Si è svolto a Catania a palazzo della cultura il convegno organizzato dall’associazione culturale Carlotta X, dal titolo “La professione espressa attraverso il confronto tra la storia dell’architettura e l’innovazione” con la partecipazione straordinaria dello studio romano CHVL di Christian Rocchi e Valeria Caramagno.
L’incontro è stato moderato da Luigi Longhitano, ex presidente dell’ordine degli architetti ppc di Catania e l’evento era patrocinato dal comune di Catania, dall’Ordine e della Fondazione degli architetti ppc di Catania e dalla Federazione Architetti ppc Sicilia. A fare gli onori di casa, il presidente dell’associazione Carlotta X, Alessandro Amaro, Sebastian Carlo Greco presidente dell’Ordine degli Architetti e Irene Donatella Aprile, Soprintendente dei BBCCAA di Catania.
Il tema del confronto era il rapporto tra modernità e storia nel progetto di architettura e durante l’incontro sono stati presentati alcuni casi studio e il quadro normativo sul rischio sismico sul patrimonio esistente a cura degli architetti Salvo Fiorito, Giuseppe Licciardello e il sottoscritto. Esempi e dati utili per perimetrare le criticità e individuare possibili soluzioni tecniche e linguistiche. Quindi come e quando recuperare, restaurare, aggiustare le antiche fabbriche. In questo senso lo studio romano CHVL ha fornito un atlante di progetti ed esperienze di alto profilo e ad ampio spettro tipologico – dal restauro all’innovazione tipologica – arricchendo il patrimonio dei saperi dei partecipanti.
Bisogna prendere atto che il patrimonio edilizio esistente – storico e contemporaneo – è in gran parte obsoleto. E per questo merita una particolare attenzione normativa, tecnologica e compositiva. Le criticità che emergono incidono sull’attribuzione di valore economico e storico e individuare possibili strategie è indispensabile, ma dopo una riflessione condivisa e trasversale sullo statuto dell’architettura e sulle ragioni del restauro/recupero. Irene Donatella Aprile – Soprintendente ai BBCCAA – ha subito messo a nudo una delle maggiori criticità: la mancanza di coraggio progettuale nelle trasformazioni della città storica. Un tema di non facile definizione ma che impone un ragionamento collettivo. Bisogna rimettere al centro il progetto, evitando i fanatismi. Non significa “liberi tutti” ma riprendere a disegnare “ad hoc”, caso per caso, come un sarto, rimettendo al centro la storia, la materia, l’uomo e le sue tecnologie coerenti.
In questo senso è necessario riprendere un dialogo serio con le università, per definire un comune ambito di ricerca. Inserendo le professioni nel ciclo formativo, trovando il modo per creare quella polarità di scopo che professioni, università, ricerca, committenti e aziende devono trovare all’interno dei tematismi strategici. Oggi serve capire come recuperare, cosa, quando e persino nello scarto temporale tra abbandono e rifunzionalizzazione. Definire una volta per tutte che conservare tutto significa non conservare nulla. Comprendere che il divario più evidente oggi, stà proprio nello scollamento tra formazione specialistica e professione. Nella mancanza di coerenza tra le necessità di definire soluzioni per le criticità attuali e future e l’impegno a esplorare territori fabulosi. Il tema della sostenibilità – spesso strumentalizzato – dovrebbe essere al centro del mestiere dell’architetto ma con un rigore etico-morale tale da eliminare gli approcci di “maniera”, privilegiando la “sostanza” del termine sostenibilità.
La Comunità Europea ci chiede maggiore attenzione alle criticità energetica il territorio ha una necessità più orientata verso la sicurezza. Adeguare, riconfigurare, rimodellare, restaurare, ristrutturare, allineare, devono essere azioni contestuali, localizzate, rispettose della cultura del luogo. Non significa “provincialismo” o “vernacolarismo”. Al contrario, è la necessità di contestualizzare sul piano tecnologico e culturale l’atto del progetto di architettura. Seguendo alcune indicazioni etiche che lo stesso Papa Francesco suggerisce nella sua ormai famosa Enciclica Laudato Sii sul rapporto tra tecnologia e uomo. Per evitare le finte sostenibilità o peggio ancora quelle che vengono praticate sulla pelle ecologica di altri paesi. Ma serve una normativa di supporto, una fiscalità vantaggiosa ma non dopante (bonus). Serve anche un sistema di calmierazione dei prezzi che avvantaggi le azioni inquadrate nel perimetro delle priorità reali.
Quali sono i temi del futuro? I campi di azione e le tecnologie? Bisogna distinguere tra patrimonio storico e contemporaneo, ma entrambi hanno come luogo privilegiato che è la città, che nel frattempo cresce e si modifica. Il tema è oggi quello di definire un nuovo rapporto tra città e natura, tra riparazione e sostituzione, tra innesto e rivestimento, tra monumentalizzazione e metamorfosi, tra eticità e mercato. Su questo dobbiamo interrogarci insieme.
Ma mi preme sottolineare un paradigma sul nostro rapporto con il patrimonio esistente storico. Necessario prima di intervenire, ancora prima di interrogarsi sul da fare.
Le fabbriche antiche – in particolare quelle dirute, abbandonate e isolate – sono come organismi che hanno perso la loro funzione primaria: farsi abitare, accogliere, proteggere. La loro anima – che noi uomini chiamiamo in mille modi – si è ormai persa. L’uomo l’ha abbandonata, delusa, violentata, offesa. La fabbrica torna in questo modo allo stato selvaggio. Diventa irriverente e maldestra. Dispettosa, verso chi la visita occasionalmente o chi ne ha il compito di ricomporla. Proprio per questo, il restauro o meglio la sua rigenerazione ha bisogno di tempi e di modi. Si tratta di rieducare un corpo (di fabbrica) alla presenza dell’uomo. In qualche modo deve tornare a fidarsi di lui. In questo senso le azioni preliminari al restauro devono essere miti, docili, delicate. Si tratta di ricostruire un rapporto. Ovviamente lei farà resistenza ma noi dobbiamo parlarle, accarezzarla, farla sentire viva. Ricordare le sue storie, le sue avventure e capire se è disposta a farsi attraversare dalla contemporaneità. Credo che Carlotta Reitano sia stata un seme che comincia a germogliare bene, per noi, per le città, per chi la ricorda.