“Il problema lo sai qual è? Che abbiamo trovato 140 morti mai comunicati”.
La frase la butta lì, ma fa impressione. Maria Letizia Di Liberti, la dirigente generale del Dipartimento regionale per le Attività sanitarie e osservatorio epidemiologico dell’assessorato della Salute, arrestata nell’inchiesta sui dati falsi alla Regione Sicilia, parla con il suo interlocutore di un dato preoccupante, parte di quel “tragico gioco”, di cui parla il gip: si sono accorti di non aver mai comunicato 140 morti da contagio per Covid: si tratta di soggetti deceduti nei propri domicili/abitazioni o nei pronto soccorso. “E va comunicato”, sottolinea Di Liberti, “ma non 140… 5 al giorno”, a tutte le Asp, le aziende sanitarie regionali.
“FREGATENE…” I numeri si ‘possono’ maltrattare, del resto.
“La terapia intensiva diminuisce perché ce li scotoliamo”, afferma un indagato (‘in tono sarcastico’, viene annotato nell’ordinanza).
Come nel caso dei tamponi, in modo da ridurre l’incidenza dei contagi: “Ma mettici 2 mila di rapidi… fregatene…”. In un altro passaggio del provvedimento si legge che nel 2020 furono “dimenticati” 180-190 morti. Vennero poi “spalmati” nel 2021 durante la quotidiana comunicazione all’Istituto superiore della Sanità.
“NE ABBIAMO UNA SFILZA…”
Di Liberti e Cusimano – che venerdì, insieme al terzo arrestato, si presenteranno davanti al gip per l’interrogatorio di garanzia – avrebbero aumentato “il numero di decessi, comunicando il numero di +15 in luogo di + 4, per recuperare il dato relativo a +180 decessi del periodo marzo-aprile 2020 mai comunicati prima”. Un dipendente dell’Asp di Palermo, chiama Di Liberti per avere indicazioni su cosa debba fare, perché “oggi ci sono solo 4 soggetti deceduti”. “Li sta facendo Salvo i ricoveri – continua il dipendente – io mi sto dedicando ai deceduti, stiamo facendo un giro di telefonate per sistemare un poco la situazione… domanda… deceduti di oggi ne abbiamo 4, vuol dire che se diamo quelli che abbiamo a domicilio non ne abbiamo più da parte, siccome ne abbiamo una sfilza… ne abbiamo 27, che sono vecchi deceduti che non abbiamo mai comunicato eh… noi aspettiamo autorizzazione se li possiamo comunicarli o meno”.
PALERMO ROSSA ANZI NO
Il 19 marzo – appena una dozzina di giorni fa – la situazione è difficile e allarmante a Palermo. Una situazione da “zona rossa”, ma i dati devono essere calmierati per impedire che sia dichiarata davvero.
E se il giorno prima il sindaco Leoluca Orlando, in una occasione pubblica, avvertiva circa il dovere che “abbiamo tutti di evitare il crescere di una strage”, in alcuni uffici della Regione si giocava coi numeri come dentro una oscena contabilità. E’ il 19 marzo appunto, ore 13.19. Il funzionario della Regione Cusimano, chiama la dirigente Di Liberti e la informa che si sono accorti del dato riferito a 228 pazienti positivi Covid dell’ospedale Cervello di Palermo, mai comunicati. Lei rimane sbalordita, si legge nel testo. Poi la informa che “oggi ci sono 1.070 nuovi contagi Covid-19”.
“CHE DICI… ABBASSIAMO I DATI”
Le riepiloga i dati per ogni Provincia: 61 Agrigento, 75 Caltanissetta, 90 Catania, 32 Enna, 81 Messina, 508 Palermo, Ragusa”. Di Liberti “rimane sbalordita”, ripete più volte: “…ma che dici? …ma che dici?”, afferma che non è possibile, perché se sono questi i dati definitivi, Palermo va immediatamente, subito in “zona rossa”. Cusimano conferma che i dati sono esatti ed elenca anche i casi positivi Covid nei comuni della provincia e quelli riferiti al capoluogo Palermo, dove ci sono 263 positivi. Alle 14.45 un’altra telefonata: Di Liberti dice a Cusimano che sta riflettendo su cosa fare sui contagi che sono tanti anche in diversi comuni della provincia di Palermo, Bagheria e Caltavuturo. E decide di abbassare i dati dei soggetti positivi di Palermo, in quanto ne ha parlato con Razza, con cui farà il punto il giorno dopo: quindi pensa di abbassare da 506 a 370 i nuovi contagiati e di aggiungere ulteriori mille tamponi.
