C’è il “Gruppo di Paternò” dietro l’omicidio di ‘Turi Paredda’. A questa conclusione sono giunti gli investigatori che indagano su vari episodi criminali registrati a Paternò. Alla luce delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, è stata fatta chiarezza sulla faida protrattasi negli anni tra due gruppi mafiosi contrapposti: da una parte i fedelissimi dei Laudani-“Mussi i’ ficurinia” guidati da Salvatore Rapisarda e Vincenzo Morabito, dall’altra i “santapaoliani” con in testa Salvatore Leanza – ucciso 4 anni fa – che faceva riferimento al clan Assinnata. Nei giorni scorsi i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Catania e della Compagnia di Paternò hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal GIP del Tribunale di Catania, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 6 soggetti (Farina Alessandro Giuseppe, 33enne, Barbagallo Antonino, 42enne, Magro Antonio, 43enne, Patti Vincenzo, 39enne, Peci Francesco Santino, 41enne e Scalia Sebastiano, 44enne), tutti ritenutiappartenenti al “gruppo di Paternò”, quale articolazione territoriale della famiglia mafiosa “Laudani” facente capo a Rapisarda Salvatore, in atto detenuto.
A tutti gli indagati è stato contestato l’omicidio in pregiudizio di Leanza Salvatore, inteso “Turi paredda”, avvenuto in Paternò il 27 giugno del 2014, mentre a Farina Alessandro e Scalia Sebastiano è stato contestato anche il tentato omicidio in pregiudizio di Giamblanco Antonino, inteso “u sciallarese”, avvenuto in Motta Sant’Anastasia il 30 luglio 2014. Contestata per entrambi i delitti l’aggravante del metodo mafioso e della finalità di rafforzare gli interessi criminali della consorteria mafiosa di appartenenza.
Il provvedimento restrittivo è stato notificato in carcere a tutti gli indagati ad eccezione di Barbagallo Antonino, unico indagato che non era già detenuto per altra causa, il quale veniva rintracciato all’interno della propria abitazione di Paternò.
Nel corso della perquisizione domiciliare a carico del Barbagallo veniva rinvenuta una pistola marca Bernardelli cal. 6,35 completa di caricatore, risultata oggetto di furto, e nr. 7 cartucce dello stesso calibro, una modica quantità di sostanza stupefacente del tipo cocaina ed un bilancino.
La misura cautelare costituisce sviluppo delle indagini, delegate da questa Procura distrettuale al Nucleo Investigativo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Catania, finalizzate a riscontrare il contenuto delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Musumarra Francesco e Farina Orazio, le quali, peraltro, corroboravano l’attività investigativa precedentemente compiuta nell’ambito del c.d. procedimento “En Plein”.
L’operazione “En Plein”, sempre eseguita dai Carabinieri del Comando Provinciale di Catania in data 8 aprile 2015, aveva portato alla cattura di 16 soggetti (tra i quali anche i sei attuali arrestati) ritenuti responsabili dei reati di associazione di tipo mafioso, omicidio, tentato omicidio, porto abusivo e detenzione illegale di armi.
L’attività investigativa allora svolta aveva consentito di disarticolare due contrapposti gruppi criminali operanti in Paternò, in particolare l’articolazione territoriale del clan “Laudani” – facente capo ai due “responsabili”, Rapisarda Salvatore e Morabito Vincenzo – ed il gruppo facente capo al defunto Leanza Salvatore ed inserito nel clan “Assinnata”, quest’ultimo propaggine territoriale della famiglia mafiosa Santapaola.
Grazie alla recente collaborazione con la giustizia di Farina Orazio, fratello dell’arrestato Farina Alessandro Giuseppe, le accuse già formalizzate contro i sei indagati da uno degli esecutori materiali dell’omicidio del Leanza e del tentato omicidio del Giamblanco, il collaboratore Musumarra Francesco (che ha già riportato condanna per tali reati), hanno trovato pieno riscontro, consentendo così di fare piena luce su tali fatti delittuosi e di addivenire alla contestazione delle relative responsabilità a tutti i partecipi.