Catania, a qualcuno…piace Mozart: al ‘Bellini’ un raffinato ed elegante ‘Don Giovanni’

Catania, a qualcuno…piace Mozart: al ‘Bellini’ un raffinato ed elegante ‘Don Giovanni’

Per portare in scena il Don Giovanni, in scena dal 7 al 15 marzo, il Teatro Massimo Bellini ha scelto di riproporre l’allestimento che nel 2008 fu ideato dallo scenografo Ezio Frigerio e dalla costumista Franza Squarciapino, affidandone la regia a Davide Garattini Raimondi.

L’ambientazione dettata da questa scenografia e dai costumi sposta le vicende del Dissoluto seduttore dal magnifico Settecento di Da Ponte e Mozart agli anni Venti del Novecento. Da qui è dovuta partire la regia, necessariamente.

A questa necessità, Garattini ha aggiunto la sua virtù. Una virtù piuttosto fantasiosa che si è permessa alcuni arbitri poco legittimi, se si pensa che la partitura di Mozart, insieme al libretto di Da Ponte, è così fortemente coerente col secolo che rappresenta da comprendere la struttura musicale di un melodramma che non è ancora quello dell’Ottocento, rimane fortemente ancorato al genere dell’opera buffa, è carica di recitativi, strizza l’occhio alla commedia e al meta teatro (bisognerebbe vedere il cembalo in scena), vive di fraseggi. I temi trattati, poi, sono fortemente legati a quel contesto storico (l’opera è del 1787), ai cambiamenti sociali e antropologici dell’epoca che, se è vero che l’analisi sui caratteri dei personaggi è universale, è pur vero che il conflitto tra ruoli sociali e quello tra uomo e donna, il giudizio morale, il libertinaggio, la dimensione del sovrannaturale, sono esplicitamente il ritratto di un’epoca, quell’epoca.
Il regista ha dichiarato di voler mettere in evidenza come gli anni Venti abbiano avuto caratteristiche assimilabili al XVIII secolo; in modo particolare ha pensato all’atmosfera di alcuni film, citando in conferenza stampa il grande capolavoro di Billy Wilder A qualcuno piace caldo. Il taglio che ne ha voluto ricavare aveva l’ambizione di essere dinamico con grandi cambiamenti di azione. Il film ha posto al regista alcune suggestioni che sulle scene del Bellini di Catania si sono concretizzate con situazioni, scene, oggetti, ma soprattutto, con un finale, decisamente originali.

Non ci ha turbato troppo la presenza, in apertura di sipario, di una bellissima automobile d’epoca, elegante e lussuosa attorno alla quale Leporello canta la sua prima aria “Voglio fare il gentiluomo”, né che Don Giovanni uccida il malcapitato Commendatore con un cacciavite, né il catalogo delle donne amate raccolto in un album di foto, né le cabine dello stabilimento balneare, nemmeno la sigaretta accesa nervosamente da Donna Anna o altre bizzarrie del genere, ma la complessiva interpretazione complessiva.
Quello che nel melodramma è necessario come segno di rispetto per musicisti e librettisti è l’attenzione al testo, ai versi e alla musica. Sembra un’ovvietà -evidentemente non lo è- ma il teatro musicale dovrebbe sempre fare i conti con le esigenze tecniche del canto e con quelle artistiche di un prodotto già sovracaricato di stratificazioni. Nel caso del Don Giovanni la stratificazione passa per Tirso de Molina e arriva a Moliere, transita per il coreografo Gasparo Angiolini e arriva a Da Ponte che ne scrive i versi lavorando insieme a Wolfang Amadeus Mozart. Dovrà, poi, ogni volta, essere riletto dal direttore d’orchestra, dal maestro del coro e dai cantanti. L’ulteriore livello di contaminazione della regia che deve lasciare il segno è ormai consuetudine nel panorama della lirica, ma stona sempre, soprattutto a chi conosca il libretto, o si limiti a leggere le sovrascritture. Il convitato di pietra è, forse, il vero protagonista dell’opera (dove Don Giovanni, anche musicalmente, non è la figura centrale), attorno al quale la vicenda “giocosa” si fa tragica e il moralismo si fa condanna. Da Ponte suggerì il sottotitolo Il dissoluto punito. Nel finale del Maestro Garattini, come già nella scena dell’invito a cena, in un cimitero trasformato in un funerale, la statua diventa luce, intelligente trasposizione metafisica dell’idea che la presenza non sia tangibile e questo ci è sembrato molto suggestivo, ma la discesa agli inferi di Don Giovanni che finalmente diventa eroe, è coraggioso e affronta il suo destino giusto, non può diventare una vendetta dove viene giustiziato da sicari. E non possiamo tacere sulla “marmorea testa” che dà l’assenso all’invito a cena che diventa una fotografia sulla bara.
L’opera finisce con un epilogo in cui i personaggi avanzano sul proscenio e spiegano la morale della storia, secondo la versione praghese, con il concertato finale in re maggiore che contiene la morale conclusiva: “Questo è il fin di chi fa mal: /E de’ perfidi la morte/Alla vita è sempre ugual”.