BOOM DI TAMPONI
L’intento complessivo, per il giudice, è di “giocare” sul rapporto tra numero complessivo dei tamponi e numero dei soggetti risultati positivi per restare al di sotto delle percentuali giudicate di massimo allarme”. Peraltro, “il progressivo aumento del numero di soggetti positivi costringe a ritocchi del numero di tamponi effettuati tanto consistenti da arrivare a diverse migliaia”. Razza, “nell’apprendere consapevolmente dalla dirigente generale Di Liberti l’elasticità (abbassare, spalmare, togliere) con cui la stessa tratta i dati pandemici ricevuti dalle articolazioni del Servizio sanitario regionale, nulla ha da obiettare, nonostante la loro corretta elaborazione rappresenti, nell’attuale emergenza sanitaria, l’unico strumento valido per adottare idonee misure di contenimento della diffusione del virus Covid-19”.
I SILENZI DI RAZZA IN ATTESA DEI PM DI PALERMO
“Il silenzio dell’assessore Ruggero Razza dinanzi ai pm di Trapani è stato imposto dal sottoscritto in quanto non aveva alcun senso fare raccogliere una deposizione ai magistrati che si erano detti territorialmente incompetenti, deposizione che poi sarebbe dovuta essere trasmessa a Palermo. Aspettiamo che i magistrati di Palermo abbiamo i presupposti per indagare e poi Razza parlerà”. E’ questo il motivo, dice all’AGI l’avvocato Enrico Trantino, del silenzio davanti ai pm di Trapani del suo assistito. “No allo sciacallaggio politico -aggiunge – questa è una vicenda che avrà pesanti strascichi personali, politici e sociali. Basterebbe conoscere la norma per evitare errori. Sui ritardi Razza è intervenuto, rimuovendo alcuni dirigenti”.
IL PROCURATORE, CONDOTTA SPREGIUDICATA
Per il procuratore aggiunto di Trapani, Maurizio Agnello, “il reato di falso é funzionale di solito ad altro. Dobbiamo capire perché. Apparentemente, l’unico motivo che ci siamo dati, atteso che la massima autorità politica regionale, cioè il presidente Musumeci, aveva invocato a più riprese la zona rossa, è che si volesse dare l’apparenza di una macchina sanitaria efficiente mentre così non era”. La frase “spalmiamo i morti”, “seppur in un contesto telefonico ci ha colpito molto, ed è una terminologia significativa della spregiudicatezza della condotta”, ha concluso Agnello, “con l’intento evidente di abbassare i numeri”.
GIP, INEFFICIENZE, DOLO E TRAGEDIE IGNORATE
Per il gip resta un quadro “a dir poco sconcertante e sconfortante del modo in cui sono stati gestiti i dati pandemici regionali, in un contesto in cui alla diffusa disorganizzazione e alla lentezza da parte degli uffici periferici incaricati della raccolta dei dati si è sommato il dolo di organi amministrativi e politici ai vertici dell’organizzazione regionale”. E’ “verosimile” e “altamente probabile” che l’alterazione di dati rilevanti “abbia impedito l’adozione di misure di contenimento più severe ed efficaci e, in ogni caso, è stata preclusa ai cittadini la possibilità di informarsi correttamente sulla reale incidenza della pandemia sul territorio e di regolarsi di conseguenza”. Già, perché “i valori indicati sembrano totalmente disancorati dalla realtà e lascia sgomenti il modo di fare degli indagati, del tutto dimentichi delle tragedie personali, familiari e collettive che stanno ovviamente dietro quei numeri che avrebbero dovuto essere correttamente accertati e comunicati”.