Alfonso Sabella è intervenuto ai microfoni di ECG, il programma condotto da Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio su Radio Cusano Campus, l’emittente dell’Università degli Studi Niccolò Cusano. Il magistrato, a cui è ispirata la Serie in onda su Raidue ‘Il Cacciatore’, ha commentato così il telefilm in cui viene interpretato da Francesco Montanari: “E’ una fiction che dà molto spazio a personaggi positivi, anche se complessi sul piano psicologico. Sul piano del personaggio non è proprio fedelissima all’originale, ma i fatti di cronaca raccontati, gli episodi, le immagini, le catture, sono state raccontate bene. La fiction è liberamente tratta dal mio libro, ‘Il cacciatore di mafiosi’, tutto quello che c’è nel libro è riprodotto nella fiction, nella misura in cui racconta la verità sulle modalità con cui siamo riusciti in quel delicatissimo periodo ad arrestare i mafiosi più pericolosi e ad arrestare i latitanti, il problema principale nel contrasto alla mafia. Io venivo da una esperienza di procura normale a Termini Imerese, mi trovavo in un momento di grande difficoltà, arrivato a Palermo mi fu affidato un difficile processo sui colletti bianchi nell’ambito del quale uno dei mafiosi tentò il suicidio. Lì capimmo che c’era la possibilità di farlo collaborare con la giustizia, grazie a lui individuammo il fratello e poi arrivammo ad arrestare Bagarella. La soddisfazione di fare il lavoro che facevo io, ricercare latitanti, era particolare. Primo per l’adrenalina che ti veniva, poi perché non dovevi aspettare la Cassazione per capire che la tua indagine aveva avuto successo. Catturi il latitante e hai fatto bene, non lo catturi e hai fatto bene”. “IL VANTAGGIO DI ESSERE UN SICILIANO DI PAESE”
Il racconto di Alfonso Sabella prosegue: “Il mio vantaggio è che ero siciliano e siciliano di paese. Avevo dei colleghi bravissimi, personaggi positivi. Anche se il mio personaggio, Saverio Barone, interpretato da Montanari, per ragioni cinematografiche è controverso, l’hanno fatto molto più stronzo di quanto fossi io in realtà. Il Sabella interpretato da Montanari è molto più simile al Sabella di adesso, all’epoca ero più umile, meno arrogante. Anche se quello è un personaggio che così attirerà di più, io ero molto più semplice, molto più lineare. Una cosa mi è dispiaciuta della fiction, ne ho parlato anche con la Rai e col produttore, è il fatto che comunque per ragioni cinematografiche al mio personaggio in qualche caso hanno fatto violare le regole. Io le regole non le ho mai violate e ci tengo a specificarlo. Lì c’è qualche forzatura, mi fanno incontrare qualche pentito senza l’avvocato o senza una richiesta regolare. Mi rendo conto che tutto questo metterlo nel cinema diventa abbastanza complicato e appesantisce inutilmente le scene, però tengo a precisare che io non ho mai violato le regole, perché non esiste fine che giustifichi i mezzi. Qualcosina, oltre alla stronzaggine del personaggio, bisognava pure concedere. Sono contento di questa fiction perché racconta una storia, un periodo, che non è mai stato raccontato. Quello che è stato il momento di reazione dello Stato è stato raccontato fin troppo poco. In quel periodo iniziammo a scovare latitanti uno dopo l’altro, a sequestrare i loro arsenali, a seppellirli sotto montagne di ergastoli. In quel periodo lo Stato ha mostrato la propria faccia migliore”.
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