Non si scompone il mecenate Antonio Presti dopo la sentenza del CGA che ha annullato il comodato d’uso stipulato tra la Città metropolitana di Messina e la Fondazione Fiumara d’Arte per la fruizione delle Rocce di Taormina. Una frenata inattesa che sospende il percorso degli ambiziosi progetti studiati da Presti per restituire il poggio naturale – dopo mezzo secolo di abbandono – a tutta la comunità che per 50 anni ne era stata privata. Una riconsegna al mondo sigillata il 27 luglio 2017, momento della riapertura ufficiale del sito, vissuta da tutti come la fine di un incantesimo, finalmente spezzato dopo il lungo oblio.
Ex villaggio turistico di grande attrattiva negli anni ’60, il poggio di Capo Mazzarò con il comodato di 99 anni concesso alla Fondazione Fiumara d’Arte, finalmente rientrava al centro di un percorso di valorizzazione con la creazione del Museo della bioarchitettura, che avrebbe coinvolto i maggiori artisti, architetti e ingegneri europei over 35. Nella volontà di Presti quella di lasciare in eredità alle associazioni di ragazzi down la gestione della struttura.
Dopo quarant’anni si ripetono le dinamiche che condizionarono gli esordi della Fiumara d’Arte.
«Devo probabilmente assolvere a un karma che vede il dono incriminato e processato prima di incontrare lo spirito di accoglienza che anima la sua bellezza. Il dono della Fiumara d’Arte, nel territorio dei Nebrodi (provincia di Messina), è stato accettato dopo quarant’anni di processi, attentati mafiosi e solitudine civile; alle Rocce si tenta addirittura di abortirlo durante la sua genesi».
Il ricorso presentato dalla Pineta era pendente già ai tempi della concessione del comodato?
«Sì. Quando è stato ammesso il comodato, la Città metropolitana di Messina e la Pineta erano coinvolti in un dibattito legale. Al momento della firma, in una clausola si faceva espressa menzione di questo contenzioso.
Cosa farà dopo questo pronunciamento?
«Accetto la sentenza serenamente e rispettosamente».
In questo anno di attività qual è stato il lavoro della Fondazione alle Rocce?
«I cancelli delle Rocce sono stati riaperti a tutti: visitatori, turisti, cittadini, famiglie, associazioni, giovani e anziani, bambini e disabili, a loro doveva essere restituito quello spazio proiettato sull’orizzonte mare e negato per troppo tempo. Per farlo ho dovuto metterlo in sicurezza. Nei giorni del G7 grazie al lavoro della Fondazione e al G37 dei poeti, non era soltanto Taormina ad essere protagonista ma l’intero comprensorio.
Le manifestazioni realizzate hanno avuto un costo?
«Sì, il costo dell’impegno civile ed etico. Ho dedicato tutto me stesso perché non si perdesse più tempo, e affinché quel cancello chiuso per decenni potesse restare aperto il più possibile e accogliere quanti più visitatori. Ho fatto convergere tutte le mie idee, i miei progetti, i miei pensieri su quella che ho accolto come nuova missione della Fiumara d’Arte. Le Rocce sono divenute il mio impegno giornaliero e non soltanto per ideare nuove mostre o inediti momenti di incontro, ma soprattutto per progettare il futuro che avrebbe meritato.
Dopo l’annullamento del comodato chiederà un risarcimento alla Città metropolitana?
«Assolutamente no. Lo spirito che anima il dono è sempre il ringraziamento. E io dunque mi sento in dovere di ringraziare tutti coloro che hanno seguito e sostenuto il percorso del comodato, dalle istituzioni alla società civile. Qualsiasi impresa privata avrebbe chiesto il risarcimento, io invece confermo la mia disponibilità al dono. Non ci sarà nessuna causa, lascerò tutto alla società civile.
Chi si è opposto al suo disegno per le Rocce?
«L’opposizione nasce da tutte le lobby che possono avere interessi privati, e può essere figlia del male più banale dell’umanità: l’invidia. Cosa che ho riscontrato anche a livello editoriale con una sparuta comunicazione giornalistica, talvolta inutilmente risentita e acida. D’altronde non posso essere simpatico a tutti.
L’indignazione della società civile ha invaso i social, manifestandole grande vicinanza
«Naturalmente si è innestato un dibattito politico, culturale e civile. Tutto il mondo della rete non solo manifesta indignazione, ma vorrebbe organizzare manifestazioni di protesta, solidarietà e raccolta firme. È un mondo dell’associazionismo, e mi rivolgo ai ragazzi down, che avrebbero potuto avere in quel luogo non solo una vera e propria casa, ma la sacralità della bellezza.
Quali sono i suoi progetti futuri?
«Mi sto già dedicando a Librino e alla sua gente. Lavoro da anni nella periferia catanese per realizzare un grande museo all’aperto della fotografia, con il grande maestro Reza Deghati e oltre 50 giovani fotografi. Ho anche diversi progetti in cantiere in collaborazione con i Comuni etnei, la valle dell’Alcantara e la valle dell’Agrò. Tra aprile e maggio, poi, concluderemo il lungo percorso che condurrà alla donazione artistica di 500 bandiere all’Ospedale di Taormina. Un lavoro realizzato grazie alla monumentale rete di oltre 200 scuole del comprensorio, da Furci Siculo sino a Giarre passando per il parco dell’Etna, per avvicinare i ragazzi all’arte e per coltivare la sensibilità verso chi soffre all’interno delle corsie dell’ospedale.