La Procura di Catania ha deciso di fare ricorso contro la sentenza del Gup Marina Rizza che il 10 novembre 2021 ha assolto, «perché il fatto non sussiste», Emilio Coveri, presidente dell’associazione Exit-Italia.
La sentenza era giunta al termine del processo col rito abbreviato in cui Coveri era accusato di istigazione al suicidio per il ricorso all’eutanasia nel 2019 in Svizzera da parte dell’insegnante paternese di 47 anni Alessandra Giordano.
La Procura di Catania ha deciso, come dicevamo, di fare ricorso: secondo l’accusa Coveri avrebbe intrattenuto ininterrottamente dal 2017 al 2019 con la signora Giordano “plurimi rapporti e conversazioni telefoniche, via sms e posta elettronica” e avrebbe “indotto” la donna, che “soffriva di forme depressive e sindrome di Eagle, ad iscriversi nel 2018 all’associazione Exit”.
Il procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e il sostituto Angelo Brugaletta ritengono che Coveri abbia tenuto un comportamento accompagnato da sollecitazioni e argomentazioni in ordine alla legittimità, anche etica, della scelta suicidaria.
In particolare, la Procura nel ricorso evidenzia che Coveri non si sarebbe “limitato a fornire, asetticamente ed in maniera neutra, informazioni” sul suicidio, ma sarebbe andato oltre “sconfinando in una condotta penalmente illecita e rafforzando nonche incrementando il labile ed assai incerto proposito suicidiario in itinere, ma non certo concreto e definitivo, vincendo, anzi coartando, le iniziali resistenze della donna”.
Per l’accusa Coveri sarebbe stato autore di “consigli, suggerimenti ed esortazioni” attraverso una lenta e insistente opera di persuasione con l’obiettivo di tutte le resistenze e le titubanze della 47enne. Un atteggiamento che la Procura di Catania ritiene sia stato “fondamentale e determinante per le scelte future” della donna. Nel processo di primo grado davanti al Gup di Catania si erano costituite come parti civili la madre, la sorella e tre fratelli della 47enne.
“La signora Giordano – ha sempre sostenuto Coveri che ha contestato tutte le accuse – era una nostra associata e le abbiamo semplicemente fornito, su sua richiesta, le informazioni che le servivano per prendere una decisione. Una procedura normale”.