La Pace di Augusta: Ebraismo, Cristianesimo e Islam

La Pace di Augusta: Ebraismo, Cristianesimo e Islam

“L’anima e il suo destino dopo la morte, secondo le tre grandi religioni monoteiste, Ebraismo, Cristianesimo, Islàm”

è il titolo dell’incontro che si è svolto il 9 novembre in Sicilia, nella città di Augusta, fondata da Federico II.

La Pace di Augusta: Ebraismo, Cristianesimo e IslamNella città, voluta dall’imperatore Svevo, sensibile all’inclusione e all’integrazione interculturale, si è svolto un convegno che è subito apparso un tavolo della pace, se consideriamo l’attuale situazione geopolitica internazionale.
In una terra ricca di storia, luogo di accoglienza da secoli, approdi di tante migrazioni – da Oriente e dall’Africa – che si perdono nella notte dei tempi e che fu cara alla dea Hybla, si sono “incontrati” i rappresentanti delle tre religioni monoteiste del Mediterraneo, grazie al lavoro prezioso della sede di Augusta dell’Archeoclub d’Italia e della sua presidente, la prof.ssa Mariada Pansera.

Nella sede dell’Unione Augusta, seduti insieme, moderati dal giornalista Fernando Massimo Adonia, c’erano Rav Cesare Moscati, rabbino capo della comunità ebraica di Napoli e del Sud Italia, l’imam della moschea tunisina di Palermo Sheykh Badr Al Madany e don Luca Saraceno referente dell’ufficio ecumenico e del dialogo interreligioso dell’arcidiocesi di Siracusa. Ad introdurre il tema due giovani ricercatori, Andrea Cerra dell’università di Catania e Giovanni Basile della fondazione Synaxis.

Augusta per un giorno è stata blindata; le strade controllate dalle forse di polizia e la gente incredula che si chiedeva il perché di tale spiegamento di forze. Ma le precauzioni erano obbligate visto le condizioni politiche che in questo momento vedono contrapposte nella Terra Santa, opposti schieramenti militari.
Ma una riflessione salta subito all’occhio: come per Federico II, la “diversità” è portatrice di bellezza e che l’integrazione e l’inclusione sono generatrici di stupore, di scoperta dell’altro. Lo studio della storia delle nostre comunità può essere un terreno d’incontro e non di scontro. Scoprire l’altro – culturale e spirituale – è il sentiero che dobbiamo intraprendere per trovare la pace tra i popoli.

Tra immanenza e trascendenza, l’incontro ha offerto diversi spunti di riflessione condivisi sull’idea della morte, sul morire e sulla sostanza dell’anima. Dopo le relazioni introduttive di Andrea Cerra e Giovanni Basile, sul piano storiografico e filosofico in relazione ai paesaggi culturali che caratterizzano l’idea di Mediterraneo, che si è stratificata nei secoli; idea complessa, plurale che si è strutturata intorno alle tesi dell’incontro e dello scontro. E sull’anima, in termini di forma, collocazione e persistenza. Un viaggio colto e sintetico che ha definito il perimetro dentro il quale muovere la dialettica dell’incontro interreligioso.

La Pace di Augusta: Ebraismo, Cristianesimo e IslamQuindi la morte come approdo o come partenza da un porto e la misericordia come condizione comune alle tre religioni. Il corpo dell’anima è la sua storia, il cadavere il suo vestito temporaneo. Oltre Platone e Cartesio, oltre l’immortalità dialogica che unisce il corpo-anima nel suo destino.
Più che puntare alla morte – che rimane un atto dovuto – dobbiamo pensare al verbo morire, quindi imparare a morire, più che alla morte. E l’anima, nelle diverse lingue, assume innumerevoli significati e declinazioni, diventando verbo, sostantivo e aggettivo. Dentro gli idiomi vanno ricercate le ragioni dell’incontro e la bellezza della diversità culturale. Ancora una volta le lingue – ebraico, arabo e greco-latino, sono la chiave per capire, per sapere, per guardare oltre le forme immanenti verso la trascendenza. Tutte le confessioni condannano la procurata morte. In arabo (come in ebraico) la parola anima può avere il significato di “terra che respira” intesa come entità dinamica, e questo ci ricorda l’enciclica di Papa Francesco Laudato Sii.

Appare chiaro per tutti che il tema è cosa siamo oggi, come ci prepariamo alla morte e tutto converge in un unico principio: quello di vivere degnamente, coltivando bellezza e solidarietà. Accogliendo l’altro, il diverso, lo straniero. Lavorando per rendere più agevole la vita di tutti e non solo quella personale. L’anima vive di questa esperienza, oltre la ripartenza, verso uno spazio misterioso.

Ma la conclusione che don Luca Saraceno propone alla serata è una preghiera per la pace, per rinfrancare le anime, per partire insieme da un nuovo porto verso la consapevolezza che le nostre azioni terrene devono essere testimonianza del divino. E all’improvviso, un sussulto, il rabbino Cesare Moscati si alza, rilancia e propone un abbraccio ecumenico, lo segue d’istinto l’imam Sheykh Badr Al Madany e Don Luca Saraceno è parte integrante di questo abbraccio, come testimone, come collante e dal suo sorriso traspare quella felicità che sembra festa.

La gente si alza, escono le prime lacrime, gli sguardi corrono alle devastazioni delle guerre inutili e faziose. Ai corpi straziati di uomini, donne, bambini e anziani. La gente piange ma è felice perché vede il corpo dell’anima farsi pane. Tutti in piedi, tutti dentro quell’abbraccio, come per volerlo condividere con il mondo. La Pace di Augusta, l’immagine di una sera speciale, incantevole, colta e profonda. La cultura, le lingue, gli uomini e le donne di questa terra – quell’isola nell’isola – sono testimoni di un’epifania inattesa, questa è l’anima dopo la morte.

La Pace di Augusta: Ebraismo, Cristianesimo e Islam

Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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