Manca poco più di un anno alle elezioni regionali e la ricandidatura di Nello Musumeci annunciata personalmente dal governatore nel mese di giugno con la metafora del contadino che raccoglie i frutti dopo la semina — sebbene in campagna elettorale nel 2017 avesse promesso ai propri elettori che sarebbe rimasto per un solo mandato – non ha riscontrato molti consensi tra gli alleati di governo.
La strada per Palazzo d’Orleans è tutta in salita e lastricata di brutte sorprese.
A smorzare gli entusiasmi era stato fin da subito il plenipotenziario di Forza Italia Gianfranco Miccichè, affermando che: “il presidente della Regione ha tutto il diritto di questo mondo di porre la sua candidatura, ma se è un fatto naturale, questo passaggio avviene naturalmente e non c’è bisogno di chiederlo, né di aprire il dibattito. Se si apre, vuol dire che qualche problema c’e’”.
Se a queste dichiarazioni aggiungiamo il pranzo estivo tra Miccichè e il sindaco di Messina Cateno De Luca tenutosi a Santa Teresa di Riva, possiamo affermare con facilità che ancora può davvero accadere di tutto. “Scateno”, che attualmente rappresenta il principale competitor di Musumeci, lo attacca quotidianamente nei suoi seguitissimi canali social. Ha annunciato da tempo la propria candidatura ed è stato paparazzato nel corso di incontri privati con diversi esponenti politici regionali, come il segretario regionale del Pd Barbagallo, che lasciano presagire un fronte di sostegno alla sua candidatura che potrebbe allargarsi nel tempo. De Luca infatti, nonostante qualche boutade delle sue, secondo ciò che riferiscono fonti leghiste sarebbe ancora in ottimi rapporti con Matteo Salvini.
A pesare sulla ricandidatura di Musumeci, più di ogni altra circostanza, è proprio il nuovo pupillo di Salvini in Sicilia, Luca Sammartino.
Tra “Mister 32 mila preferenze” e il governatore non è mai corso buon sangue. A provarlo sono stati diversi scontri in pubblico, culminati con l’attacco frontale in aula a Palazzo dei Normanni, in occasione della finanziaria, in cui Musumeci rivolgendosi a Sammartino disse che di lui avrebbe dovuto occuparsi “ben altro Palazzo”. Un augurio che lasciò poco spazio all’immaginazione e che scatenò le ire dell’ex deputato di Italia Viva. Se nello scacchiere del centrodestra la Sicilia dovesse finire nelle mani della Lega, come ha lasciato intendere Matteo Salvini nella sua ultima visita ufficiale in Sicilia, è facile prevedere che Musumeci non avrà ampi spazi di mediazione.
L’ultima ancora di salvezza per il governatore sarebbe l’approdo in Fratelli d’Italia per cui pare che stia lavorando incessantemente, ma anche nel partito della Meloni i malumori non mancano. Sembra che Raffaele Stancanelli, uomo chiave della campagna elettorale che condusse il governatore alla vittoria nel 2017 e fondatore di “Diventerà Bellissima”, non abbia ancora digerito il mancato sostegno di Musumeci e del suo movimento in occasione delle elezioni europee che lo videro eletto con Fratelli d’Italia. Stancanelli, poco tempo prima, propose nel corso di un’assemblea di Diventerà Bellissima la federazione con un partito politico nazionale, ma tutti gli dissero di no ed avvenne lo strappo. Non fu esattamente la scelta migliore, visto il vagabondaggio a cui stiamo assistendo.
Il futuro politico di Nello Musumeci appare, oggi più che mai, incerto e vicino al tramonto per diverse ragioni:
la vicenda che ha travolto l’assessore alla Salute Ruggero Razza, suo delfino e pontiere; la mancanza di un soggetto politico nazionale che gli faccia da garante; il movimento Diventerà Bellissima che non è riuscito a radicarsi sul territorio come avrebbe dovuto e che difficilmente si allontanerà dal 6% delle scorse elezioni; l’atteggiamento da duro e puro che è stato un asso nella manica a livello comunicativo in tempi di grillismo, ma che adesso ha stufato soprattutto gli alleati; e, infine, l’incapacità di costruire una legittimazione condivisa. Tutti elementi che non promettono nulla di buono. Riuscire a cambiare le carte in tavola è davvero assai difficile.