Si conclude l’esperienza museale del liceo Francesco De Sanctis a Paternò.
La mostra “memorie ritrovate”, organizzata dallo stesso liceo insieme alla Soprintendenza ai Beni Culturali di Catania e alla sede Ibla Major dell’Archeoclub d’Italia chiude i battenti con un bilancio inatteso. Più di duemila visitatori in un mese, considerando, tra l’altro,che la fruizione della mostra era limitata all’orario scolastico e per solo un mese. Tre classi, del terzo anno del liceo coinvolte per le operazioni di organizzazione e gestione all’interno di un progetto di PCTO (ex alternanza scuola lavoro). Otto tutor coinvolti tra quelli aziendali (Archeoclub d’Italia) e quelli scolastici (F. De Sanctis). Dentro questa macchina organizzativa anche archeologi, fotografi e restauratori della Soprintendenza di Catania, il personale ATA del liceo, giornalisti e dirigenti regionali. Per esporre cinquantacinquereperti archeologici databili dal VI al III secolo a.C. provenienti dal territorio di Hybla Major e parte di una collezione più ampia diduecentottanta pezzi, oggi conservati nei depositi regionali.
Fortemente voluta, sostenuta e coordinata dal Dirigente Scolastico, prof.ssa Santa Di Mauro, dal Soprintendente ai BB.CC.AA. arch. Irene Donatella Aprile e dal Presidente della sede Ibla Majordell’Archeoclub d’Italia, arch. Angelo Perri è stata un’esperienza sinergica tra scuola, istituzioni e associazionismo, finanziata dalla presidenza dell’ARS – on. Gaetano Galvagno e dall’Assessorato ai BB.CC. della regione Sicilia – on. Francesco Scarpinato. L’elenco dei protagonisti è certamente più ampio e non possiamo non citare la Tra Art di Giuseppe Inguaggiato che ha curato l’esposizione, la prof. Rosalba Panvini, curatrice della mostra insieme alla dott. Michela Ursino e la prof.ssa Letizia Blanco per la parte didattica.
La mostra ha evidenziato molti spunti di riflessione e accolto tante personalità del mondo dell’arte della politica e della società civile. Il primo, evidente, è che questa comunità ha il desiderio e la necessità di riscoprire la sua identità, attraverso l’istituzione di un museo archeologico – degno di questo nome – che possa esporre le testimonianze di tutta la sua storia, senza escluderne nessuna; quindi,anche quella fase greco- romana molto apprezzata dai visitatori. Questo legittimerebbe il ritorno in città dei tanti reperti sparsi per il mondo che meritano di essere esposti nei luoghi di ritrovamento. Equesto significa anche avviare, una volta per tutte, una vera e propria campagna di scavi e di ricerche sull’acropoli per dare un contributo utile allo studio della storia antica della Sicilia.
Altra questione è quella relativa all’efficacia didattica di questa mostra, per gli studenti e per i cittadini. Per un mese, in uno spaziosimbolico, c’è stata la possibilità di vivere l’esperienza museografico come nei grandi musei, non solo reperti da osservare ma giochi digitali per imparare, pannelli espositivi per approfondire e strumenti laboratoriali per costruire. Un’offerta completa che definisce una modalità da esportare, quindi la scuola offre una possibile via da replicare in futuri progetti in città.
La comunicazione è stata una delle attività più intense e interessanti. L’evento è stato raccontato non solo in Italia ma anche all’estero con una copertura inaspettata. I giornalisti coinvolti hanno permesso di andare oltre i confini comunali e anche questo è un nuovo segnale che impone, per la comunicazione, un progetto ad hoc che valorizzi il patrimonio culturale e ambientale di un territorio molto ricco di risorse. Uscire dall’ovvio e alzare l’asticella è adesso un obbligo per tutti. La Rai, la Repubblica, il Corriere della Sera, e tutte le testate regionali e locali hanno fatto un lavoro straordinario e attento. A tutti rimarrà in mente il termine “biberon” usato per descrivere il “guttus”, per raccontare la storia con parole semplici a tutti, una raffinatezzagiornalistica. Comunicare è oggi più che mai importante e necessario, sapendolo fare con professionalità, vale la pena investire in questa direzione.
La parola inclusione ci deve far riflettere insieme a innovazione. Questa mostra archeologica ha messo nelle condizioni, tanti studenti,di sperimentare entrambe le parole. Ragazzi timidi, con qualche difficoltà nel linguaggio, qualcuno con poca motivazione, hanno riscoperto il valore dell’impegno, il significato della fatica per raggiungere un obiettivo, la voglia di superare i propri limiti e l’entusiasmo del lavoro. E a tutto ciò va aggiunto che si sono messe le basi per andare oltre, per far diventare questa esperienza un laboratorio manuale e digitale per gli studenti che hanno difficoltà più importanti, con l’aiuto dei docenti di sostegno.
Un’altra riflessione va fatta rispetto alla modalità di lavoro del gruppo. La valorizzazione delle competenze, il senso della squadra, il sacrificio, la condivisione degli obiettivi, il fidarsi dei compagni di viaggio, il rispetto del piano-progetto predisposto e la determinazione anche se pressati dalle circostanze e dalla avversità hanno reso quest’esperienza molto utile per il futuro. Una scuola che cresce e si misura.
Ma non possiamo non evidenziare, tra tutte queste cose, il lavoro silenzioso e produttivo fatto con le Forze dell’Ordine, con gli angeli custodi che hanno sorvegliato e protetto questo cammino, non privo di ostacoli e quella condivisone tra le scuole e i dirigenti del territorioche comincia a crescere, serve un modo per coltivarla e la mostra ha piantato un seme. Un esperimento da replicare per fare rete di scopo, per sperimentare, per educare i nuovi cittadini di questo pianeta.
Ma vogliamo lanciare una provocazione finale: dove andranno i reperti esposti? Potrebbero restare a Paternò? Cosa bisogna fare per realizzare tutto ciò? Le istituzioni e la politica devono dare risposte, possibili e veloci. Forse bisogna costruire un piano di politiche culturali più aderente alle vere necessità della comunità. La domanda c’è, l’offerta no. Forse vanno riviste alcune strategie sull’uso degli immobili in città? Sulla programmazione degli interventi? Che fine ha fatto il museo e il suo deposito all’ex carcere? Possiamo esporre i reperti conservati per restituirli al pubblico?
Perché, “Se non ci arrivi, salta. Comunque, provaci”.