Si chiamava Serafino Famà ed era un avvocato penalista.
Venne ucciso nel novembre 1995 a Catania con sei colpi di pistola: un’esecuzione mafiosa in piena regola che svela gli scenari oscuri di una città meno avvezza ai clamori della cronaca, ma al tempo stesso al centro di una galassia criminale in cui riecheggiano nomi di «famiglie d’onore» come Santapaola, Pulvirenti e Laudani. Una storia raccontata da Emilia Brandi in «Cose Nostre», in onda lunedì alle 23.35 su Rai 1.
Serafino Famà era un uomo onesto e un padre premuroso, ma soprattutto un legale integerrimo e intransigente. Non esitò a consigliare a una sua assistita di non deporre falsamente in favore dell’amante, il boss Giuseppe Di Giacomo, firmando così la propria condanna a morte. La storia di Serafino Famà viene narrata attraverso i ricordi della figlia Flavia, dell’amico e collega Michele Ragonese, del Procuratore Aggiunto di Catania, Ignazio Fonzo e con il contributo di Francesco Di Perna, ex carabiniere membro della Catturandi che arrestò i grandi latitanti catanesi negli anni ’90.