Il dolore e la rabbia.
Oggi è il giorno della protesta dopo la morte ieri di cinque operai a Casteldaccia, mentre un sesto resta in gravissime condizioni.
Sono morti in un ambiente saturo di gas, prodotto di fermentazione dei liquami la cui presenza era prevedibile e non hanno avuto scampo, tentando di salvarsi l’uno con l’altro nella vasca dell’impianto di sollevamento di acqua reflue di via Nazionale dell’Amap, l’azienda acquedotti del Comune di Palermo; ma uno dopo l’altro hanno ceduto, vinti dal gas tossico, l’idrogeno solforato, e dall’assenza di protezioni e mascherine, come sarebbe stato accertato.
Sul posto lo strazio delle famiglie. Un’inchiesta è coordinata dalla procura di Termini Imerese, disposto il sequestro dell’impianto. Le segreterie provinciali di Fillea, Filca, Feneal hanno proclamato per oggi 8 ore in seguito alla morte degli operai, di cui tre erano edili. Uno sciopero che si affianca a quello generale di 4 ore di Cgil, Cisl e Uil per tutti gli altri settori, con presidio alle 9 davanti alla prefettura. «O cambiano le cose o proseguiremo a oltranza con le mobilitazioni, per rivendicare la sicurezza nei cantieri», affermano, «non riusciamo a capire come mai non siano stati previsti tutti gli accorgimenti necessari per interventi dove possono verificarsi fuoriuscite di gas nocivi, pericolosi per l’incolumità pubblica. Con questa nuova tragedia, si certifica una situazione di emergenza e di stato di guerra. Qui i morti sul lavoro si stanno moltiplicando giorno dopo giorno. Al prefetto chiediamo l’intervento delle istituzioni e a sollecitare il tavolo su salute e sicurezza che da tempo chiediamo».
Dai controlli effettuati presso gli enti bilaterali, aggiungono i sindacati, alcuni dei lavoratori «erano sotto inquadrati rispetto alle mansioni che stavano svolgendo in cantiere». Tra i deceduti anche un lavoratore interinale, lavoratori «troppo spesso considerati lavoratori di serie B». Nei fatti c’è una certezza nella strage di operai di Casteldaccia: a uccidere i cinque lavoratori e a ridurre in fin di vita un sesto collega sono state le esalazioni di idrogeno solforato. E poi un altro dato certo: l’assenza dispositivi e di condizioni di sicurezza. Ne è certo il comandante provinciale dei vigili del fuoco di Palermo, Girolamo Bentivoglio Fiandra: «Questa tragedia non ci sarebbe stata se fossero state prese tutte le precauzioni necessarie e previste».
Secondo quanto ricostruito, era almeno dieci volte superiore al massimo ammissibile il valore della concentrazione dell’idrogeno solforato che si forma dalla fermentazione dei liquami. Come avvenuto, a esempio a Mineo (Catania) l’11 giugno 2008, quando morirono sei operai sul fondo della vasca di un depuratore a causa delle inalazioni di gas, a Casteldaccia sarebbero morti calandosi uno dietro l’altro, nel tentativo di soccorrersi. Il settimo collega, rimasto illeso, avrebbe dato l’allarme. In base a quanto reso noto dal comandante dei vigili del fuoco di Palermo, alle 13.48 è stato chiamato il numero unico del pronto intervento e sono stati attivati poi il servizio del 118 e i vigili del fuoco che hanno inviato sul posto quattro squadre immediatamente, nell’arco di quindici minuri.
In azione anche i sommozzatori che hanno prelevato i corpi di coloro che erano nella vasca e a seguire i tre che erano adagiati sulla soletta. Quattro delle vittime sono operai della Quadrifoglio di Partinico – dove gli investigatori hanno sequestrato documenti – tra cui il titolare della ditta; l’altro era un interinale, un lavoratore in somministrazione in missione presso Amap: Epifanio Alsazia, 71 anni, contitolare della ditta; Giuseppe Miraglia 47 anni, Roberto Raneri, di 51 anni, Ignazio Giordano, di 57 anni e Giuseppe La Barbera. Restano molto gravi le condizioni del collega dei 5 operai morti in una vasca dell’impianto di sollevamento della rete fognaria di Casteldaccia. Lo confermano ad AGI fonti del Policlinico di Palermo dove è ricoverato. Il paziente «è intubato e ventilato, in distress respiratorio gravissimo, per una intossicazione da idrogeno solforato».
La situazione è molto grave e se è rimasto in vita è perché, si suppone, è stato l’ultimo a entrare nella vasca e il primo a essere estratto. «Non sappiamo quali organi siano compromessi – dicono le stesse fonti – e la prognosi è assolutamente riservata sulla vita a 48 ore: entro le 48 ore ci aspettiamo una evoluzione e vedremo». Spiega l’Amap che i lavori lungo la Strada Statale 113 sono stati predisposti a seguito delle ripetute segnalazioni degli ultimi giorni sulle anomalie della rete fognaria, nel tratto tra l’intersezione con via della Rotonda e la stazione di sollevamento denominata «Vini Corvo». Per la loro esecuzione Amap ha incaricato la ditta Quadrifoglio Group per ogni attività di verifica del suddetto tratto fognario. I lavori, che prevedevano la messa in quota dei pozzetti e la disostruzione con ausilio di autospurgo, sono stati avviati il giorno 29 aprile e sono proseguiti sino a ieri. (AGI)