Biancavilla e la sfilata Arbëreshë, parla Graziella Milazzo: “Segno d’identità di un popolo”

Biancavilla e la sfilata Arbëreshë, parla Graziella Milazzo: “Segno d’identità di un popolo”

La rievocazione Arbëreshë è ormai, a Biancavilla e nel resto dell’Isola, un evento immancabile da quasi sette anni a questa parte.

“L’istituto centrale per il patrimonio immateriale l’ha inserita tra le rappresentazioni nazionali di rilevanza culturale. Anima della sfilata che celebra gli albanesi d’Italia è la professoressa Graziella Milazzo, laureata in scenografia all’Accademia di Belle Arti, che è oggi direttrice artistica dell’associazione Arbëreshë di Biancavilla.

Com’è nata l’idea di dare vita alla rievocazione Arbëreshë?
RSin da giovane mi sono occupata delle Feste Aragonesi a Montalbano Elicona (ME), città d’origine di mia mamma; poi col tempo persone a me vicine hanno iniziato a propormi di fare qualcosa di simile anche qui a Biancavilla, ma ancora non riuscivo a trovare dei legami storici da cui partire, qui non ci sono dei collegamenti visibili col passato – come può essere il castello di Paternò o quello di Adrano – che mostrano ancora oggi il legame con le loro origini. Fino a quando – in
collaborazione con i soci dell’Associazione Maria Santissima dell’Elemosina – mi è venuta in mente l’idea di raccontare la storia delle origini di Biancavilla, un racconto che ripercorresse il modo in cui l’icona della Madonna è arrivata con gli albanesi e ha scelto di stanziarsi in questo territorio alla fine del millequattrocento.

Come si è snodata la ricostruzione della storia?
Si tratta di una ricostruzione diversa dalla classica storia del costume medievale. Si è trattato di
una ricerca approfondita, per quel che possibile, nei pochi libri e documenti a disposizione per poter riuscire ad ottenere una riproduzione quanto più fedele possibile a quella che era la realtà greco-albanese del tempo. I costumi erano molto diversi rispetto a quelli delle altre rievocazioni già esistenti, per questo c’è stato bisogno di prestare molta attenzione a tutti i dettagli. Molto spesso, (sorride nel ricordarlo ndr.) le signore mi chiedono quali gioielli possono indossare, perché all’epoca ancora molte pietre non erano lavorate quindi si andrebbe fuori tempo, per questo dico di indossare le perle, così vanno sul sicuro (ride). Oltre a ricostruire la storia della fondazione di Biancavilla con tutte le famiglie di albanesi che sono migrate, viene mostrata anche la figura di Scanderbeg come omaggio al grande condottiero albanese – nonostante non abbia avuto concretamente a che fare con Biancavilla.

Chi ha disegnato e poi realizzato gli abiti usati per la sfilata storica?
Sono state necessarie cinque sarte professioniste per riuscire a confezionare circa cinquanta abiti realizzati ex-novo, seguendo i bozzetti che avevo preparato io stessa secondo le ricostruzioni ottenute dalle numerose ricerche che ho fatto. Ogni abito è disegnato con cura fedele quanto più possibile a quella che era la realtà del tempo, rispettando i colori e i dettagli delle varie caste familiari. Anche i tessuti che abbiamo usato sono stati scelti appositamente secondo l’epoca di apparenza: per quanto riguarda i colori, ad esempio, il rosso porpora era un colore riservato alle famiglie più nobili, mentre il rosso indossato dal popolo era un rosso più sbiadito, ottenuto attraverso un processo di tintura più economico e accessibile anche alle caste meno abbienti.

