Naso al capolinea, la politica s’interroga sulla sua sopravvivenza

Naso al capolinea, la politica s’interroga sulla sua sopravvivenza

Siamo al capolinea.

Non siamo in grado di prevedere i tempi; novembre, dicembre, forse più avanti. Non sappiamo quando e come ma siamo certi che l’esperienza politica dell’era Naso è ai titoli di coda.

Dobbiamo ammettere che è stato campione di comunicazione e di strategie, fino alla fine. Forse l’ultimo esemplare di una specie ormai in estinzione. Può piacere o no, ma è stato il sindaco che ha cercato di riconnettere la città al palazzo. Non siamo sicuri che ci sia riuscito, abbiamo dubbi sull’efficacia della sua azione amministrativa e il “brutalismo” elettorale emerso alle elezioni del 2022 – evidenziato dalle recenti vicende giudiziarie – lo colloca, per adesso, nel girone dei “sospesi”.

Tra qualche anno, ne riparleremo, forse in chiave sociologica e antropologica oltre che politica. Sarà necessario lo scarto della storia per giudicare il suo operato. Un uomo empatico, eccessivo, teatrale, spesso rancoroso e sospettoso, rimane comunque un’esperienza forte per la città. Un uomo circondato da una corte segreta, fatta di donne (prevalentemente) che lo hanno guidato e indirizzato. Ma nello stesso tempo, un politico troppo impegnato a stringere mani, a tagliare nastri, a presenziare cerimonie– troppe e senza precauzioni – disattento alla macchina amministrativa che nel frattempo ha seguito il suo logico corso di sempre. Una macchina che lo ha tradito.

Non importa quando, ma adesso è il tempo della successione, della gestione del passaggio tra due opposte idee o della possibile continuità. Adesso è il tempo di pensare a quel quasi cinquanta per cento di astensioni che ormai sono il vero partito di maggioranza in città. Un elettorato che avrebbe dovuto essere il motore propulsore dell’attuale sindaco e invece ha marcato visita e si è nascosto sotto lo scetticismo collettivo. Nessuno crede più in Nino Naso e nella politica, sono tutti la stessa cosa. Questo è il pericolo maggiore per la comunità paternese.

In molti, da tutti i fronti, aspettano le possibili conseguenze giudiziarie. Aspettano una tempesta, un fatto eclatante, un possibile “Garibaldi” venuto da Marsala a liberare tutti. Aspettano con la speranza che tutto resti come è. Aspettano perché nessuno vuole essere l’ultimo “badante” di questa stagione politica. Nessuno vuole cedere quelle piccole posizioni acquisite (permessi, esenzioni, sussidi, ecc.). Nessuno firma, nessuno parla, nessuno contesta. E sotto sotto, nessuno vuole andare a votare subito. Nessuno è pronto e nel frattempo il partito degli astensionisti cresce, cresce, cresce.

Qualcuno riesce persino a fare di più. Tenere in vita – sulla carta –Nino Naso per ritirare la “pensione”. Non importa a che prezzo, non importa per le conseguenze, l’importante è raccontare una città felice, piena di luci e risorse. Ma le favole finiscono, la realtà sarà sempre più percepita e l’imbarazzo delle istituzioni sarà più evidente. Bisogna prendere atto che non c’è più una maggioranza politica in Consiglio comunale che garantisce la governabilità. Bisogna prendere atto che è venuto il momento di fare un passo avanti, o forse indietro.

Ma cosa bolle in pentola? Cosa succede nelle stanze dei partiti?

Per un attimo dividiamo tutto in destra e sinistra. Vediamo cosa potrebbe succedere o cosa non sta succedendo. I partiti sono tutti “impreparati” a gestire il futuro. Sono sfilacciati e in conflitto. Emergono mille anime in ogni gruppo e infiniti personalismi. Tutti hanno la paura di non essere più competitivi, di non potersi garantire la rielezione. Di non sapere dove collocarsi all’interno dei nuovi scenari che si prospettano. Ansia da prestazione e la reazione più ovvia è il rinchiudersi dentro il palazzo, anche se in compagnia dell’avversario politico. Eppure le indicazioni che vengono dai saggi della politica sono chiare e inascoltate.

Destra, sinistra e altro. Potrebbe spuntare fuori l’imprevedibile “altro”. Vince chi è capace di raccogliere il dissenso generale, chi riesce a riconnettersi con la città, chi è credibile. Ma soprattutto chi riesce a spiegare e costruire un progetto politico condiviso. Chi riesce a essere inclusivo, risolutivo. Il tentativo di intestarsi qualcosa a titolo personale o come partito principale non registra riscontri positivi, anzi amplifica le distanze tra gli attori della scena attuale e isola i futuri protagonisti.

Questa città, per tradizione, ha bisogno del sostegno dei leader politici esterni per costruire un campo. Ha bisogno di essere guidata e indirizzata. Aiutata e organizzata. Da destra a sinistra, persino in quell’area che chiamiamo “altro”. Non si vede a occhio nudo nessuna via d’uscita, solo l’attesa passiva di un Prefetto di Ferro come Cesare Mori. Non siamo capaci di governare il nostro “risorgimento” autonomamente, troppo impegnanti a costruite trappole ai nostri stessi compagni di squadra. Cambiare i giocatori? Cambiare il capitano? Sarebbe possibile? Ci vuole umiltà e fiducia nei confronti di chi ha una visione più ampia alla scala regionale e nazionale.
Ma se non ci si siede attorno a un tavolo – ognuno a quello suo – e non si condividono le strategie necessarie per dare risposte vere ai cittadini; se non si scrive insieme un’agenda politica per superare questa crisi complessiva di valori e di idee, si rischia di andare alle prossime elezioni alla cieca, come se giocassimo una schedina. Può vincere o rivincere chiunque e non sicuramente “Carluccio”. I partiti vogliono rischiare fino a questo punto? Chi può, deve fare presto.

Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

2 Comments

  1. Ti consiglio di continuare a leggere Omero Neruda e Etxebarria, Papa Francesco no non saremmo all’altezza di comprenderlo.

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.