Aci Trezza, bancarotta fraudolenta per noto bar-pasticceria: sequestrati beni per 2 mln, 2 immobili e attrezzature

Aci Trezza, bancarotta fraudolenta per noto bar-pasticceria: sequestrati beni per 2 mln, 2 immobili e attrezzature

I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Catania, al termine di un’attività di indagine in materia di reati fallimentari, hanno eseguito un sequestro preventivo disposto per un importo complessivo di oltre 2 milioni di euro, oltre che su 2 immobili e attrezzature strumentali, nei confronti di 2 soggetti, ritenuti responsabili di bancarotta fraudolenta per distrazione ai danni di una nota attività di bar pasticceria di Aci Trezza.

In particolare, militari della Tenenza di Acireale, su delega della Procura della Repubblica di Catania, hanno ricostruito le vicende gestionali che avrebbero condotto, nel 2018, al fallimento dell’azienda sita nella frazione marinara acese, attiva dalla fine degli anni ’90. L’approfondito esame della documentazione societaria e l’esecuzione di mirati accertamenti bancari hanno consentito di rilevare presunte operazioni contabili e commerciali fraudolente, poste in essere dai soci e amministratori, nonché fratelli.

Nel caso specifico, allo stato attuale del procedimento, in cui non si è pienamente realizzato il contraddittorio con la parte, si è rilevato il ricorso da parte dei soci e amministratori a frequenti prelevamenti di denaro dai conti corrente della fallita, ma anche l’incasso di pagamenti dei clienti sui propri conti personali, per un importo complessivo quantificato in euro 2.192.690,00.
Inoltre, appena prima del fallimento, gli stessi indagati avrebbero concesso in affitto i redditizi rami d’azienda ad una nuova società, costituita da uno degli indagati e dai figli, per un corrispettivo irrisorio e, comunque, mai corrisposto alla cedente poi fallita.

Il sistema così strutturato avrebbe così consentito, da un lato, di continuare a condurre l’attività commerciale, conferendo tutti i beni produttivi alla nuova realtà societaria, dall’altro, di concentrare nella società fallita una rilevante esposizione debitoria, quantificata poi in circa 6.700.000 euro, nei confronti dell’erario, dei fornitori e di un istituto bancario.

La descrizione del presunto meccanismo fraudolento è stata resa ancor più difficoltosa dalla sottrazione delle scritture sociali e di quelle contabili obbligatorie relative agli anni precedenti il fallimento, che ha reso di fatto più complessa la ricostruzione del patrimonio e delle movimentazioni finanziarie.

Sulla base delle evidenze emerse dalle indagini eseguite, ottenute anche dall’esecuzione di approfonditi accertamenti bancari, il Giudice per le indagini preliminari, su richiesta della Procura della Repubblica di Catania, ha disposto la misura cautelare reale del sequestro preventivo diretto, da eseguirsi sulle somme giacenti sui conti direttamente o indirettamente riconducibili agli indagati, nonché sui locali aziendali ceduti in affitto alla società neo costituita, insieme ai beni strumentali della fallita, quale provento della ipotizzata distrazione.

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