La sfilata segue un ordine d’uscita ben preciso?
Certo, l’ordine è importante anche per dare sicurezza a tutti quelli che partecipano alla rievocazione, molto spesso facciamo anche delle prove prima, in modo tale che tutti sappiano come devono comportarsi una volta iniziata la sfilata, quali sono i tempi che si devono rispettare, chi deve partire prima e chi dopo. Ad aprire il tutto c’è il primo gonfalone con il simbolo di Scanderbeg – icona della bandiera albanese – seguito dal secondo gonfalone con lo stemma di Biancavilla. Ci sono le fanciulle e il Papas che portano l’icona della Madonna, le signore con le reliquie e gli sbandieratori, questi ultimi in particolare sono esterni all’associazione e ogni anno ci ringraziano (ricorda sorridendo) per le indicazioni che gli forniamo, perché molto spesso non tutti danno precise direttive e molto spesso si trovano ad improvvisare, invece il fatto che sappiano come muoversi li aiuta anche a svolgere al meglio il loro lavoro. Ci sono anche delle accortezze specifiche e pratiche che vanno seguite, come ad esempio mettere i cavalli lontani dai suonatori dei tamburi, perché fare altrimenti sarebbe impensabile e non consentirebbe il corretto svolgersi della rievocazione. Poi ci sono anche dieci esperti, me compresa, ciascuno dei quali affianca un gruppo durante la sfilata per aiutarlo e soccorrerlo in caso di necessità.

Da quanti anni si svolge la rievocazione Arbëreshë a Biancavilla?
Sono quasi sette anni quest’anno che ogni anno durante le festività di San Placido uno spazio è dedicato alla rievocazione. Il primo anno abbiamo chiesto solo l’autorizzazione al Comune, che ha accolto con piacere ed entusiasmo la nostra richiesta, e abbiamo reperito i finanziamenti alla Regione. Dal secondo anno in poi, invece, anche l’amministrazione comunale ha contribuito alla realizzazione della nostra opera. Negli anni sono stati pian piano aggiunti numerosi altri elementi,
non solo di scena come i giochi di fuoco, ma anche elementi teorici grazie alle ricerche che non si fermano mai. Durante le sfilate c’è anche uno speaker che racconta la storia, seguendo il copione che scrivo io stessa e a cui ogni anno aggiungo delle informazioni storiche in più. In fin dei conti si tratta di storia vivente a tutti gli effetti.

C’è un augurio che fa a questa manifestazione divenuta ormai popolare?
Sicuramente desidero che ci sia una maggiore consapevolezza. Per consolidare una tradizione solitamente ci vogliono vent’anni e noi siamo ancora all’inizio, però mi auguro che questa possa continuare ancora nel tempo. La passione per la rievocazione ha sempre fatto parte della mia vita e il fatto di portare qualcosa di nuovo, che non tutti ad oggi purtroppo conoscono è un buon motivo per raccontare la storia, introiettare l’esistenza di questo evento è importante perché restituisce la propria storia a un popolo. La rievocazione è una via di mezzo tra la religione e lo spettacolo, si tratta di un segno d’identità di un popolo, quelle che sono le radici di Biancavilla. Ancora oggi, numerosi sono gli albanesi che arrivano qui e questa celebrazione è motivo di orgoglio per loro, che vedono ricordate le loro nobili e gloriose radici del regno d’Albania, come era Scanderbeg. È un motivo per dare dignità alle origini e al popolo albanese. Capita spesso che durante le sfilate gli albanesi mettono esposta la loro bandiera nei balconi di casa, come simbolo di identità, rispetto e appartenenza”.

Giusy Papotto

Riguardo l'autore Giusy Papotto

Creativa, sognatrice e bambina nel cuore: è meglio immaginare un mondo in rosa, pieno di risate, caramelle e sogni da realizzare. Nata a Catania e Biancavillese di appartenenza, da grande vorrebbe fare la giornalista, ma andrebbe bene anche fare la pasticcera. Appassionata di letteratura, il suo libro preferito è un classico di Pirandello: Uno, nessuno e centomila. Non c'è cosa che le sfugga del mondo della televisione e del gossip. In macchina? Solo radio e musica a tutto volume! In un'altra vita, sicuramente, una donna impegnata nei maggiori salotti dell'alta aristocrazia.

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