Il 4 dicembre si celebra la festa della santa di Antiochia, il cui nome significa “straniera”.
L’agiografia di Santa Barbara ci racconta del rapporto tra gli architetti e la santa di Antiochia, nel momento che la stessa chiede di poter aprire due nuove finestre nella torre in cui è rinchiusa. Sono proprio gli architetti che realizzano questo intervento e quindi che riconfigurano il significato iconologico dello spazio sacro.
La necessità di Barbara era quella di trasformare una finestra esistente in un messaggio teologico, da uno a tre bucature per rappresentare la santa trinità. Questo il racconto ereditato e per questo motivo Santa barbara è considerata al “protettrice” degli architetti come altre professioni pericolose, perché portatrici di conseguenze irreversibili.
Ma nello stesso tempo, questa realtà mitologica, è il pretesto per fare una riflessione più ampia sul significato allegorico che sottende. La torre come luogo dell’abitare, recinto, prigione, nella misura in cui non si relaziona con l’ambiente. Una finestra come dispositivo indispensabile per la sopravvivenza ma non sufficiente per vivere. Una cella ha solo una piccola finestra, dentro uno spazio senza prospettive, senza visuali. È una condizione disumana che dobbiamo negare e per questo serve una soluzione. Barbara invece decide di vedere, di guardare, di trovare nuove direttrici. La santa manifesta la volontà di cercare nuove vie nel rapporto tra lo spazio interno ed esterno. Non solo funzionali ma anche simboliche. Propone un rapporto complementare tra la natura e l’uomo, tra la terra e il cielo. Propone relazioni e contaminazioni culturali.
I materiali di questo progetto – quello di aprire tre finestre in tutto – afferiscono all’azione di guardare, di incorniciare e di narrare. Decidere di aprire significa decidere di guardare, di osservare, di costruire un atlante di nuove conoscenze. Aprire bucature è come iniziare un viaggio, verso mondi nuovi, per vedere e conoscere nuovi spazi. Un desiderio di libertà, la necessità di esplorare l’ambiente che ci circonda fino a raggiungere l’orizzonte lontano. Nel racconto agiografico è evidente la necessità di offrire una prospettiva diversa rispetto a quella proposta dal padre-padrone.
E sono gli architetti che si occupano di incorniciare, di scegliere la selezione di ambiente da inquadrare. Determinando un perimetro visivo più ampio, una forma che conferisce anche un valore simbolico. Scavando una muratura, la torre. Anch’essa simbolo di architettura. Ed è proprio questo l’attributo iconografico della santa, la torre, che a Paternò viene identificata con la torre Normanna, dove Riccardo da Lentini e Federico II collocano le grandi bifore, connesse alla funzione di orologio solare. Ancora una volta, una nuova visuale, come azione progettuale.
Ma le finestre sono anche un messaggio teologico che ci riporta alla tripartizione, alla trinità, al numero tre, alla perfezione. Quindi Barbara guarda, indica la necessità di incorniciare lo spazio per generare il paesaggio e conferisce allo stesso un valore spirituale. Èquesto il punto di partenza di una riflessione più ampia che gli architetti desiderano approfondire nei prossimi giorni, con una mostra – dal 2 all’11 dicembre – sullo spazio sacro, dal titolo “le fabbriche del divino e con una convegno – il 10 dicembre – che vedrà la finestra sacra come protagonista. Non ci resta che proporvi la lettura di una sintesi concettuale che potrebbe essere l’incipit di questa esplorazione culturale.
Oculus | Guardare, incorniciare, narrare.
Dentro un recinto di pietre affilate. / Una torre, dalle radici profonde / con l’orizzonte verso l’inferno. / Una maschera di ferro tagliente / opprime nel vuoto il suo sguardo, / tra rovi e rovine di templi lontani. / Ma il desiderio nell’aria irrompe. / Liberando le catene, alle stelle si apre / lo sguardo diventa degli occhi una danza.
Verso nuove verità. / Per costruire una storia / potente e sensuale. / Tre cornici scavate dentro un muro di pane, / tre paesaggi di santi, di donne insanguinate. / Tre viaggi verso il cielo azzurro di Antiochia. / Architettura, che orienta gli sguardi / verso il sole nascente, d’oro pittato / verso la madre terra, verso il fuoco.
Metafora di una metamorfosi. / Segno della trinità, oltre il tempo e lo spazio. / Tracce di un sentiero ancestrale scomparso. / Una torre bucata tre volte / scavata nell’anima della donna straniera / tra memoria e modernità. / Lo spazio intimo diventa sguardo, / un dipintoche riflette il cosmo.
Guardare, invece che morire dentro.