Ritratto di Consolo, “fantastico impertinente”: oggi a Palermo si presenta il suo libro “Cosa loro”

All’auditorium Rai di viale  Strasburgo a Palermo, si presenta oggi pomeriggio il libro “Cosa loro” di Vincenzo Consolo, editore Bompiani. Il volume contiene i primi articoli a stampa di Consolo sul fenomeno mafioso, dai primi anni settanta a poco prima della sua morte, nel 2010. Il libro è presentato da Salvatore Cusimano, direttore Rai Sicilia, Vito Lo Monaco, presidente Centro Studi Pio La Torre, Piero Melati, giornalista, Gianni Turchetta, professore all’Università di Milano, e Concetto Prestifilippo. A quest’ultimo il Corriere Etneo ha chiesto di scrivere un ritratto dello scrittore saggista italiano tra i più importanti narratori italiani.

Chissà cosa avrebbe scritto Consolo. Lo stesso interrogativo che mulinava nell’aria dopo la scomparsa di Sciascia. Mancano gli interventi che lo scrittore di Sant’Agata di Militello riservava a questa nazione telestupefatta. L’autore di Retablo, aveva scelto la scrittura di intervento sui giornali. Esercitava così il suo ruolo di intellettuale gramscianamente non indifferente. Articoli, interventi, note caratterizzate da un registro linguistico distintivo. Consolo, possedeva una straordinaria capacità di sintesi, analisi logica e un’ineffabile senso della notizia. Rileggendo i suoi articoli, vecchi di decenni, ripubblicati da Bompiani, colpisce questa sua spietata previsióne sciasciana. Non esercitava diplomazie linguistiche. Non operava concessioni. Non salvaguardava potentati. Non blandiva accademie. I suoi interventi irritavano, potevano essere non condivisi, ma erano sempre onesti. Consolo ha pagato questo suo dettato esplicito. Ha scontato duramente la sua continua sottrazione, la sua disobbedienza, la sua mancata esposizione televisiva. Non gli hanno mai perdonato questa sistematica diserzione alle adunate e alle parate di regime.

“Ė siciliano. Non scrive in italiano. Ė barocco. Ė oscuro. Ė pesante come una cassata siciliana. Le sue narrazioni non sono filanti. Ma chi si crede di essere? Ma come si permette?”. Questo, il paradigma declinato dai suoi detrattori. Erano tanti i suoi nemici: cardinali della letteratura italiana, maggiordomi untuosi di consorterie politiche, raccontatori a cottimo di gazzette di palazzo, maestri tartufati di ineffabili gilde e buie consorterie, donnine di guarnigione e ufficialetti di ordinanza. Avevano ragione a detestarlo. A ognuno di loro aveva dedicato parole di disprezzo meravigliose. Vincenzo Consolo era un fantastico impertinente, irriguardoso, sprezzante, fiero, severo, inflessibile. Era un irregolare, non era irreggimentabile, era un eccentrico.

“Uno scrittore deve essere contro, scomodo sottolineava lo scrittore siciliano. Se un intellettuale non è critico, diventa cortigiano”. Ė stato così non solo per Consolo ma anche per Vittorini, Pasolini e Sciascia. Intellettuali contro, che il sistema non è riuscito a fagocitare, assoldare, arruolare, ostentare. Vincenzo Consolo operava un continuo, straziante, grido di denuncia all’indirizzo di una Sicilia disperante. Non perdevano occasione per rinfacciarglielo i “sicilianuzzi” in servizio permanente effettivo. Facevano garrire sul pennone più alto lo stendardo abusato della Trinacria. Gli rinfacciavano la fuga, l’abbandono. Un proclama di palazzo aveva messo al bando i libri di Consolo. Libri bollati come inadeguati, colpevoli di un insopportabile rimando ad una Sicilia cupa. L’isolamento, la sconfessione, sono pratiche criptomafiose. La mafia è uno stato mentale dei siciliani. Il continuo dileggio, operato da certa intellettualità isolana, è stato un vero tormento per Consolo. Non amava le piccole patrie. Non firmava manifesti autonomisti. Non rivendicava insulse predominanze culturali. Cesare Segre fu il primo a intuire la specificità linguistica consoliana. Era uno scrittore che non forniva al lettore alcuna indicazione didascalica. La sua scrittura era un continuo cambiamento di registro, l’enciclopedismo ipnotico, il capovolgimento di fronte continuo. Parole contro il potere che possedevano una scansione musicale da cuntista. Parole antiche, espunte, violate. Il falso ritratto che si ha di lui, è quello che tratteggia un uomo scorbutico. Un ritratto falso che non corrispondeva all’immagine privata, quella solare, ironica.

Il convegno organizzato dal “Centro Pio La Torre” assume una connotazione “svelante”. Misteriosamente, è stato fissato a pochi giorni dalla messa in onda di una fiction dedicata al giornalista Mario Francese, vittima di un agguato mafioso. Il protagonista del seminario non sarà dunque solo Vincenzo Consolo, ma anche il giornalismo siciliano. Forse, è giunto il tempo di raccontare quale è stato il ruolo che hanno avuto editori e giornalisti nella storia recente dell’Isola. A futura memoria. Sempre che la memoria possa avere un futuro.

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