Lo scultore Arturo Di Modica è morto qualche ora fa nella sua casa di Vittoria. Aveva compiuto da poco 80 anni.
Orgogliosamente figlio di Vittoria, è conosciuto in tutto il mondo per una sua opera diventata simbolo, il “Charging bull” collocato a Wall street, New York. La notizie è stata diffusa da alcuni suoi amici. “E’ un caro amico che se ne va – commenta il pedagogista Giuseppe Raffa – da oltre un anno era a Vittoria, non era più andato in America, un po’ per le sue condizioni di salute, un po’ per le restrizioni del covid. E la malattia che lo affaticava. Era sempre pieno di progetti e idee.
Amava profondamente Vittoria, ci teneva ai ragazzi, mi spronava a fare iniziative per loro. Sì, aveva Vittoria nel cuore”. Di progetti e di amicizia parla anche Bruno Giordano, magistrato di Cassazione.
“Facevamo lunghe chiacchierata su moltissimi argomenti, progetti, sono veramente addolorato”. Il suo pensiero lo affida anche ad un post su Facebook “Non sarebbe giusto, non basterebbe, non sarebbe vero dire che Arturo è stato un grande artista, uno scultore. Egli è stato molto di più: estroso, coraggioso, ambizioso, generoso, provocatore – scrive Giordano -. Ha visto il mondo come altri non l’hanno visto e ha dato al mondo molto di più di quello che ha avuto e visto. Un visionario della bellezza. Voleva donare a Vittoria la grandezza che merita. Un’opera incompleta, come capita ai grandi. Che la sua terra gli sia grata”.
E l’ultima visione di Arturo Di Modica è stata quella del dono alla città dei Cavalli dell’Ippari, due mastodontiche sculture che sognava di collocare al fiume Ippari. A Lucio Luca aveva confessato:
“Ho completato due cavalli in bronzo da otto metri che si uniscono in un arco. Li ho chiamati Fighting horses, i cavalli che combattono.
Si tratta di un prototipo che venderò per finanziare quelli da 40 metri da piazzare sopra il fiume Ippari che costeggia Vittoria, la mia città. E’ il regalo che voglio lasciare alla mia terra. Perché uno come me, che ha vissuto per 45 prima ancora a Firenze e ovunque lo portasse il cuore, le sue radici non potrà mai dimenticarle”.
La storia del Charging bull ha il carattere leggero e sognante della favola.
La ricordò nuovamente nelle pagine di Repubblica lo scorso 4 febbraio.
“Era un periodo di crisi – racconta Di Modica a Lucio Luca – la Borsa di New York aveva perso in una notte più del venti per cento e tanta gente era piombata nella depressione più nera. Con qualche amico cominciai a chiedermi cosa potevo fare io per la “mia” città. Sì, certo, sono di Vittoria, ma se vivi più di puoi non sentirla anche tua. E allora mi venne in mente di scolpire un toro, l’immagine della Borsa che cresce: doveva essere uno scherzo, una provocazione. E invece è diventata una cosa maledettamente seria. Mi hanno detto che, dopo la Statua della Libertà, il Charging Bull di Bowling Green, a due passi dal tempio della finanza mondiale, è il monumento più visitato a New York. Ha superato persino l’Empire State Building”.
Un vero e proprio blitz studiato nei minimi dettagli per scaricare impunemente quelle tre tonnellate di bronzo (che gli costarono un patrimonio), trasformarli e trasformarsi in un mito consegnando un simbolo di tenacia e di rivalsa. Separato dalla moglie da un paio di anni, lascia una figlia ventenne e un vuoto nel panorama artistico che si farà sentire.