Alla presenza dell’Arcivescovo di Catania, Mons. Luigi Renna, e di molti amministratori comunali, è stata inaugurata la nuova sede del Liceo delle Scienze Umane di Santa Maria di Licodia.
Al taglio del nastro, ad opera di due alunni del primo e dell’ultimo anno, è seguita la visita del nuovo istituto da parte degli ospiti presenti, guidati dalla dirigente scolastica Fiorella Baldo e dalla vice preside Piera D’Agate.
A seguire, Mons. Renna, assieme al parroco licodiese Don Santino Salamone e al segretario del vescovo Don Massimiliano Parisi, ha celebrato la messa in un cortile scolastico pullulante di studenti, docenti, amministratori e altri ospiti, tra i quali gli studenti e docenti del vicino istituto alberghiero ‘Rocco Chinnici’.
Molto significative le parole del Arcivescovo Renna durante l omelia che ha ricordato ai presenti il valore della laicità che include e non del laicismo che esclude. Il presule catanese ha invitato gli studenti a “non sprecare il profumo del futuro”.
Di seguito il testo integrale dell’omelia
Carissima Preside e docenti,
carissimi giovani,
vi ringrazio per l’invito a celebrare nella vostra scuola l’Eucarestia in prossimità della più importante festa cristiana, la Pasqua. Vengo a voi consapevole della laicità dello Stato, regolata da un articolo bellissimo della nostra Costituzione, il quale afferma: “Tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla legge” (art. 8). Proprio grazie allo spirito della nostra Carta costituzionale sono intervenuto con fratelli di altre confessioni, quali quella islamica, induista, buddista, e altre, all’inaugurazione dell’area di preghiera interreligiosa allestita all’ingresso dell’ospedale San Marco di Catania. Interpretare la laicità come convivialità delle differenze, così come affermava don Tonino Bello, ci permette di costruire un mondo in cui si dialoga fra tutte le religioni, ci si rispetta, si vivono momenti che possono essere graditi da ciascuno che vuole esprimere pubblicamente la propria fede.
Vengo a voi in giorni particolari per il mondo intero, quelli in cui ci siamo accorti che la guerra non si può tenere a lungo lontana dalle nostre vite: è quanto abbiamo fatto ignorando “la guerra mondiale fatta a pezzi” che sta impoverendo e distruggendo molti Paesi del mondo. Ora, nel nostro stesso continente, in una zona di confine con il Medio Oriente, è sorto un terribile conflitto, verso il quale l’Onu rivela la sua impotenza, si stenta a trovare un arbitro gradito ad entrambe le parti, gli arsenali si sono scoperti pieni di armi o si sono velocemente riempiti, il bilancio della morte di civili è drammatico. Di fronte a questa tragedia preghiamo, manifestiamo, elaboriamo un pensiero. La preghiera è propria di chi crede che solo levando lo sguardo verso Dio riusciamo a trovare la strada per dialogare, purché sentiamo che Egli è Creatore e Padre di tutti.
A volte la religione può diventare causa di divisione, ma badiamo bene: lo è la religione quando è costretta ad obbedire alla ragion di stato o sceglie acriticamente di sposare un sistema politico. Per essere artigiani di pace possiamo manifestare e uscire in corteo per le strade: è una modalità per dire che condividiamo lo stesso pensiero e desideriamo che esso faccia un “pacifico” rumore. Inoltre, ed è quello che ritengo non debba mai venir meno, dobbiamo elaborare una idea chiara di pace. Credo che a volte non ci rendiamo conto di cosa può accadere se non valutiamo eticamente la portata della corsa agli armamenti, o se distinguiamo una azione aggressiva da una di difesa, soprattutto quando è messa in atto da civili. Cari giovani, con l’aiuto dei vostri docenti, fatevi un’idea della guerra, della pace, delle armi, del loro costo, della loro incisività sul bilancio di un Paese, sui luoghi dove le armi vengono esportate. Ricordate che questa consapevolezza attualizza quello che i nostri padri costituenti hanno sottoscritto in un articolo che recita: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.” (art 11)
Qualche giorno fa ascoltavo l’intervista ad alcuni giovani, fatta a Roma nel quartiere di san Lorenzo, nei locali della movida. Alcuni di loro, che sostavano nei pub, lamentavano di aver perso il meglio della loro vita negli anni del covid. Conosco il disagio di molti ragazzi, le crisi d’ansia di giovani che hanno avuto difficoltà a tornare alla vita normale; ma conosco anche la storia bellissima di giovani e ragazze e che si sono presi cura dei loro nonni ammalati, che si sono inventati un modo diverso di curare le relazioni, che non si sono lasciati vincere dalle restrizioni che hanno minato la spensieratezza di una bella età. Ricordo un giovane, che è stato vicinissimo al nonno novantenne e che ha avuto una tale accortezza nei contatti, tanto da privarsi di momenti di festa con gli amici per mesi, perché voleva custodire quella cara persona fragile. Ecco la bellezza di un’età: quella di donare, quasi sprecando la vita per le persone a cui teniamo.
