Una recente inchiesta del Wall Street Journal ha rivelato che esiste una scappatoia che consente al greggio russo di raggiungere il mercato statunitense nonostante le sanzioni che tutto l’Occidente a comminato a Mosca per la guerra in Ucraina.
Come? Semplice: se il petrolio russo viene lavorato in una raffineria di un paese al di fuori della Russia, diventa un prodotto di quel paese. In questo caso, la seconda compagnia petrolifera e del gas russa, la Lukoil, sta trasformando greggio russo nell’impianto italiano Isab che si trova in Sicilia e lo sta esportando negli Stati Uniti per essere acquistato da società , come ExxonMobil, senza violare alcuna sanzione, secondo quanto scrive Oilprice. L’impianto Lukoil in Sicilia, è il quinto più grande d’Europa, e il problema principale è che viene rifornito principalmente da greggio russo, per il 93% della sua produzione.
La raffineria ha esportato circa 5 milioni di barili di prodotti petroliferi negli Stati Uniti da marzo, tra cui benzina, nafta, cherosene, diesel e petrolio pesante. Ciò equivale a benzina sufficiente per alimentare 7 milioni di veicoli. Non solo. Lukoil è presente negli Stati Uniti ma non è stata sanzionata e continua a distribuire prodotti petroliferi in undici Stati. Il petrolio raffinato russo sta raggiungendo il mercato statunitense, acquistato da società tra cui ExxonMobil, attraverso il suo terminal petrolifero a Baytown, in Texas, vicino a Houston, e dal braccio commerciale di Lukoil, Litasco. Tuttavia, non tutti gli acquirenti sono stati identificati e nessuno di questi acquirenti sta facendo qualcosa di illegale per acquistare i loro prodotti petroliferi dall’Italia”, si legge su Oilprice.
Il copione però potrebbe essere riscritto a breve e precisamente il 5 dicembre quando la raffineria siciliana non potrà più importare petrolio russo per via dell’entrata in vigore delle sanzioni europee contro l’energia russa. La raffineria potrebbe essere costretta a chiude se non dovessero trovarsi altri fornitori. Ma sul tavolo ci sono anche ipotesi come la nazionalizzazione. “In questa corsa contro il tempo, il 18 novembre 2022 ci sarà un incontro, a Palazzo Piacentini a Roma, tra i rappresentanti della società che gestisce la grande raffineria siracusana ed il ministro per le imprese, Adolfo Urso – si legge su Qds -. La decisione di istituire un vertice a Roma il prossimo 18 novembre, E’ il frutto di una richiesta partita da Isab Lukoil attraverso il tavolo tecnico inaugurato lo scorso mese di agosto e terminata in queste ultime ore, a Roma, in un incontro tra il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, e ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso. Si perchè, la vicenda Isab Lukoil è un problema che non è solo siracusano nè solo siciliano: E’ un problema nazionale e strategico. Come ha sottolineato il presidente della Regione Sicilia”.
La raffineria ISAB di Lukoil rappresenta il 20 per cento della capacità di raffinazione italiana, e fornisce circa mille posti di lavoro nell’isola. I problemi degli ultimi mesi sono dovuti anche al fatto che i fornitori e le banche creditrici si sono rivelati riluttanti a lavorare con le società russe per paura delle sanzioni. Secondo quanto si legge su Reuters, la raffineria ha richiesto un finanziamento di 695,59 milioni di dollari a diverse banche, con scarso successo. Con queste premesse, la società di private equity statunitense Crossbridge Energy Partners ha offerto a Lukoil un accordo per l’acquisto della sua raffineria in Sicilia questo mese. Secondo quanto riferito dal Financial Times, Lukoil ha però rifiutato l’offerta a causa dei dubbi sul fatto che Crossbridge potesse trovare i soldi per acquistare la struttura. Vitol avrebbe dovuto infatti fornire a Crossbridge il credito necessario per investire nell’accordo a un buon tasso, sperando di trarre profitto dalla fornitura di greggio alla raffineria.
Tornando negli Usa, a febbraio, dopo l’inizio del conflitto Russia-Ucraina, l’hashtag #BoycottLukoil era di tendenza, con cittadini americani che suggerivano di boicottare la compagnia petrolifera russa. Lukoil ha circa 230 distributori di benzina con un suo marchio negli Stati Uniti, la maggior parte delle quali di proprietà di singoli franchisee americani. Tom Kloza, responsabile globale dell’analisi energetica presso la società di ricerca IHS Markit, ha affermato alla Cnn che “le vendite di benzina al dettaglio sono una piccola parte delle entrate delle compagnie petrolifere. Quando si confronta la loro produzione di greggio e i carichi e chiatte, si scopre trattarsi di una piccola parte del giro di affari complessivo”. E questo potrebbe spiegare il motivo per cui gli americani continuano a vedere aperte le stazioni Lukoil in tutto il paese. E anche perchè il colosso petrolifero ha chiesto polemicamente al presidente Putin di porre fine alla guerra all’inizio di quest’anno.