Il carabiniere, indicato nei giorni scorsi come l’autore del video che riprendeva la giudice Iolanda Apostolico a una manifestazione di protesta al porto di Catania contro le politiche migratorie del governo, ha negato di aver girato il filmato.
Ieri attraverso il suo legale, oggi in prima persona davanti ai pm che indagano sulle riprese il militare: sentito come persona informata sui fatti per oltre 90 minuti dal procuratore facente funzioni, Agata Santonocito, si è sfilato negando di aver mai confessato di aver ripreso le immagini e quindi aver ritrattato alcunché come sostenuto dal sottosegretario all’Interno Molteni nei giorni scorsi.
Una testimonianza, quella del militare, non indagato e che si è presentato a Palazzo di Giustizia senza il suo legale, l’avvocato Christian Petrina, che rende ancora più intricato il giallo del video postato dal vicepremier Matteo Salvini dopo la prima decisione della giudice, lo scorso 29 settembre, di non convalidare i trattenimenti di 4 richiedenti asilo tunisini. «Chi me l’ha dato? L’unica mia preoccupazione è quello che si vede. Ognuno nella sua vita privata – ha affermato il vicepremier a una manifestazione del Lega-Mpa a Palermo tornando a chiedere la riforma della Giustizia – fa quello che vuole però aver visto un giudice essere in piazza in mezzo a gente che dava degli assassini e animali ai poliziotti non mi lascia tranquillo. Chi ha girato le riprese non mi interessa, mi stupisce che questo giudice continui a fare il suo lavoro sullo stesso dossier liberando immigrati che i questori vogliono trattenere. Dio non voglia che uno di questi clandestini compia un atto di violenza».
Il senatore del Pd Filippo Sensi attacca il ministro: «Il video postato da Salvini, dunque, non lo ha fatto il carabiniere, non è della polizia. E allora? Come ci è finito nella timeline del vicepresidente del consiglio? Da chi l’ha avuto? Chi lo ha girato? Non bastano audizioni e question time a far emergere la verità. Che vergogna».
Il tribunale di Catania, intanto, seguito da quello di Potenza, continua sulla linea inaugurata da Apostolico non convalidando altri 5 trattenimenti. Salgono dunque a 19 i provvedimenti del questore di Ragusa bocciati dai magistrati etnei che hanno disapplicato il decreto Cutri e ritenuto i fermi contrari alla Costituzione e alla normativa Ue.
Sempre da Palermo delle vicende catanesi ha indirettamente parlato il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. «Il parametro per il giudice – ha detto – non è la condivisione o non dei contenuti della norma che è chiamato ad applicare: a meno che non dubiti motivatamente della sua coerenza con la Costituzione. Non compete alle Corti né l’invenzione del diritto, né la teorizzazione della maggiore idoneità della procedura giudiziaria a comporre quei conflitti che richiedono esercizio di discrezionalità politica, né la sostituzione a organi nazionali o sovranazionali nel qualificare le relazioni fra gli Stati. Compete alle Corti esprimersi in nome del popolo italiano, non in vece del popolo italiano».
Sulle tensioni politica-magistratura ha cercato di gettare acqua sul fuoco invece il vicepresidente del Csm Fabio Pinelli, anche lui oggi a Palermo: «E’ necessaria una pacificazione – ha sottolineato – un dialogo fruttuoso alla ricerca e alla costruzione di un sistema giudiziario il più possibile condiviso, che disegni compiutamente un nuovo modello di giustizia in una moderna liberal democrazia del XXI Secolo».