Francesco come Wojtyla venticinque anni fa nella Valle dei Templi ad Agrigento. Dal papa polacco a Benedetto XVI (nel viaggio a Palermo il 3 ottobre 2010) per arrivare a Francesco, c’è stata continuità di magistero, da parte degli ultimi papi, nelle dure prese di posizione contro i boss. Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi, nel maggio 1993, al termine dell’omelia, lanciò il suo anatema alla criminalità organizzata e ai mafiosi. A Palermo, in piazza Politeama, il 3 ottobre del 2010, Benedetto XVI nell’incontro con i giovani siciliani disse: “Non abbiate paura di contrastare il male! Insieme, sarete come una foresta che cresce, forse silenziosa, ma capace di dare frutto, di portare vita e di rinnovare in modo profondo la vostra terra! Non cedete alle suggestioni della mafia, che è una strada di morte, incompatibile con il Vangelo”. La scomunica di Bergoglio ai mafiosi era già arrivata il 21 giugno di quattro anni fa a Cosenza, nella Piana di Sibari. I mafiosi denunciò Bergoglio “non sono in comunione con Dio”. Per la prima volta arrivò la scomunica di un Pontefice ai mafiosi che “nella loro vita seguono questa strada di male”. Oggi la nuova scomunica di Francesco: “Non si può credere in Dio ed essere mafiosi. Chi è mafioso non vive da cristiano perché bestemmia con la vita il nome di Dio-amore. Oggi abbiamo bisogno di uomini e di donne di amore, non di uomini e donne di onore; di servizio, non di sopraffazione. Cambiate fratelli e sorelle, smettete di pensare a voi stessi e ai vostri soldi. Se non fate questo, la vostra vita andrà persa e sarà la peggiore delle sconfitte. Altrimenti, la vostra stessa vita andrà persa e sarà la peggiore delle sconfitte”.