Sul caso di suicidio assistito di una donna paternese – leggi qui – la Procura della Repubblica a Catania ha aperto una inchiesta, affidata al sostituto procuratore Angelo Brugaletta.
A presentare una denuncia alla magistratura è stata la famiglia di Maria (nome di fantasia) dopo avere appreso che la congiunta era andata in una clinica di Zurigo per sottoporsi al suicidio assistito.
Ad assistere la famiglia sono gli avvocati Giuseppe Camonita, Anna Maria Parisi, Marco Tringali – del foro di Catania – assieme all’avv. Francesco Pantaleo del foro di Bari.
E’ probabile che la magistratura proceda ipotizzando il reato di istigazione al suicidio. A differenza di altri casi analoghi, dove quasi sempre c’è qualcuno ad accompagnare il ‘malato’ alla clinica fuori dal territorio italiano, la donna paternese ha fatto tutto da sola. Lo conferma l’incontro casuale avuto da Maria all’aeroporto di Catania con un vecchio amico di famiglia. Quest’ultimo, in un messaggio inviato alla sorella della donna per esprimerle la felicità di avere rivisto Maria, ha involontariamente avvertito la famiglia di quanto stava avvenendo.
I familiari hanno confermato che Maria non aveva malattie gravi. Alla base di tutto ci sarebbe una forte depressione. Maria, a quanto pare, non ha lasciato alcuno lettera o messaggio scritto per spiegare il suo gesto. Avuta conferma dell’avvenuto suicidio assistito, la famiglia di Maria chiede adesso di avere il corpo della donna. Nel proprio testamento biologico, secondo quanto si è appreso, la donna ha chiesto di essere cremata dopo la morte. E questo pare non sia ancora avvenuto. L’inchiesta della procura etnea, con una rogatoria alla magistratura elvetica, dovrà far luce su quanto avvenuto e sul ruolo che uno o più soggetti hanno avuto in questa dolorosa vicenda.