Sembra quasi un paradosso.
Da anni, in molti cercano di modificare le norme di attuazione del vecchio strumento di pianificazione comunale a Paternò.
Ci provano i privati cittadini, le associazioni di categoria, gli imprenditori e persino i consiglieri comunali. Anche l’amministrazione ci prova ogni tanto, a cambiare qualcosa, un articolo, un segno sulla carta, un perimetro, o qualche destinazione d’uso.
Sembra un paradosso perché a fronte di questa ovvia esigenza di revisione, di cambiamento, di modifiche; necessarie per ovvi motivi, non fosse altro perché, un piano pensato nel 1994, entrato in vigore nel 2003 e decaduto nel 2008 ha sicuramente bisogno – dopo 15 anni dalla decadenza – di una “aggiustatina”. E i tanti tentativi di cambiamento parziale e puntuale sono la prova di quanto detto.
Eppure, ci si ostina a pensare che la revisione del PRG, oggi PUG, non è poi una vera necessità. Forse c’è un’altra verità che non appare a occhio nudo: chi dovrebbe governare il processo di pianificazione, a maggior ragione che la nuova legge siciliana 19/2020 (che sostituisce la vecchia norma sul governo del territorio) pone precise procedure, in cui il cittadino diventa più coinvolto, il paesaggio più tutelato anche attraverso il minor uso del suolo. C’è tanto altro, che potrebbe essere l’occasione per offrire nuove opportunità “vere” di sviluppo per le imprese, per migliorare le condizioni della città, per avviare un processo di rigenerazione che tanto fa bene a chi abita questo frammento di cosmo.
Eppure, c’è una resistenza ostinata a non far nulla, a traslare nel tempo gli adempimenti di legge, accampando scuse che ormai sembrano quasi delle filastrocche. Eppure, nei sotterranei della “fabbrica”, uomini grigi, tristi e senza luce, continuano a produrre carte segrete, scenari improbabili, piani malefici per “manipolare” ancora una volta, gli ultimi brandelli di bellezza di questa città millenaria. Nel segreto, nascosti dall’ombra, di notte, quando la gente dorme, qualcuno trama, organizza misfatti impacchettati con fiocchi di raso e profumi di zolfo.
Dall’altra parte c’è una città orma silente, quasi rassegnata, con guizzi occasionali e sporadici come l’urlo di un disperso nel deserto. C’è qualcuno che sogna, che costruisce e condivide visioni, scenari futuri, ma è solo un esercizio, un modo per tenere sveglia la mente, mentre la realtà è fatta di “praticismi” piccoli e maleodoranti: ma li chiamano affari.
Recentemente circolava in città un pacchetto di norme “velenose” da iniettare nelle vene di questa società:
norme che già più volte gli organi regionali avevano bocciato, raccomandando di pensare alla revisione globale invece che giocare al “monopoli” sotto casa. Ma si vede che i messaggi non sono statti mai compresi fino in fondo e allora, qualcuno crede di poter continuare all’infinito con questi pasticci urbanistici.
Il cerchietto magico ha quindi pensato di spacchettare le norme per presentarle singolarmente all’attenzione del consiglio comunale, per ottenere più benevolenza, per farla franca. Quindi da una parte si dice che è difficile modificare le norme che renderebbero più utile l’area ex ESA in via Canonico Renna e dall’altra si fanno decollare da una parte e atterrare dall’altra, le cubature edificatorie delle aree agricole; magari tra poco ci ritroviamo un bel capannone sotto l’acropoli (la collina storica per capirci), oppure una fila di edifici industriali nei posti più impensati, per esempio nella zona di Scala Vecchia. Solo per fare qualche esempio, nulla di più.
Invece di ridisegnare e rendere più appetibili le aree artigianali e industriali, invece di prepararsi all’arrivo della ormai mitologica metropolitana, invece di rendere più permeabili i suoli, piantando alberi; invece di sostenere chi vuole realizzare opere pubbliche in convenzione, come scuole, cimiteri e parchi, invece di fare tutto questo siamo concentrati a stravolgere le norme di un piano obsoleto – raccontando alla città le filastrocche che si recitano ai bambini per farli dormire.
Se state pensando a qualcuno, se state cercando di capire chi è il cattivo di questa storia, state perdendo tempo. Perché gli autori di tutto questo siamo noi tutti. E non solo il “noi” di adesso ma persino il “noi” indietro nel tempo. Con le nostre complicità, i nostri silenzi, la nostra apatia, forse anche con una certa forma di egoismo e opportunismo. Tutto questo da quando si è spenta quella borghesia illuminata che rendeva vivo questo spazio sociale. Quella borghesia è andata altrove, si è integrata all’affarismo, si è anestetizzata con le medagliette sulle giacche diventando complice.
Ci sarebbero molti modi per superare questa criticità, quella che ci sta facendo diventare depressi al punto di non riconoscere nemmeno le criticità di siamo vittime, al punto di non capire più la gravità della questione, presi da tante altre emergenze “elettorali”. Se volessimo potremmo trovare le risorse umane e finanziarie per cambiare tutto, ora più che mai. Ma come fai a spiegare a un malato che non ammette la malattia che deve curarsi?
Ho avuto la fortuna di partecipare recentemente a una riunione di cittadini che vorrebbero cambiare il mondo ma ho visto che le attenzioni sono più rivolte a difende i propri recinti (pregiudizio) che a trovare terreni comuni. Bisogna prendere atto che è un processo complesso, che bisogna avere pazienza e serve educarsi al confronto, anche facendosi aiutare. Proviamo ad essere ottimisti, ma proviamo a smontare anche quelle sovrastrutture che ad oggi sono solo un peso inutile.
Ma guai a non saper riconoscere quei personaggi che sottoterra coltivano i veleni, che germogliano ignoranze e arroganze. Le cubature volanti e l’urbanistica fantascientifica lasciamola a chi si occupa di cinema e letteratura, occupiamoci di cose serie e utili e come piace a qualcuno più pratiche. Credo sempre che solo ripartendo dalla buona politica, dal sostegno alle agenzie formative (sport, scuola e parrocchie) e dal confronto culturale si possa superare l’ostacolo. Che poi sembra gigante ma è solo un muro di gomma che andrebbe aggirato. Forse non è più una questione di partiti e partigianerie ma di sopravvivenza collettiva. Forse serve un patto, un’alleanza, una coalizione motivata, senza sigle vuote e inutili.
Il Sindaco Naso Bis con addosso la fascia tricolore e in mano un paio di forbici, è impegnato, con accanto la sua gentile Consorte, (sempre in primo piano) ad inaugurare paninerie e rosticcerie