Una «netta vittoria» che «rafforza il lavoro del Governo».
Non sono passate nemmeno due ore dalla chiusura delle urne e la premier Giorgia Meloni fa così la sintesi del voto delle regionali in Lazio e Lombardia.
I candidati del centrodestra, rispettivamente Francesco Rocca e Attilio Fontana, sono i nuovi governatori delle due regioni con percentuali superiori al 50%. I candidati del centrosinistra si fermano tra circa il 35% (Alessio D’Amato nel Lazio) e il 33% (Pierfrancesco Majorino in Lombardia). Il Pd va oltre il 20% in entrambe le regioni, mentre va male per le corse solitarie del Movimento 5 Stelle e del Terzo Polo: nel Lazio Donatella Bianchi va poco oltre l’11%, con il M5S fermo circa al 10%; in Lombardia Letizia Moratti supera di poco il 9% con Azione-Italia viva che strappa solo il 4%. Sul risultato globale pesa l’enorme astensione: nel Lazio vota solo il 37,20% degli elettori, percentuale che sale in Lombardia ad appena 41,67%.
Non c’è bisogno di leggere tra le righe per capire che la presidente del Consiglio voglia intestarsi la vittoria. Vuoi perché il partito di cui è leader, Fratelli d’Italia stacca gli alleati di coalizione sia nel Lazio (con quasi il 34%) che in Lombardia, dove ottiene circa il 26% contro il 17% della Lega, che comunque tiene. Vuoi perché ha gioco facile nel legare il successo a un giudizio positivo degli elettori sull’azione dell’esecutivo. «Complimenti a Francesco Rocca e Attilio Fontana per la netta vittoria di queste elezioni regionali, sicura che entrambi daranno il massimo per onorare il voto e il mandato ricevuto dai cittadini di Lazio e Lombardia. È un importante e significativo risultato che consolida la compattezza del centrodestra e rafforza il lavoro del Governo», esulta Meloni, che chiama i due neo-presidenti e ribadisce «soddisfazione per un risultato netto», qualora il messaggio non fosse chiaro. Un messaggio con cui dovranno fare i conti gli alleati, in vista delle future scelte del governo.
Quello di Meloni appare come un richiamo a serrare i ranghi e a riconoscere le posizioni di forza. Le uscite del leader di FI Silvio Berlusconi sull’Ucraina sono uno scostamento dalla linea dell’esecutivo che esige una correzione di rotta. La risposta arriva chiara anche oggi. Con la premier influenzata è il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, arrivato al comitato di Rocca a Roma, a fare il punto della situazione: parla di «un dato superiore anche rispetto alle elezioni politiche, conseguito tre mesi fa», di «un apprezzamento che cresce» per una «coalizione del centrodestra unitissima». Poi però arriva la stoccata al Cav: le sue parole «non le condivido, come mi pare di capire che non le condivida l’intero governo». Compresi i ministri azzurri, sembra il sottinteso.
In serata arriva però un gesto che va nella direzione di consolidare l’alleanza. «La Presidenza del Consiglio informa di avere in data odierna dato incarico all’Avvocatura dello Stato perché revochi la propria costituzione di parte civile nel processo penale c.d. `Ruby ter´ a carico – fra gli altri – del senatore Silvio Berlusconi», riporta una nota di palazzo Chigi. Il Cavaliere sente in serata sia Meloni che Salvini e si complimenta «per il grande successo» della coalizione . «Questo nuovo successo del centrodestra deve essere e sarà da stimolo a proseguire l’ottimo lavoro fatto sinora dal governo, un esecutivo forte che ha come orizzonte l’intera legislatura», il messaggio.
Soddisfazione esprime anche il leader della Lega, Matteo Salvini: «Per la Lega sono molto contento anche se mi interessa la vittoria di squadra» e quella «con Giorgia e Silvio funziona. Siamo tutti reciprocamente contenti della vittoria», afferma, ribadendo che «siamo al governo da 4 mesi» ma «ci staremo per 5 anni» e che «per me il competitor non è mai in maggioranza, ma è fuori».
Fuori, cioè nel campo dell’opposizione, parte la sequela di accuse incrociate. Il Pd rivendica di essere saldamente il secondo partito e addebita al M5S e al suo presidente Giuseppe Conte la sconfitta nel Lazio. In Lombardia nel mirino finisce il leader del terzo polo Carlo Calenda e la sua scelta di correre da solo con Moratti in Lombardia. Ma soprattutto, là fuori, ci sono i quasi due cittadini su tre che non si sono recati alle urne in entrambe le regioni. È c’è il vero vincitore di questa tornata elettorale, l’astensione.