Catania, la Festa di S. Agata e il canto delle suore benedettine: firmate dal Maestro Tarallo ‘devoto musicista’

Catania, la Festa di S. Agata e il canto delle suore benedettine: firmate dal Maestro Tarallo ‘devoto musicista’

Il Maestro Filippo Tarallo compose per le monache del convento di S. Benedetto di Catania, il delicato coro che le clarisse intonano a conclusione della processione della vergine e martire Agata, quando il suo fercolo, dopo avere fatto ingresso nella suggestiva via Crociferi di Catania, si ferma davanti alla Chiesa di S. Benedetto, poco prima di fare ritorno al Duomo per esserviricollocato.

Chi era Filippo Tarallo? Un devoto musicista siciliano, nato ad Aidone,in provincia di Enna nel 1859 e morto a Catania nel 1918, anno in cui fu vittima della tremenda epidemia della “Spagnola”. Fu compositore di musica sacra, organista nella Cattedrale di Catania e maestro di cappella della Cattedrale e dei Minoriti. Anche se fu prevalentemente un compositore di musica sacra, tuttaviacoltivò anche qualche divagazione Wagneriana. Fu altresì direttore d’orchestra e nel luglio del 1900 fu chiamato a dirigere La Boheme in occasione dell’inaugurazione del teatro Sangiorgi di Catania. La sua fama fu postuma e la sua particolare figura di organista, compositore e musicista fece discutere i critici del tempo perché fu contemporaneamente sia laico che cattolico. Il mottetto dedicato a Sant’Agata, risalirebbe al 1908 quando il Maestro Filippo Tarallo musicò il testo in latino elaborato dal canonico Salvatore Fazio e che rende immortale il ringraziamento di Agata a Dio per averle dato la forza disuperare il tremendo martirio:
Ecco il testo latino:
«Stans beata Agata in medio carceris, expansis manibus tota mente orabat ad Dominum: Domine Jesu Christe, magister bone, gratias ago tibi, qui me fecistivincere tormentata carnificum, jube me, Domine, ad tuam immarcescibilemgloriam feliciter pervenire».

«Stando la beata Agata all’interno del carcere, tese le mani al cielo, pregava Dio con tutta la sua mente: Signore Gesù Cristo, buon Maestro, ti rendo grazie perché mi hai permesso di superare i tormenti dei carnefici, fa, o Signore, che io possa felicemente pervenire alla Tua eterna gloria».

Il mottetto contiene proprio le ultime parole di Agata riportate negli atti in latino del suo martirio quando in carcere con le mani elevate al cielo pregava e ringraziava Dio per averle dato forza e fatto vincere i tormenti dei carnefici.Ora lo implorava pure di farla pervenire alla sua infinita gloria.
Originariamente l’inno era eseguito nel cuore della notte, quando il fercolo, dopo la salita della via Antonino di Sangiuliano, si avviava al consueto rientro nella Cattedrale. Ma oggi per la pia tradizione popolare il fercolo arriva in via Crociferi nella mattinata del 6 febbraio.
Già nel sec. XVII a Catania, il maestro di cappella al Duomo, il piazzese Fra’ Michele Malerba carmelitano, per omaggiare la Città che lo aveva bene accolto, aveva dedicato per ricordare il culto di Sant’Agata il mottetto “O Catinensis gloria”, di cui si erano già cimentarmi altri musici come Pietro Vinci, Giuseppe Palazzotto Tagliavia.

Mariuccia Stelladoro

Riguardo l'autore Mariuccia Stelladoro

Mariuccia Stelladoro, laureata in lettere classiche, specialista in paleografia e codicologia greca presso la Scuola Vaticana di Paleografia, Diplomatica e Archivistica, perfezionata in Studi Patristici e Tardo Antichi presso la Pontificia Università Laternanense, Institutum Patristicum Augustinianum, docente di lettere classiche. Coltiva la ricerca agiografica, pe la quale ha all’attivo varie pubblicazioni su collane e riviste specializzate nel settore.

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