Gli investigatori si sono imbattuti per la prima volta nel nome di Francesco Zummo,
costruttore palermitano 89enne ritenuto socio del sindaco mafioso Vito Ciancimino e oggi finito ai domiciliari per riciclaggio, grazie a un appunto scoperto nella macchina di Michael Pozza, il “front man” della mafia canadese trovato ucciso nel ’79 a Toronto. Successivamente, in una rogatoria effettuata nell’ ambito dell’indagine ‘Pizza Connection’, coordinata da Giovanni Falcone all’inizio degli anni Ottanta, emerse che alcuni conti correnti di Zummo erano stati utilizzati per operazioni legate al traffico di stupefacenti denominato “Pizza connection“.
Dopo alterne vicende giudiziarie, una condanna a 5 anni in primo grado e poi una assoluzione in appello per mafia e favoreggiamento, al costruttore furono sequestrati appartamenti, ville, auto, conti correnti bancari in Italia, Canada e nelle Isole Vergini per 200 milioni di euro. Zummo era sospettato di avere occultato parte del tesoro dell’ex sindaco e ha accompagnato due volte in Canada i figli di Ciancimino, assistendoli nell’acquisto di immobili.
Tra i beni finiti sotto sequestro anche il cosiddetto fondo Pluto:
un deposito in una banca svizzera di 12 milioni. Il tribunale sezione misure di prevenzione, pero’, non confisco’ i beni e dispose per Zummo la sola misura di prevenzione personale per 5 anni. La sentenza venne confermata in appello. Fu la Cassazione a bocciare il provvedimento e a disposrre un nuovo appello che, nel 2020, inverti’ totalmente rotta e confisco’ il tesoro del socio di don Vito. Undici aziende, centinaia di conti correnti e immobili costituiti da numerosi appartamenti, ville terreni e aziende agricole a Palermo e provincia e cinque complessi residenziali nella provincia di Siena.
“A partire dalla fine degli anni Sessanta,- scrissero i giudici – Zummo, con il consuocero Vincenzo Piazza (ritenuto fedele consigliere della famiglia mafiosa di Palermo-Uditore) e con il defunto socio e suo fedele braccio destro Francesco Civello, fu tra i principali responsabili del sacco edilizio di Palermo, ordito da Vito Ciancimino, realizzando un impero edile di circa 2.700 immobili”.
L’imprenditore, nonostante fosse vicino alle famiglie mafiose della Noce prima e a quella dell’Uditore poi, ricoprì un ruolo trasversale rispetto alle vicende della guerra di mafia, che portarono vari boss ad alternarsi per conquistare un controllo egemone sulla città e la provincia. Fu prestanome e custode dei proventi del narcotraffico, oggetto dell’indagine Pizza Connection, riconducibili ai boss Gaetano Badalamenti e ai Gambino, a Leonardo Greco e Michelangelo Aiello e di quelli, sempre di provenienza illecita, di Fulvio Lima, nipote dell’eurodeputatto ucciso dalla mafia Salvo Lima.
La protezione che Zummo poteva vantare, in cambio di tangenti ed appartamenti, a suo tempo attiro’ le attenzioni investigative dell’allora giudice Istruttore Giovanni Falcone, poi confermate dalle rivelazioni di numerosi collaboratori di giustizia e dal testimone Massimo Ciancimino, figlio di don Vito. Quando la Corte d’Appello di Palermo, nel 2020, ribaltando i precedenti verdetti, confisco’ il patrimonio del costruttore, mise nero su bianco che il patrimonio accumulato era il risultato dell’esercizio di una “vera e propria impresa mafiosa”.