A Paternò, il Consiglio comunale ha approvato all’unanimità – 16 voti favorevoli su 16 presenti – una mozione di indirizzo in tema di legalità che impegna l’amministrazione a promuovere una serie di atti nel segno della trasparenza. Solo che, com’è noto, il capo dell’amministrazione è sotto indagine per voto di scambio politico-mafioso.
Nella richiesta, gli stessi consiglieri sottolineano la delicatezza del momento parlando del coinvolgimento di Nino Naso nell’operazione ’Athena’.
Atti e norme regolatrici che i rappresentanti dell’assemblea cittadina chiedono all’amministrazione dovrebbero essere promossi da un soggetto politico che – secondo la Procura di Catania – s’incontrava in gran segreto con il boss di Paternò. In sostanza, si chiede alla presunta volpe di vigilare affinché le volpi stiano lontane dal pollaio.
Ecco il testo della mozione approvata:
È uno spaccato preoccupante quello che emerge dall’operazione “Athena”, coordinata dalla Procura Distrettuale della Repubblica di Catania e condotta dalle Forze dell’Ordine che ha portato all’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare a carico di numerose persone indagate a vario titolo;
in particolare, oltre a fare luce sulle dinamiche e sugli elementi arrestati ed indagati l’attività investigativa ha fatto emergere la connivenza di alcuni rappresentanti istituzionali locali con esponenti di spicco della malavita organizzata cittadina;
dalle indagini delle Forze dell’Ordine emergono, infatti, anche elementi indiziari in merito alle infiltrazioni malavitose durante le elezioni amministrative scorse a Paternò;
il coinvolgimento di un assessore dell’attuale giunta e dello stesso Sindaco Nino Naso, per il reato di scambio elettorale politico-mafioso deve far alzare i livelli di attenzione e sicurezza in Città, non bisogna mai abbassare la guardia, occorre stare lontani da questo sistema.
è dovere delle istituzioni, a tutti i livelli, porsi come punto di riferimento e baluardo invalicabile di legalità contro ogni forma di criminalità, organizzata e non, anche quando il metodo affaristico sostituisce la violenza con il condizionamento delle attività territoriali, ivi comprese le attività politiche e amministrative;
mai come oggi, riecheggiano attualissime le parole del Giudice Falcone, quando parlava dell’esistenza del terzo livello, “I fatti sono molto più gravi di quello che si possa pensare perché non si è in presenza di organizzazioni malavitose che eseguono ordini che vengono dall’esterno, ma ancora peggio, controllano e dirigono anche le attività che debbono essere di esclusiva pertinenza dello Stato e degli altri enti pubblici”;
la lotta a questo sistema è una battaglia di libertà, che non dobbiamo mai abbandonare, contro la prepotenza e i soprusi, contro il controllo violento del territorio e, soprattutto, contro la politica deviata, che si piega ad interessi particolari e a torbidi accordi;
dispersione scolastica, devianza minorile, disoccupazione e povertà, sono gli effetti del dominio di questo fenomeno asociale e della collusione istituzionale, ma diventano, al tempo stesso, terreno fertile per l’infiltrazione della criminalità organizzata nel tessuto sociale ed economico cittadino;
nessun progetto è stato promosso dall’amministrazione comunale per contrastare la devianza minorile, laddove l’incidenza è più alta: “Casa Coniglio”, nel quartiere di Scala Vecchia e il centro diurno di viale Kennedy, nel quartiere Ardizzone, un tempo punti di riferimento per i giovani più a rischio, sono stati entrambi vandalizzati e chiusi, proprio sotto la giunta Naso; un altro centro, quello accanto la Chiesa di San Biagio, nell’omonimo quartiere, non è mai stato consegnato ai cittadini, nonostante i lavori partiti anni fa con i finanziamenti dei contratti di quartiere;
l’operazione “Athena” e le numerose altre inchieste in corso, da Randazzo a Paternò, da Palagonia a Partinico, da Catania a Palermo, dimostrano come questo sistema continui ad attraversare la politica, le istituzioni e l’imprenditoria siciliana;
oggi, più di ieri, è necessario continuare la nostra lotta quotidiana contro il sistema malavitoso, con gli strumenti più importanti che abbiamo a nostra disposizione: la partecipazione sociale e le competenze;
Per tutto ciò, i sottoscritti Consiglieri Comunali impegnano l’Amministrazione comunale;
ad assumere ogni opportuna iniziativa di competenza volta:
a) a stipulare, d’intesa con la Prefettura e la Procura della Repubblica di Catania, un protocollo per prevenire tentativi di infiltrazioni mafiose e fenomeni corruttivi nei settori degli appalti e delle concessioni pubbliche relativi al comune di Paternò, che preveda, in particolare:
b) l’obbligo per il comune di comunicare tempestivamente alla prefettura, per le verifiche antimafia, i dati sulle imprese che partecipano a gare per appalti di lavori pubblici anche di importo superiore a 250.000 euro;