Don Giovanni è il maschio narcisista che incarna il destino del conquistatore che non conosce e non capisce le donne, le vuole possedere e umiliare riducendole alla propria misura. E’ già così forte l’universalità del messaggio, utilizzata da Soren Kierkegardper individuare un tipo preciso di uomo, che i revolver in scena, i boa di pelliccia, le automobili, le fotografie…. possono solo distrarre e, leggermente, fare sorridere.
Lo spettacolo resta magnifico nella sua eleganza perché i costumi della Squarciapino, premio Oscar per il film Cyrano nel 1991, insignita con il riconoscimento del Premio “Teatro Massimo Bellini” dall’Ente lirico catanese, proprio la sera della prima, e le scenografie sono innegabilmente belle e sontuose. La cifra particolare di ogni dettaglio è la raffinatezza, il gusto dei colori, la morbidezza dei tessuti. Per questo l’impatto complessivo è gradevole all’occhio dello spettatore.
Il cast, eterogeneo per esperienze e formazione, ha dato prova di grande professionalità. Tutti gli artisti in scena hanno modulato vocalità e personalità all’altezza dei ruoli. Ci è piaciuto molto il tenore, giovanissimo, Valerio Borgioni nei panni di Don Ottavio, moltissimo Desiree Rancatore, che abbiamo già tante volte apprezzato qui a Catania, nei panni di Donna Anna, e Albane Carrere, Zerlina. Al di sotto delle aspettative, ce ne duole, Markus Werba, Don Giovanni, e il basso Christian Senn, Leporello.

L’orchestra del Teatro Massimo Bellini, – così pure il Coro diretto dal maestro Petrozziello- come sempre, appassiona e coinvolge, tanto più stavolta ha dato prova della profonda preparazione di tutti gli elementi, malgrado una direzione, affidata a Beatrice Venezi che per la seconda volta viene a Catania a dirigere Mozart dopo Le Nozze di Figaro, sentita come monocromatica e debole.
Si tratta, comunque, sempre di Mozart e la sua musica, soprattutto nell’overture, è un balsamo per l’anima, un detonatore per l’intelletto. E piace sempre, Mozart.
FOTO DI GIACOMO ORLANDO

Secondo spettacolo della Stagione 2025 al Teatro Massimo Bellini il DON GIOVANNI di Mozart.
Dramma giocoso in due atti, su libretto di Lorenzo Da Ponte.  Direttore Beatrice Venezi. 
Regia Davide Garattini Raimondi. Scene Ezio Frigerio, costumi Franca Squarciapino
Maestro del Cembalo Francesco Massimi, Maestro del Coro Luigi Petrozziello
Allestimento del Teatro nazionale georgiano di Tbilisi e della Maestranza di Siviglia.
Don Giovanni Markus Werba, Donna Anna Desirée Rancatore, Don Ottavio Valerio Borgioni, Il Commendatore Andrea Comelli, Donna Elvira Jose’ Maria Lo Monaco, Leporello Christian Senn, Masetto Alberto Petricca ,Zerlina Albane Carrere.
Orchestra, Coro e Tecnici del Teatro Massimo Bellini

Loredana Pitino

Riguardo l'autore Loredana Pitino

Mater, magistra, mulier. Cresciuta dentro il Teatro Bellini che considerava il suo personale parco giochi. Appassionata di teatro e cinema, un tempo aspirante attrice, affamata di tutto quello che è arte e rappresentazione perché la vita è teatro e possiamo capirla solo con la lente della finzione. Docente maieutica. Malinconica come Pessoa, sognatrice come Fellini, cinica come Flaiano. Sempre in cammino, sempre senza meta. Illuminista, prof-letaria.

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