Sanna Marin è il primo ministro finlandese finito sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo per aver partecipato a una festa privata, immortalata da un video che spopola sui social.
Dietro questo clamore, forse, i servizi segreti russi. Forse, perché di questi tempi dietro ogni “scossa” politica in Europa ci sono i russi, almeno ci piace pensare così.
Resta il fatto che una trentaseienne – scandinava e bella – è stata colta in una situazione privata e goliardica (ma il video lo ha fatto un suo amico che poi lo ha condiviso sui social).
Come per i Maneskin (gruppo rock) e Marcell Jacobs (velocista italiano) subito una verifica sull’uso di droghe e di alcol.
In pratica se un personaggio pubblico mostra quella parte di sé che lo rende più vicino all’uomo comune, ci si scandalizza, si cerca persino una ragione oscura tra le pieghe della sua vita. Alla fine, la prima ministra era in vacanza, si divertiva, ballava e scherzava e – russi o non russi – qualcuno ha speculato sulla vicenda a partire dai suoi stessi concittadini e dall’opposizione politica finlandese e tutto il mondo a farci domande sull’origine della vita.
In una società – quella occidentale – che mostra ogni giorno sui social un oceano di foto, dove tutti siamo con un bicchiere di vino in mano, con un sorriso stampato e stereotipato in faccia che mostra una felicità dalla consistenza dubbia. Tutti in costume, con lo sfondo di una baia, di una barca, di una discoteca. A mostrare o forse ostentare una vita spensierata, fatta di opulenze, di labbra gonfie come canotti, di seni al vento, di sorrisi e sguardi pieni di complicità, di abbracci e baci, di felicità oltre ogni immaginazione facendo persino finta – in qualche caso – di essere sempre giovani. Tutti a mostrarsi mentre si balla, si mangia, si solcano i mari tempestosi. Come se volessimo dire a noi stessi che nulla può deprimerci. Ma dietro quelle immagini ci sono anche tradimenti, depressioni, sconfitte, frustrazioni, persino povertà: non solo, non sempre, ma ci sono. Per un attimo, in quelle foto noi siamo quello che desideriamo. Nessun giudizio ma sarebbe utile fotografare il dopo di quelle immagini proposte sui social. L’attimo prima o l’attimo dopo.
Lo abbiamo fatto in tanti quasi come un rito propiziatorio.
Una liturgia augurale per fissare per sempre quell’istante ma vale solo per noi, non per tutti. Infatti, paradossalmente, ci ritroviamo a criticare la nostra vicina di casa immortalata con l’aperitivo in mano sullo sfondo del bar nel lido della playa di Catania. Un mormorio silenzioso e sotterraneo che accompagna le chiaccherate estive sotto gli alberi la sera.
Non siamo più quello che facciamo ma quello che beviamo in compagni di qualcuno.
Noi siamo un drink, un bicchiere di vino, una birra, con la mano verso la macchina fotografica, che poi non è altro che un cellulare. Due, tre, al massimo quattro, come un corpo solo. Tutti con questo bicchiere – spesso un calice – tra le mani, pieno a metà, rivolti verso il mondo che ci guarda. In effetti in posa per farci guardare dal mondo per dire noi ci siamo, noi siamo felici, e tu? Tu che osservi, tu che guardi, dove sei? Noi siamo dove c’è la festa, noi siamo la festa, senza sosta, senza regole, senza tempo. come una realtà aumentata, e di tanto. Il giorno dopo tutti in fabbrica, in uffici, in negozio ma con la sensazione di essere il centro del mondo.
Il web ci propone altre immagini, altri modelli, altre teatralità.
Piero e Alberto Angela, la coppia mista di nuoto sincronizzato, le medaglie italiane agli europei di nuoto, lo strazio della guerra in Ucraina, gli incendi, le alluvioni, la politica che si polverizza. Andiamo tutti a divertirci, a svagare dopo due anni di sofferenze, spaventati per un futuro incerto ma non impossibile. Dietro tanti sorrisi ci sono conflitti familiari, abbandoni, anziani soli e sofferenti. Tutto questo è la vita ma quello che oggi vogliamo mostrare è sempre quel finto quadretto dove noi, con gli altri, siamo felici per finta o per poco, il tempo di un clik.
Tutti dietro e Ilary Blasi e Francesco Totti. Per poi scoprire che lei è con i figli e la madre e lui pure. Sono prudenti prima della separazione, noi invece siamo dietro la fotocamera del cellulare per rubare ogni intima normalità come quella di Sanna Marin, che in fin dei conti faceva quello che facciamo noi, ci divertiamo a fare i Vip. Perché abbiamo voglia di essere Vip, almeno provare per una sera o forse due a recitare la parte che preferiamo, essere il centro del mondo, guardati dal mondo senza confini che il web ci ha regalato gratis. Nessuna fatica, nessun impegno, nessuna responsabilità: Vip comunque e ovunque.
Viene il sospetto che gli sfondi – usati per le foto -sono teli stampati con scenografie mutanti. Viene da pensare che i calici siano pieni di acqua del rubinetto. Viene da pensare che abbiamo bisogno di sembrare più che di essere. Tutti abbiamo diritto ad essere visibili. C’è del buono in tutto questo ma anche tanta tristezza, perché alla fine restiamo stupiti delle foto degli altri e non delle nostre, e non perdoniamo ai personaggi pubblici il loro diritto ad essere – al di fuori delle loro funzioni – normali. Siamo la società dell’immagine, dell’icona che invade le nostre vite.
Abbiamo bisogno di condividere ogni soffio di vento, per colmare, per aggiustare, per raccontare. C’è una nuova letteratura, un nuovo registro narrativo che va oltre le terre esplorate, cosa ne sarà delle nostre foto nel web. Facebook gestisce anche i tuoi ricordi – che piacere – proponendoti le tue feste degli anni precedenti, anche le tue riflessioni e sembra tutto un divenire. Era gradevole la bella Sanna Marin mentre ballava, forse per questo non è andata giù ai puritani dei social. Ora non ci resta che farci una bella foto e postarla subito alla faccia dei benpensanti anche se forse è meglio raccontarci per quello che siamo veramente, senza preoccuparci tanto del giudizio degli altri, basta essere sinceri.