Ormai è quasi un appuntamento semestrale, quello di occuparci della pianificazione urbanistica della città di Paternò. Da sempre, un laboratorio sperimentale di nuove pratiche, in continua evoluzione.
Da circa ventun anni è scaduto lo strumento urbanistico cittadino, dopo vari tentativi – sollecitati dai commissari ad acta, nominati dalla regione Sicilia per inadempienze comunali e pagati dalla città – non è mai partita la sua revisione. Recentemente – si fa per dire – nel 2020, c’è stata persino la riforma urbanistica regionale che ha modificato la norma, facilitando l’elaborazione dello strumento di piano, chiamandolo con un nuovo acronimo: PUG, Piano Urbano Generale, ex PRG. (Il piano urbanistico di Paternò è stato elaborato nel 1994-95, entrato in vigore nel 2003 e scaduto nel 2008, 29 anni in tutto ad oggi).
La Regione Sicilia ha pubblicato diversi bandi in questi anni, per finanziare le spese che i comuni devono sostenere per la revisione degli strumenti o per la loro elaborazione integrale; fondi che permettono di pagare le spese tecniche e quindi a tutto vantaggio delle casse comunali; ma a questi fondi, Paternò, non ha mai avuto accesso, almeno così ci risulta e il perpetuo silenzio in questi anni ci conferma questa ipotesi (vale anche per i fondi per le aree industriali).
Nel frattempo, l’Assessorato Regionale al Territorio e all’Ambiente Siciliano ha più volte fatto notare che non serve proporre piccole varianti – spesso incongruenti con la normativa di settore – in sostituzione della revisione del PUG (ex PRG). Che tale procedura – quelle delle piccole varianti – è censurata e inutile per avviare un reale sviluppo della città e del suo territorio e soprattutto deleteria per il governo della stessa. Esiste una copiosa letteratura già dal 2008 ma sembra che nessuno lo ricordi più.
In questi anni abbiamo assistito a molti tentativi di dribblare la norma, con dispositivi sempre più divertenti e originali, proposti dal Consiglio comunale o dalla Giunta comunale, spesso nel periodo tra luglio e agosto, utilizzando un lessico creativo, proponendo piccole cose che nascondevano cose più grandi, sempre nella direzione del consumo del suolo, dell’ampliamento della volumetria edificatoria, nello spostamento dell’edificabilità da un’area all’altra, ecc. (mai una gioia con più alberi e più sport).
Mai un disegno complessivo, mai una revisione del quadro delle conoscenze, mai un programma di rigenerazione, mai una strategia di sistema. Solo piccoli aggiustamenti in piccoli perimetri, ben individuati. La Regione Sicilia fortunatamente ha le idee chiare e spesso, i tentativi di cui sopra, non sono nemmeno stati inviati al vaglio degli uffici regionali, forse consapevoli delle ripercussioni. In sostituzione della normale procedura abbiamo invece delegato il TAR, di tanto in tanto, a pianificare al posto nostro, con sentenze puntuali che rischiano di far perdere l’idea complessiva di città.
Ma torniamo all’attualità. Perché nel tempo, il lessico che accompagna i tentativi di snaturate il territorio e di modificarlo sono sempre più divertenti e intriganti, quasi a prefigurare nuove procedure normative a carattere partecipativo (il termine partecipativo è uno dei termini più in uso in città per giustificare ogni cosa che poco ha di partecipativo). L’Istituto Nazionale per l’Urbanistica dovrebbe proporre una ricerca – di tipo antropologico – per studiare il caso Paternò, al fine di ricavarne utili indicazioni per formulare nuove proposte di legge in ambito nazionale ed europeo.
Entriamo nel merito e limitiamoci alle semplici citazioni. Il giorno della Madonna del Carmelo, il 16 luglio, la Giunta Comunale, in assenza dei componenti che governano le deleghe tecniche (urbanistica e lavori pubblici) hanno deliberato “di avviare la procedura di modifica delle N.T.A. (per i non addetti le norme tecniche di attuazione, allegate al PRG, oggi PUG) riguardanti la modifica della tipologia delle abitazioni – unifamiliari – in abitazioni – bifamiliari- (e tieniti forte, il colpo di scena) eventuali precisazioni afferenti l’articolato delle N.T.A”.
Quindi, l’ennesima – all’apparenza piccolissima e innocua – variante allo strumento urbanistico decaduto da 21 anni. Ma questa volta c’è la novità, geniale sul piano metodologico e lessicale. La ragione di questa variante è da ricercare nelle premesse della delibera che recita così: “Sono pervenute varie richieste verbali circa la possibilità di modificare delle abitazioni, nell’area di sviluppo Scala Vecchia”. Dobbiamo dedurre che da oggi in poi, a Paternò, e solo a Paternò, è possibile fare varianti urbanistiche per particolari temi e in particolari zone per intercessione di tipo orale. E che questa grandiosa variante è essenziale per avviare – recita testualmente la premessa alla delibera – “la ripresa economica della città che è legata a temi politici di sviluppo, di reddito, di produttività e che tale sviluppo, può raggiungere lo scopo con un rilancio dell’edilizia… e pertanto è assolutamente necessaria una ripresa economica locale”.
Se abbiamo capito bene, una città senza visione, priva di ogni prospettiva, depressa con un reddito procapite tra i più bassi d’Italia, con uno strumento decaduto da un ventennio, senza servizi essenziali, senza strutture sportive e tanto altro, con aree degradate e prive di urbanizzazioni, con un patrimonio culturale in dismissione, dove ognuno costruisce centri commerciali e altro dove vuole e quando vuole, dove sulla metropolitana nulla si sta facendo e fermiamoci qui per questioni di spazio; in questo contesto, la soluzione è cambiare il lessico urbanistico da ville unifamiliari a bifamiliari e altre modifiche non meglio specificate? Abbiamo capito bene?
E tutto questo per un suggerimento orale (verbale) di chi e perché? Abbiamo stima della Giunta comunale che inconsapevolmente ha deliberato un topolino già in trappola. Allora meglio avviare le procedure per la revisione del PUG oppure iniziamo a proporre le trasformazioni di alcune aree strategiche più complesse, con la partecipazione vera della città. Speriamo che la politica e la classe tecnica di questa città abbia un sussulto. Speriamo. Al contrario sembriamo a “scherzi a parte” con l’era dell’urbanistica “orale”.
LA DELIBERA DELLE “RICHIESTE VERBALI”
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