c) l’obbligo per il comune di comunicare alla prefettura i dati delle imprese che partecipano a gare per appalti di forniture e servizi, individuati come ‘sensibili’, per la realizzazione dell’opera, come, ad esempio, trasporto e smaltimento rifiuti;
d) l’istituzione in prefettura di una cabina di regia per monitorare i possibili indicatori di rischio e prevenire i tentativi di inquinamento del tessuto economico;
e) l’obbligo del vaglio preventivo delle future liste civiche da parte della Prefettura o della Commissione parlamentare antimafia;
f) l’obbligo di rotazione triennale per i dirigenti comunali;
g) ad attivare forme di accompagnamento dei cittadini e delle imprese che subiscono danni o intimidazioni da parte della criminalità alla denuncia, promuovendo l’istituzione di uno Sportello della Legalità, quale punto di ascolto del cittadino su tematiche di illegalità, che possa offrire una prima consulenza legale e rappresentare un punto di segnalazione e coordinamento con le altre forze istituzionali. Lo Sportello della Legalità si porrà come referente ai tavoli istituzionali con la prefettura e le forze dell’ordine;
h) a promuovere tavoli di coordinamento tra amministrazione, sindacati, associazioni di categoria e prefettura sul tema del contrasto alle infiltrazioni, con l’obiettivo di: individuare i settori a maggior rischio di condizionamento criminale tra i titolari di impresa, il riciclaggio, l’attenzione agli appalti pubblici e le altre forme di condizionamento politico- mafioso;
i) a promuovere l’utilizzo e la condivisione dei dati delle amministrazioni pubbliche per il controllo antimafia sulle imprese, attraverso l’individuazione dei vari indici spia elaborati dalla giurisprudenza per identificare le potenziali imprese collegate alle varie organizzazioni (improvvisa ricapitalizzazione; ravvicinati e ingiustificati cambiamenti dell’assetto societario che si manifestano come mutamenti anomali; elevata facilità di accesso al credito; offerta di prezzi notevolmente più bassi rispetto alla media presentata da altre imprese, la c.d. “offerta anomala”; aggiudicazione di gare d’appalto grazie all’interessamento del sodalizio malavitoso in vicende già accertate dalla magistratura che non hanno attribuito una diretta responsabilità penale in capo all’imprenditore; posizione di monopolio raggiunta in determinati contesti e settori);
j) a promuovere software di analisi criminale come strumento di controllo delle imprese a rischio di condizionamento;
k) ad inserire nel Piano triennale di prevenzione della corruzione una specifica norma nella quale si preveda che qualsiasi ente privato che partecipi ad una gara per l’affidamento di lavori, forniture e servizi o che sottoscriva una concessione d’uso o una convenzione urbanistica o che sia soggetto che riceve un finanziamento, un contributo, un’autorizzazione o una concessione, ovvero l’attribuzione di vantaggi economici di qualsiasi genere dichiari il proprio titolare effettivo;
l) a promuovere la formazione dei dipendenti pubblici sui temi di contrasto all’illegalità;
m) ad adottare buone pratiche per il riutilizzo e la valorizzazione dei beni sequestrati e confiscati, con particolare riguardo:
a. al rispetto dell’obbligo di pubblicazione degli elenchi dei beni confiscati, che incentiva le partecipazioni degli enti del terzo settore alla loro gestione e permette un agevole orientamento da parte del cittadino rispetto al lavoro svolto sul tema dall’amministrazione pubblica;
b. all’assegnazione provvisoria dei beni immobili confiscati, in pendenza della fase del sequestro o del primo grado di confisca;
c. l’attivazione di tavoli tecnici tra Tribunale, enti interessati e Comune per la gestione dei beni confiscati, al fine di facilitare il processo di restituzione dei beni alla collettività sin dalla sua fase di sequestro, come previsto dall’art.40, comma 3-bis, del codice antimafia di cui al Decreto Legislativo del 6 settembre 2011 n. 159;
d. alla promozione di consorzi di Comuni per la gestione dei beni confiscati, garantendo così una più sostenibile divisione dei compiti amministrativi e dei costi finanziari di gestione;
e. alla pubblicizzazione dei fondi regionali per la valorizzazione dei beni confiscati;
f. alla promozione dell’amministrazione pubblica come mediatore tra Agenzia Nazionale e i possibili enti affidatari nell’assegnazione del riuso sociale dei beni confiscati, al fine di ridurre i tempi burocratici solitamente richiesti dalle operazioni di riassegnazione;
n) a contrastare la povertà educativa, anche prevedendo l’attivazione di un percorso obbligatorio di formazione che consenta agli insegnanti che operano nei contesti più problematici di trovare, sostenuti dalle istituzioni, soluzioni efficaci contro l’abbandono scolastico.
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