Architetture silenti del XX secolo: il paesaggio dimenticato di Paternò

Architetture silenti del XX secolo: il paesaggio dimenticato di Paternò

Esiste un patrimonio di bellezza che spesso sfugge alle nostre attenzioni.

Architetture silenti del XX secolo: il paesaggio dimenticato di PaternòSiamo – giustamente – attratti dalla storia, dalle sue testimonianze più evidenti. Nelle città d’arte, nei piccoli borghi, lungo i sentieri del paesaggio italiano. Ruderi, palazzi, scorci di antiche città e ancora pitture, sculture senza fine in ogni tempo, prevalentemente storiche, antiche.
Non esiste una città italiana che non custodisca almeno un pezzettino di storia. Come la stessa Paternò, ricca di monumenti, di opere d’arte, di scenari mozza fiato, di tradizioni millenarie. Una città dai tanti volti, custode di tesori di ogni tempo, che rimandano a culture autoctone o venute da lontano. Ma che non riesce spesso a valorizzarli, a promuoverli oltre le sue mura. Quasi inconsapevole del suo valore, delle sue potenzialità. Ogni giorno può capitare di scoprire nuove corrispondenze, nuove relazioni o figure storiche che hanno attraversato la sua storia, opere incantevoli ma nascoste dall’oblio. Se ci pensiamo bene, solo recentemente abbiamo scoperto di avere sottomano pitture di Sofonisba Anguissola e Antonello Gagini, per anni sottovalutati. Una lista senza fine, più volte enunciata e reclamata, ma certi silenzi sono sempre ricorrenti, come se non interessasse a nessuno. L’acropoli di Hybla Major ancora attende risposte strutturali e non estemporanee. Approfondiremo un’altravolta.

Lo sguardo di oggi è verso quel patrimonio di arte e architettura prodotta a partire dal ‘900, fatta di opere in qualche caso scomparse o prossime a questa fine. A partire dalla villa Ronsisvalle di Francesco Fichera, esempio di Liberty nella parte alta di via G.B. Nicolosi, oggi sostituita da un enorme condominio. O i tanti esempi, sempre in stile Liberty e Decò, che caratterizzano alcune vie della città come il Cassero Vecchio (oggi via Garibaldi) e il Cimitero Monumentale. Abbandonati a sé stessi e mai studiati e valorizzati, in attesa di una trasformazione impropria.
Non affondiamo il coltello sulla produzione delle arti visive e plastiche. Da Michele Cannavò a Barbaro Messina. Da D’Inessa a Indaco. Opere, personaggi, testimonianze dimenticate, costrette ad elemosinare attenzioni come mendicanti. Il mercato delle promesse mai mantenute, il ricatto dell’eternità artistica (personale) barattato con qualche “regaluccio” – ovviamente e puntualmente disatteso.
Alcune figure, tra tutti, emergono come quella degli architetti Alfio Fallica e Carmelino Borzì. Le loro opere sono già nell’elenco informale delle cose da dimenticare. Basti pensare all’ospedale Santissimo Salvatore e all’albergo Sicilia, progettate da quell’Alfio Fallica che ha l’onore di essere presente dell’Enciclopedia Treccani.Ma se guardiamo come è ridotto l’albergo Sicilia, le attenzioni della Città Metropolitana di Catania, le rocambolesche vicende dell’acquisto e della rinuncia all’acquisto di questi anni, viene da chiedersi se siamo meritevoli di gestire un patrimonio architettonico che in altri contesti è valorizzato e tutelato. Desideriamo fare un rapido elenco: di Carmelino Borzì la chiesa di San Michele, alcuni palazzi, la chiesa di San Biagio, il palazzo di ferro, denominato profeticamente nuova acropolis. E che dire della chiesa dello Spirito Santo, dell’istituto Mamma Provvidenza e quello di Don Orione (alla Consolazione). Senza dimenticare la città giardino del Parco del Sole nella zona Ardizzone con al sua torre e il parco adiacente.

Architetture silenti del XX secolo: il paesaggio dimenticato di PaternòEsistono altri esempi come alcune residenze popolari dagli anni ’60 ad oggi. Lungo corso del Popolo, nella mezza luna e di fronte l’ospedale. Insieme alle opere di Francesco Minissi sull’acropoli. Anche se di parte, perdonatemi, desidero citare anche il complesso conventuale di San Francesco sull’acropoli che ha visto come protagonista anche Pasquale Culotta, forse uno degli ultimi maestri dell’architettura siciliana.
Sono solo alcune delle opere presenti in città, che forse meritavanopiù attenzioni da parte del Ministero della Cultura che ha realizzato recentemente un primo censimento, forse c’è ancora tempo per integrare. Questa è la speranza. Resta il fatto questa è la cosa più triste, che la città dimentica, non costruisce identità, cancella la memoria, forse dovrebbe farlo dedicando piazze e vie a questi uomini illustri, ma se ci pensiamo bene, anche i busti degli uomini illustri della città, quelli che educavano i visitatori alla villa comunale, sono spariti, chissà dove sono sepolti, in quale casa o magazzino? Dimenticanza o nascondimento?
C’è da chiedersi che fine faranno i personaggi di oggi tra qualche anno? Quelli che dimenticano e cancellano. Quelli che fanno sparire statue, fontane, alberi e memoria. Che fine hanno fatto gli scritti di Barbaro Conti, i quadri della galleria d’arte moderna, la fontana di via Verga? Il silenzio è la risposta più frequente, il silenzio dei colpevoli, degli ignavi, dei mediocri. Quelli che non hanno nulla da lasciare ai posteri.
Camminando per strada, in una di quelle vie dove sorgeva la fabbrica di mattone di mio nonno- ciccittu u stazzunaru – nel quartiere “ochianu e canni” osservo un’opera, proprio di quel Francesco Finocchiaro, andato a miglior vita a novantaquattro anni, dopo aver avuto con sua moglie, nonna Nina, undici figli.

Meriterebbe una menzione per la qualità dell’architettura proposta.

Un esempio di intervento complesso in un lotto d’angolo stradale risolto brillantemente da autodidatta. Allora penso che ci possano essere tanti altri esempi di qualità architettonica in città che andrebbero studiati e valorizzati, attraverso l’esperienza del camminare.
C’è una bellezza diffusa che merita di emergere ancora. Ma dal romantico “Gran Tour” di Goethe e Houël, siamo passati al turismo dei “Food Porner” che propongono nuovi modi di vedere e vivere la città, offuscando le bellezze artistiche e culturali a tutto vantaggio delle stravaganze enogastronomiche in formato XXL.
Dimenticare o ricordare? Camminare o correre? Guardare o vedere? Se continuiamo a “non vedere” finiremo per non esistere più, invisibili al mondo, spariti dai radar, come avviene spesso di questi tempi. Non siamo presenti in molti cataloghi, in tanti indici dei nomi, mai citati e catalogati. Quasi dei fantasmi. Da chi dipende?

Architetture silenti del XX secolo: il paesaggio dimenticato di Paternò

Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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