La semilibertà concessa a Daniele Micale, uno dei due ultrà del Catania condannati per la morte dell’ispettore della polizia Filippo Raciti, ”dimostra che è saltato il banco delle regole elementari della democrazia, della giustizia, del buon senso generale nel nostro Paese”. Lo afferma all’Adnkronos Gianni Tonelli, segretario generale del Sap (Sindacato autonomo di polizia), secondo il quale ”non è possibile pensare che chi colpisce un servitore dello Stato alla fine si veda lenita la responsabilità con una condanna preterintenzionale che lo ha portato a un grandissimo sconto di pena. Dopo cinque anni è già fuori e gli è stato anche trovato un lavoro. Quasi è diventato un investimento ammazzare un poliziotto”. ”In questo Paese nessuno rispetta più le regole”, ribadisce Tonelli che annuncia lo sciopero della fame supportato da Marisa Grasso, vedova Raciti, che simbolicamente per qualche giorno, si unirà al sindacalista: ”Oggi sarebbe stato il compleanno di mio marito, lui non c’è, parlo io al suo posto”, dice Marisa Grasso che racconta: ”Quando ho visto il cadavere di mio marito potevo impazzire dal dolore e dalla ingiustizia, perché so benissimo che mio marito è morto per quel senso di legge che difendeva, per il suo dovere e per quel senso di giustizia che deriva dalla divisa che indossava. Per questo non posso accettare queste leggi che sono fortemente ingiuste nei confronti del poliziotto e della sua famiglia. Mio marito è vittima del dovere”.
”Quando ho sentito che uno dei due assassini veniva rimesso in libertà – dice la moglie di Raciti – ho riscontrato una ulteriore mancanza di sensibilità” da parte delle istituzioni. “Non può essere riammesso nella stessa città – spiega – in cui vive la famiglia della vittima. Non voglio che i miei familiari, mio figlio, incontri questa persona. Ci vuole una legge che allontani gli assassini dai familiari delle vittime. Mi chiedo se valesse davvero la pena il sacrificio di mio marito”. Lo sciopero annunciato da Tonelli, sarà ”anche contro un procedimento disciplinare” ricevuto in questi giorni e che il sindacalista definisce ”una grave intimidazione”, il tentativo di una ”compressione delle libertà sindacali” che “altera le regole fondamentali del nostro ordinamento e della nostra democrazia”. “Quello che mi è accaduto – spiega il segretario nazionale del Sap – riguarda il destino del nostro Paese. Con la repressione e la mancanza del buon senso non arriveremo da nessuna parte e non riusciremo a costruire niente. Io punto il dito su quelle che sono le falle di sistema che non vogliono essere additate”.