
Il grande dilemma è chi ha veramente partorito e cosa.
Ormai non si parla d’altro al caffè Prestipino, nella piazza Duomo di Catania. Politici, giornalisti e amministratori, associazioni e partiti, tutti insieme appassionatamente, mancano solo i due “Liocorni”. In effetti qualcuno manca all’appello, forse più di qualcuno. Silenti, dietro il sedere dell’elefante, nascosti dagli occhi indiscreti in attesa di capire, come il “gatto e la volpe”. Qua e là, tecnocrati sempre in attesa di qualcosa, faccendieri vestiti di nero, dalle scarpe eleganti. Serve la penombra per questi attori misteriosi, le luci spente, i microfoni prestati ad altri, dalla voce più squillante.
Ma il nuovo piano del porto è pronto a salpare. Pronto, prima di tanti altri strumenti di governo, indispensabili per definire le regole d’ingaggio tra la “civitas” e l’autorità portuale. Per capire l’annoso dilemma che turba la città da molti anni, dove finisce la città reale e dove comincia l’eterotopia della nave. Il tema principale è il limite, il confine, il bordo, tra città e porto, tra struttura e infrastruttura, tra la storia e il futuro.
Concorsi, progetti, speranze e sogni. Un atlante, ormai secolare, di buoni proposti, di piani e strategie. Tutti mossi dal desiderio di ricucire il rapporto tra la città di pietra con la città dell’acqua. Disegnati e ridisegnati da illustri personaggi da almeno tre secoli. Come matti, a lavorare dentro una sfera di cristallo senza confrontarsi tra pari, nel tempo e nello spazio. Ognuno con una sua idea geniale sopra le altre. Nel frattempo, come spesso avviene da queste parti, ci siamo dimenticati di Oriol Bohigas, architetto e urbanista Catalano, che aveva immaginato il water front di Catania, declinando secondo la logica del progetto di architettura nella dimensione urbana, il bisogno di pensare alla ricongiunzione tra le parti in causa, la terra e l’acqua come a Barcellona in Spagna, ma dal 2021, l’architetto non c’è più, amen. Anche Park Associati avevano detto qualcosa. Ma gli obiettivi urbani erano chiari a tutti? Non siamo sicuri.
Al netto dei tecnicismi specialistici, che un progetto di infrastruttura portuale impone, non rimane che osservare, ancora una volta, per l’ennesima volta, dopo un coro di voci, emerse da piazza duomo e da piazza università a Catania, le criticità del piano regolatore del porto (PRP) o del piano urbanistico generale (PUG). Il primo già disponibile alle osservazioni, il secondo speriamo presto. È proprio questa la prima criticità, i due strumenti non dialogano, hanno il compito di gestire un confine, l’attraversamento e la sosta. Perché, proprio il limite tra le due aree – sempre separate –coincide con la linea di mobilità principale, che collega i nodi aeroportuali e autostradali, la città industriale e le aree balneari, gli spazi commerciali e le città del sud ovest della Sicilia con il centro storico, la città novecentesca e quella contemporanea fino ai Faraglioni di Acitrezza, passando per la stazione ferroviaria.
Per farla breve una matassa urbanistica, dove l’imbuto urbano – costituito proprio dalla strozzatura del porto – è il vero nodo da sciogliere presto e bene. Senza dimenticare le due emergenze naturalistiche: il fiume Acquicella e le scogliere di D’Armisi, non si può prescindere dalla loro tutela e valorizzazione La Soprintendenza ai Beni Culturali di Catania si è espressa chiaramente. Non appare chiaro, per mancanza di approfondimento, come vengono risolte le criticità già evidenziate. Ma non lo dice ma lo fa intendere, rimane aperta la vicenda “confine amministrativo”, cioè l’area dentro la quale ha potere l’autorità portuale. Forse bisognava ripartire dal progetto di limite – disegno urbano integrato – e da questo far determinare una nuova linea di confine per rideterminare la proprietà fondiaria. Senza questo passaggio, ogni possibile ragionamento impatterà contro un muro di gomma. E senza un piano che permetta la simbiosi tra terra e mare, tra tessuto urbano e le attrezzature del mare, come evidentemente è presente in quella “rambla” di Barcellona che diventa port Vell in mare. Non mancano gli esempi in giro per il mondo.
C’è poi la questione della vocazione, delle strategie alla scala geografica. La città con cui ci confrontiamo è quella che da Malta arriva, passando per Siracusa, Augusta arriva a Messina e Reggio Calabria. Quella che ci piace chiamare “la città di Levante” che ha come baricentro geografico regionale proprio Catania. Quella strada che oggi, continuando verso nord arriva fino in Norvegia, con la E45. Capite che un imbuto ai margini della città storica, perla del barocco siciliano, laboratorio del grande Giambattista Vaccarini e teatro di eruzioni Pliniane e terremoti catastrofici, non è proprio rassicurante. Ma il piano paesaggistico, il piano territoriale regionale, ecc. si parlano tra loro?
Quindi dobbiamo forse allargare la via Domenico Tempio, verso il porto e attrezzarla con parcheggi e parchi? Gestire il nodo Acquicella tra strade e fiume? Sfondare alcune direttrici viarie fin dentro il mare? Interrare la ferrovia, la stazione e la strada a grande percorrenza che costeggia il porto? Tutelare la scogliera per farla fruire dai bagnati? Spostare l’hub commerciale principale verso Augusta? Definire un programma di interventi con architetture iconiche di qualità, che diventino attrattive di bellezza? Forse i privati devono essere coinvolti dentro un quadro definito di opportunità decise a monte dalla Civitas?
Si legge tanto in questi giorni. Si legge, si commenta, si racconta, ma alcune questioni sembrano essere taciute come gli interessi di parte e non della collettività. Ma servono proposte, visioni, idee. Adesso, sul tavolo del piano.
Nel frattempo, 15 emendamenti presentati da due Gruppi Consiliari (Fratelli d’Italia e Trantino Sindaco) – alcuni dei quali condivisi dall’Amministrazione – difendono la scogliera di D’Armisi e la foce del fiume Acquicella; chiedono nuove soluzioni per via Domenico Tempio per migliorare il traffico veicolare e il deflusso delle acque. Un primo passo importante, la strada da seguire. Forse qualcosa comincia a funzionare. Ma c’è ancora tanto da fare per migliorare quella parte di città.
Ma soprattutto serve leggere gli atti e i documenti pubblicati nel sito ufficiale del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (https://va.mite.gov.it/it-IT/Oggetti/Documentazione/10823/16143). Ora la domanda è: ma che fine hanno fatto i tanti attori di questo dibattito? La montagna ha partorito il topolino? O forse il parto è complicato.