La storia dei segni è capricciosa e spesso storpia i simboli che si sono stratificati nel tempo.
I segni sono una forma di ritualità ridondante, portatori di significati ancestrali e cosmologici. Usati fin dall’antichità per evocare, ricordare e perpetuare l’adesione a un’idea, a un credo.
La loro formazione è antichissima e afferisce alla mimesi delle forme naturali e trascendenti. Ma se, da una parte, alcuni di questi segni nei secoli rimangono coerenti al loro significato, dall’altra alcuni cambiano, diventando altro.
Questo fenomeno coincide spesso con l’esigenza di alcuni gruppi organizzati – religiosi, politici – di identificarsi con segni primordiali e per questo motivo il loro destino si lega indissolubilmente al successo delle loro azioni.
Le piramidi, le torri, i teatri, le basiliche, i martirium, sono alcune tipologie architettoniche che costituiscono esse stesse un repertorio di simboli.
Modificati nel significato più volte. Pensiamo alla basilica romana quando diventa cristiana, attraverso la modifica del lato d’ingresso, proponendo una spazialità longitudinale unidirezionale (monoteismo) invece che come all’origine, pluridirezionale (politeismo).
Per capire meglio dobbiamo fare qualche esempio.
Nella fase di transizione tra il paganesimo e il cristianesimo alcuni segni-simboli vengono rimodulati e riconvertiti altri completamente modificati per supportare le nuove idee. Il caso della stella pentalfa è eclatante. Un segno riconducibile alla dea Venere e al Pitagorismo che viene usato per rappresentare il demonio. Gli effetti sono devastanti, al punto che il suo uso oggi si riconduce al satanismo. Povera stella pentalfa, non sapeva di aver fatto questa fine e l’odio dei cristiani per Venere la trascina in questa dimensione del male ingiustamente. Un simbolo rigenerativo diventa portatore di eventi nefasti e misteriosi.
Ma il più eclatante dei casi è quello della svastica.
Ormai da tutti considerata il segno di riconoscimento del nazismo. Un simbolo sfortunato eppure il suo significato è antichissimo e diffuso sia nell’area mediterranea che in oriente, tutt’oggi. Simbolo del sole in movimento, antesignano della croce cristiana; nella cultura orientale (Cina, Giappone e Corea) è la rappresentazione della volta celeste in movimento e usato all’ingresso dei templi. La troviamo nelle decorazioni della ceramica greca, nei pavimenti; motivo ridondante a carattere propiziatorio. Eppure oggi nessuno lo riconduce al suo significato originario ma solo alla figura di Adolfo Hitler e al genocidio degli ebrei. L’uso di questo segno è considerato persino un reato nel mondo occidentale mentre è attualmente usato in oriente con significati positivi e solari. Un segno può cambiare il suo significato, cadere in disgrazia e precipitare nell’oblio. L’uomo con le sue azioni è capace di questo.
In questi giorni, di guerra e di tragedie, un altro segno rischia di fare la stessa fine. Per molti la Z è il segno di Zorro, l’eroe mascherato che aiuta la povera gente. La volpe che riesce a smascherare gli usurpatori e con la spada lascia il segno della zeta sui pantaloni del sergente Garcia. Intere generazioni di bambini si sono vestiti a carnevale con il mantello nero, il cappello e la spada e la zeta impressa nel cuore. Non ci sono adulti senza almeno una foto con il vestito di Zorro.
Questa maschera è qualcosa di più di un segno, è un’idea, una speranza per la gente che non ha voce.
Zorro difende la povera gente, oppressa e vessata dal potere, dall’arroganza, dalle mafie. Zorro è l’eroe moderno che deve muoversi con prudenza nel labirinto della burocrazia, nelle sabbie mobili della politica, nei cunicoli del malaffare.
Zorro siamo noi ogni volta che riusciamo ad aiutare qualcuno senza che il potente si accorga della nostra presenza. Zorro è romantico, istintuale, passionale, ardito e fulmineo. Zorro ha dei complici: il domestico muto, il vecchio padre, il cavallo e una donna che non conosce la sua vera identità.
Zorro è l’eroe di tutti noi, che lo vediamo all’orizzonte sul suo cavallo nero dopo ogni impresa impossibile. Zorro è un solitario e può fare molto proprio per questo. Non appartiene a nessun esercito regolare, lui è libero di muoversi come crede.
Ma in questi giorni, la Z di Zorro è impressa sui carri armati russi, quelli che stanno mettendo a ferro e fuoco l’Ucraina.
Quella Z è sulle magliette di alcuni atleti russi vicini alle politiche folli di Putin. La Z è il segno di riconoscimento di un altro potente, un uomo che non vuole più fermare la guerra anche se tutto il mondo lo chiede fortemente. Una Zeta che sembra mezza svastica. La Z di Zorro rischia di diventare la svastica dei nazisti, la stella pentafa dei satanisti. Putin sembra un dittatore senza cuore, indifferente alla morte di bambini, donne e anziani. Il protagonista di un massacro insieme ai suoi oligarchi che tira dritto per la sua strada. Servirebbe Zorro, un uomo mascherato che da solo e di nascosto possa rimettere tutto in ordine. Forse non serve la Nato e l’Europa, forse serve Zorro. Ma quella Z impressa sui carrarmati fa paura, come se Putin volesse rubare anche i sogni dei bambini. Allora speriamo nella diplomazia di Diego De La Vega, anche senza la maschera nera. La cessazione della guerra passa anche dalla disponibilità della controparte che non è l’Ucraina ma gli interessi internazionali occidentali. La pace si costruisce in due, mai da soli.