La quarta sezione della Corte d’assise di Catania ha condannato all’ergastolo Paolo Censabella e Antonino Marano per l’omicidio di Dario Chiappone, il 27enne ucciso con sedici coltellate alla gola e al torace a Riposto la sera del 31 ottobre del 2016.
Il movente, secondo la Procura distrettuale di Catania, sarebbe passionale ed economico, collegato al rapporto che la vittima aveva con una donna che era stata legata sentimentalmente a Censabella. Sull’omicidio hanno indagato i Carabinieri del comando provinciale di Catania e della compagnia di Giarre, coordinati dal procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e dal sostituto Santo Di Stefano.
A Marano, 80 anni, il provvedimento restrittivo per l’omicidio Chiappone è stato notificato in carcere nel dicembre del 2019. Sicario del gruppo dei Cursoti `milanese´, pluriegastolano, assieme ad Antonino Faro e al rivale Vincenzo Andraus, è passato alla storia come uno dei `killer delle carceri´, tre autori di diversi omicidi e gesti eclatanti: un gruppo che ha segnato la violenta storia criminale della mafia catanese, anche in `trasferta´. Fu anche tra i protagonisti di una spettacolare evasione nel 1977, assieme a tre complici, dal carcere di Catania. L’inchiesta sull’omicidio di Dario Chiappone ha già avuto dei precedenti processuali: 30 anni di reclusione sono stati comminati, col rito abbreviato, a Benedetto La Motta, e, col rito ordinario, all’ergastolo Agatino Tuccio e a 23 anni di carcere Salvatore Di Mauro. Secondo la tesi della Procura di Catania sarebbe stato La Motta ad «ordinare, per volontà di Censabella, a Tuccio, Di Mauro e Marano di eseguire l’omicidio di Chiappone».
li avvocati Lucia Spicuzza e Salvo Sorbello, che assistono Paolo Censabella, hanno annunciato ricorso in Cassazione: «Siamo dispiaciuti per il nostro assistito – hanno detto al sito Lasicilia.it – malgrado in dibattimento abbiamo dimostrato la fragilità della tesi accusatoria, e l’assenza degli approfondimenti investigativi verso altri indirizzi, evidentemente le sentenze di Tuccio Agatino, Salvatore Di Mauro e Benito La Motta, hanno inevitabilmente spianato la strada verso la condanna di Censabella, che noi crediamo innocente».