalistiche, archeologiche e artistiche sono insieme ai valloni e ai boschi di Ragalna (passando dall’acquedotto romano, le ville romane, le masserie agricole e i resti di Inessa,) il giacimento prezioso a cui attingere per rendere competitivo questo territorio. Le aree industriali artigianali, le aree coltivate di valle, di collina e di montagna rappresentano una piattaforma per pensare a nuovi modelli di sostenibilità circolare. L’offerta alberghiera che deve differenziarsi, in puntuale e di lusso insieme al quella diffusa, con particolare attenzione alle localizzazioni, è essenziale; e non servono cattedrali nel deserto ma interventi mirati. La stessa cosa vale per il sistema commerciale: grandi centri, piccoli mercati (Currone può essere la grande novità insieme a Schettino-San Marco con la sua ferrovia riattivata); capillarità dell’offerta utile per rigenerare tessuti urbani marginali.

Ma serve anche una revisione nel modello scolastico, una maggiore razionalizzazione, come per quello sanitario che potrebbe sfruttare la linea metropolitana per ospitare centri di eccellenza; stesa cosa per il sistema scolastico, realizzando una costellazione che integra il patrimonio esistente con quello di nuova concezione. Per questo bisogna pensare alle acque, ai rifiuti e all’energia. Oggi più che mai, visto i recenti effetti collaterali ai cambiamenti climatici: abbiamo visto tutti la fragilità dei nostri sistemi infrastrutturali in caso di guasto delle reti.

C’è tanto da fare, una rivoluzione che rischia di essere tradita da faccendieri senza scrupoli, politici impreparati, imprenditori confusi e istituzioni pigre e interessate con malizia. Ma ci sono le risorse per non tradire, la politica e l’imprenditoria può farcela, deve solo volerlo. Aspettiamo segnali, siamo ottimisti, ma bisogna spogliarsi di quella cultura provincialista, dilettantistica e furbacchiona che spesso ha il sopravvento.
La partita è cominciata, i giocatori devono scendere in campo, la storia potrebbe essere spietata. Questa generazione (tutti, maggioranza e opposizione) ha la responsabilità del rilancio o della morte di questo territorio. Serve la consapevolezza del ruolo, non dobbiamo tagliare nessun nastro, non dobbiamo riparare nessuna copertura di una stessa scuola ogni anno; non dobbiamo contare numeri e ‘like’, serve un gesto di responsabilità da parte di tutti. Le condizioni per il successo ci sono tutte ma non è più tempo per i furbi e gli ignavi. Tanta carne al fuoco, bisogna rapidamente discutere per scegliere.

Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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