“Prima che la notte”, stasera su Rai Uno il ricordo di Giuseppe Fava: il coraggio di dire sempre la verità

“Prima che la notte” andrà in onda su Rai1 in prima visione questa sera in occasione della Giornata della legalità dopo essere stato presentato in anteprima al Teatro Petruzzelli nel corso del Festival del Cinema di Bari BIF&ST. Quando riceve quella telefonata da Catania Pippo Fava ha l’età in cui si cominciano a chiudere i primi bilanci di una vita. E dalla vita Fava ha avuto molto: una famiglia senza spigoli, un mestiere che sa fare e che gli piace ancora fare, ma soprattutto il dono di una scrittura felice e sfacciata che gli ha dato un discreto successo: i romanzi, il teatro, la lunga carriera da giornalista. E quando la sua città ha cominciato a stargli stretta, ha scelto di trasferirsi a Roma: ancora teatro, il cinema, una nuova compagna. Per Catania, nessun rimpianto. Se non fosse per quella telefonata, per l’offerta che contiene: la direzione di un giornale. Un quotidiano. Nella sua città. “Ti danno carta bianca…” gli spiega un vecchio collega che lo ammira e lo invidia, come tutti gli amici che s’è lasciato alle spalle a Catania. “Allora Pippo, che fai, accetti?”. Fava accetta. Torna a Catania con l’entusiasmo ritrovato di quando aveva vent’anni e aveva deciso che quella sarebbe stata sempre la sua città. Ma Catania è cambiata, s’è guastata dentro, si è trasformata nel crocevia di molti affari e di molte guerre.
Il quotidiano firmato da Fava ha un primo ambizioso obiettivo: contendere lettori e mercato alle altre testate siciliane. S’inventa una redazione di ragazzi, tutti poco più che adolescenti, studenti universitari con la brace nello sguardo, cresciuti aspettando l’occasione per diventare giornalisti, idealisti e irriducibili come il loro direttore, come lui convinti che a quel mestiere non si possano mettere le briglie. Nemmeno a Catania. Nemmeno alla vigilia di una guerra di mafia che di lì a poco comincia a seminare decine di morti ammazzati nelle strade. E con questa redazione implume di cronisti, il giornale diretto da Fava comincia a raccontare quel sistema, a nominare gli innominabili, a ricostruire i fatti. Non è una sfida, è che per i carusi e il loro direttore quel mestiere si può fare solo così. Il primo nome che stampano sulla prima pagina è quello di Nitto Santapaola. A Catania Santapaola è un uomo rispettato, esibito come un fiore all’occhiello nelle serate che contano, ascoltato, protetto e benvoluto da tutti i notabili: cavalieri del lavoro, prefetti, questori, sottosegretari. A Palermo invece Santapaola è solo un capo mafia, uno dei più spietati, protagonista – kalashnikov in mano – nei più sanguinosi regolamenti di conti che ridisegnano gli equilibri di Cosa Nostra in Sicilia. Adesso “per colpa” di Pippo Fava quell’invisibile linea di frontiera che separa le due Sicilie rischia di slabbrarsi per sempre.

Fava va avanti, il suo giornale non abbassa i toni, le sue cronache si infittiscono di dettagli, nomi, fatti. Finché gli editori gettano la maschera e nel cuore della notte si presentano in redazione. Ordinano ai tipografi di fermare le macchine. Il giorno dopo Fava viene licenziato. Ma Fava non si arrende e con i suoi carusi, riuniti in una cooperativa, fonda il mensile I Siciliani: centosessanta pagine in carta patinata, copertina nera, lucida, elegante. Sotto la testata, la foto di quattro uomini in gessato grigio che brindano soddisfatti: sono i Cavalieri del lavoro di Catania, potenti e invisibili fino al giorno prima. Adesso il lungo articolo che apre quel primo numero della rivista di Pippo Fava è dedicato proprio a loro: le scorrerie, le protezioni politiche, le relazioni pericolose, le torbide amicizie col mafioso Santapaola. Tutto. E ora le cose non si possono risolvere con una telefonata all’editore, ora editori non ce ne sono più. I Siciliani va letteralmente a ruba. La prima edizione viene esaurita in due ore. Altre quattro ristampe: tutte esaurite. Forse quei fogli non hanno molti amici, ma molti lettori che sono ancora più fedeli. Il giornale cresce, mese dopo mese si fa più spavaldo, racconta le cose tinte ma descrive anche una Sicilia possibile, generosa, ribelle. Per i ragazzi di Fava, I Siciliani diventa un battesimo verso la vita. Per lui, Pippo Fava, un appuntamento ineludibile con la morte. Che si presenta nello sguardo immobile di un giovane killer: ha l’età di suo figlio Claudio e una 7,65 in mano. Cinque colpi alla nuca, la sera del 5 gennaio 1984. Così muore Pippo Fava.

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