Mafia, in manette tre fiancheggiatori del boss Messina Denaro: un architetto trapanese gli ‘prestò’ l’identità

Mafia, in manette tre fiancheggiatori del boss Messina Denaro: un architetto trapanese gli ‘prestò’ l’identità

Il Ros, con il supporto in fase esecutiva dei comandi provinciali carabinieri di Trapani, Milano e Monza Brianza, ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal tribunale di Palermo, su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia e antiterrorismo, a carico degli indagati Massimo Gentile, Cosimo Leone e Leonardo Salvatore Gulotta.

L’attivita’ e’ stata condotta nell’alveo delle investigazioni finalizzate a disvelare il contesto mafioso che ha permesso a Matteo Messina di sottrarsi alla cattura e ad esercitare il ruolo di capo mafia per circa 30 anni. L’operazione costituisce la prosecuzione dell’indagine che il 16 gennaio 2023 ha permesso al Ros di catturare a Palermo l’allora latitante Messina Denaro. Sono attualmente in corso delle perquisizioni nella provincia di Trapani e in Lombardia.

Massimo Gentile, uno dei tre arrestati, è un dipendente del comune di Limbiate, in provincia di Monza e Brianza. L’uomo è un architetto di 51 anni, originario di Erice, provincia di Trapani. Dal 2019 è dipendente comunale del paese brianzolo dove si occupa dei procedimenti del servizio Lavori pubblici. Gli investigatori del Ros sono risaliti a Gentile, ritenuto un insospettabile, grazie al ritrovamento di un appunto su una macchina. L’indagato è parente di Salvatore Gentile, killer ergastolano, marito dell’amante storica di Messina Denaro, Laura Bonafede.

Esami effettuati in tempi record, una visita oncologica rapidissima, ricovero e operazione a soli otto giorni dalla diagnosi di cancro al colon ricevuta a novembre del 2020: Matteo Messina Denaro ha potuto godere di una sanità efficientissima. Una solerzia sospetta, quella riservata al boss che all’epoca usava documenti falsi, su cui si concentrano attualmente gli investigatori.

Oggi a finire in manette è stato un tecnico radiologo dell’ospedale di Mazara del Vallo, Cosimo Leone, prima, sospettano gli inquirenti, di una serie di pedine insospettabili nel mondo della sanità che hanno aiutato il boss durante la malattia. Leone, cognato dell’architetto Massimo Gentile, anche lui arrestato oggi, si sarebbe occupato di far fare una Tac urgente al capomafia (Tac, come risulta da documenti sanitari, anticipata più volte). Nel giorno dell’esame, inoltre, il tecnico chiese di cambiare turno facendo coincidere la sua presenza in ospedale con gli accertamenti diagnostici a cui il boss doveva sottoporsi.

Secondo gli investigatori, inoltre, Leone avrebbe costantemente informato dello stato del paziente un altro fiancheggiatore, Andrea Bonafede, cugino e omonimo del geometra che ha prestato al boss l’identità per farsi curare. Sono decine i contatti telefonici tra i due nei giorni in cui il capomafia si trovava all’ospedale di Mazara scoperti dai carabinieri. Con un lavoro certosino sui tabulati gli investigatori hanno ricostruito le chiamate e, attraverso le celle, gli spostamenti del tecnico e Bonafede nei giorni caldi della diagnosi e dell’intervento al colon subito da Messina Denaro.

Dalle analisi risulta evidente che Bonafede fece avere al boss un cellulare mentre questi era ricoverato. Siamo in pieno Covid e il tecnico era fondamentale, visto il divieto di accesso in ospedale, come tramite con il capomafia. Il 14 novembre, dunque, alle 13.30 Bonafede partì da Campobello e arrivò dopo circa 15 minuti a Mazara del Vallo nei pressi dell’Ospedale. Alle 13.48 avvisò Leone, presente quella mattina in ospedale e gli consegnò il nuovo telefonino. Dopo 15 minuti (intorno alle ore 14.00), il tecnico diede il cellulare al latitante che immediatamente chiamò Bonafede sul suo vecchio numero. La missione venne quindi portata a termine grazie a Leone, abilitato a muoversi nei reparti, unico interlocutore che Bonafede poteva contattare in quel momento. L’apparecchio, ulteriore prova che a usarlo fosse Messina Denaro e che qualcuno interno all’ospedale glielo avesse consegnato clandestinamente, restò in ospedale per tutti i 4 giorni di degenza del boss.

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