In qualche modo ce ne parla il Vangelo di oggi, lunedì santo. È un brano del Vangelo secondo Giovanni che inizia con queste parole: “Sei giorni prima della Pasqua” (siamo proprio ad oggi, al lunedì santo). Gesù è con alcuni amici, in una casa nella quale si sentiva amato e accolto, forse anche coccolato: era la dimora di Maria, Marta e Lazzaro, quel giovane che egli aveva risuscitato. Si fa festa perché una persona è tornata in vita: festa più unica che rara! Come se non bastassero i cibi preparati da Marta per ringraziare Gesù, Maria fa un gesto che sembra inconsulto: versa sui piedi del Signore un profumo costosissimo, il nardo, e poi li asciuga con i suoi lunghi capelli, quasi per impregnarsi tutta di quel balsamo. È un gesto di amore e di affetto: per carità, nulla di quello che Dan Brown nel suo fortunato romanzo “Il codice da Vinci” immagina, ma è un gesto che richiama uno dei libri più belli della Bibbia, il Cantico dei cantici, inno di amore che Ebrei e cristiani rileggono come amore tra Dio e l’umanità, Israele, la Chiesa.
Da questo “santo spreco” si riempie di profumo tutta la casa. Miei cari giovani, queste pazzie le fanno solo i giovani, solo coloro che per amore sanno sprecare per un fine bello e grande la loro vita! Si poteva anche vendere quel balsamo per darne il ricavato ai poveri: i poveri li abbiamo sempre con noi, dice Gesù, ma non sempre abbiamo la possibilità di dire il nostro amore totale a Dio o alle persone che in quel momento hanno bisogno immediato delle nostre scelte. Credo che quel gesto sovversivo di sprecare il profumo è insito nel vostro DNA di giovani, e dovete solo liberarlo: siete coloro che hanno il profumo prezioso della vostra età, del sogno del vostro futuro. Non tenetelo chiuso nell’ampolla della pigrizia o dell’indifferenza! Sappiate sprecare le vostre energie per cause belle e buone! Sappiate essere di quelli che non stanno a calcolare il tornaconto delle loro azioni quando donano il tempo agli altri. Siate di quelli che non tengono nulla per sé, perché per amore di Dio, per la crescita della società, per una persona che amano, investono tutto quello che sono. E dopo avere versato il profumo riempite tutta la casa, diffondete attorno a voi la bellezza della testimonianza, che non è il “fumo passivo” che ammorba l’aria, ma il “profumo passivo”, che rende gradevole un luogo, una città, una scuola, una nazione.
Sabato ho ricevuto in episcopio la moglie di Montanari, un poliziotto pugliese della scorta di Falcone, che mi ha portato una confezione d’olio per la Messa crismale, proveniente dal Giardino della memoria, il luogo della strage di Capaci, dove sono stati piantati degli ulivi. Ecco come significa riempire di profumo la casa: non avere paura di testimoniare come quella donna, non rassegnarsi, profumare di legalità, di caparbia resistenza alle mafie e ad ogni forma di corruzione. Profumate le vostre città dello spreco santo e generoso delle vostre energie. Si sentirà già il profumo di Pasqua, che è profumo di giustizia, di pace, di amore. Buona Pasqua!