
«Dare lavoro significa dare speranza a una persona, alla sua famiglia, a una città, ma dare soprattutto un lavoro che sia libero e che riconosca tutti i diritti».
Ad affermarlo l’arcivescovo di Catania mons. Luigi Renna, che è anche presidente della commissione Cei per i Problemi sociali e il lavoro, ospite de «L’Intervista» su Rei Tv.
«L’impegno della Chiesa di Catania – ha aggiunto – è di lunga data nei confronti del mondo del lavoro e delle questioni sociali, cerchiamo di dare degli indirizzi che però si scontrano con un tessuto che nella nostra Sicilia ha tante contraddizioni. La contraddizione di un lavoro di alta qualità, penso a quello di una grande industria, l’StMicroelectronics, che purtroppo adesso sta vivendo un passaggio critico che speriamo sia superato, e poi quella delle tante persone che vivono nel precariato. I giovani si affacciano al lavoro con una certa timidezza, superando il gap di una dispersione scolastica che può frenare il loro futuro, ma tante volte affidandosi semplicemente a corsi che non permetterebbero, a mio parere, un’allocazione professionale su tutto il territorio».
«Le morti sul lavoro non devono essere considerate una fatalita’, quasi una percentuale che si può tollerare». Così l’arcivescovo di Catania mons. Luigi Renna, che è anche presidente della commissione Cei per i Problemi sociali e il lavoro, ospite de «L’Intervista» su Rei Tv. «Abbiamo – ha sottolineato – due grandi mezzi di prevenzione: quello dell’ispettorato del lavoro che è chiamato a verificare costantemente, a sanzionare e le sanzioni devono portare però a una maggiore responsabilizzazione e, il secondo, quello della formazione dei lavoratori che tante volte rimangono anche all’oscuro di determinati pericoli a cui possono andare incontro. Il fenomeno delle morti bianche addolora tutta la società civile, viene colpito il lavoratore, spesso chi vive delle professioni più logoranti, più esposte, e viene colpita la famiglia, a volte anche monoreddito. Un’inversione di tendenza è possibile perché gli strumenti in Italia ci sono e devono essere più esigenti sia gli ispettori sia le imprese».