Un dolce al pistacchio sul Lago Maggiore per scoprire il raggiro: il pistacchio non è Dop, si tratta di una frode in commercio. I carabinieri del Nas, il nucleo antisofisticazioni e sanità, sono discesi per li rami della filiera produttiva dopo avere controllato per prima un’azienda commerciale della città lacustre. L’etichetta, per obbligo di legge, deve dichiarare la provenienza del prodotto. Una tracciabilità il cui obiettivo è quello di informare e rassicurare il consumatore finale. Chi si fregia del marchio Dop non avendone diritto commette un reato. Da Verbania i carabinieri sono stati rimandati ad un’azienda biellese specializzata nella produzione di preparati e semilavorati destinati alle industrie dolciarie. L’azienda biellese, che a Verbania aveva venduto il pistacchio, aveva avuto la materia prima da una piccola ditta di Bronte che non aderisce al Consorzio di tutela del pistacchio di Bronte e non può, quindi, mettere in commercio pistacchio con il marchio di qualità. La ditta brontese, secondo quanto hanno scoperto i carabinieri del Nas, aveva venduto all’azienda biellese quattro partite di pistacchio, ciascuna di 400 chilogrami. La titolare della ditta bronte, una donna di 22 anni, è stata denunciata all’autorità giudiziaria.
Nel 2010, una indagine della Procura di Catania, aveva sequestrato 3,5 tonnellate di prodotto non conforme al marchio Dop. Il pistacchio, in pratica, veniva da alberi provenienti dall’estero e non rientrava tra quelli della filiera Dop.
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