Una stele per ricordare Renato Caponnetto, un imprenditore siciliano che si è ribellato alla a imposizione del pizzo, trucidato per mano della mafia l’8 aprile del 2015.
La famiglia da tempo desiderava ergere un monumento a ricordo nella zona in cui da fonti investigative sembra sia stato ucciso. La stele è stata collocata all’ingresso di Via Palmintelli a Belpasso, sulla SP 56/II luogo di riferimento indicato dai “collaboratori di giustizia”. “Ho provato una grande commozione durante la commemorazione di Renato Caponnetto.
Una vita spezzata a soli 45 anni. Un padre di famiglia prima rapito, poi torturato, ucciso e infine dato alle fiamme.
Una storia disumana che fa male solo ad ascoltarla” ha dichiarato il sindaco di Belpasso Carlo Caputo presente alla cerimonia di posa della stele. Alla commemorazione erano presenti il Presidente dell’Ars Galvagno, i deputati Barbagallo, Ciancitto, Marano, Sallemi, Zitelli. Le forze dell’ordine, rappresentanti delle Prefettura, l’Arcivescovo Mons. Renna che ha benedetto la stele, diversi amministratori locali dei Comuni di Belpasso e Paternò. Presenti la moglie Rosanna Asero, i figli , le sorelle dell’imprenditore assassinato Mariella Maddalena e Graziella e l’associazione Libera Impresa con in testa il presidente Rosario Cunsolo.
“Per noi è un immenso orgoglio donare alla cittadinanza una testimonianza preziosa, un simbolo di nitida memoria che rende onore al sacrificio di un’ intera generazione, un uomo di indiscusso coraggio, mosso da una sete di giustizia e da un appassionato amore per la famiglia e della libertà di impresa- dice Rosario Cunsolo di Libera Impresa- Il messaggio insito a questa stele vuole, però, andare oltre a ciò che è stato e che tutti auspichiamo non accada mai più . La libertà è un valore, essere liberi è un diritto garantito dalla nostra costituzione, questo è un simbolo che rappresenta i valori, il ricordo e gli obiettivi per una migliore convivenza civile”.
Sulla vicenda il sindaco Caputo ha specificato che sono “il Sindaco di Belpasso, il paese che era di Giuseppe Pulvirenti – “u mappassotu” – ma che oggi è il paese che in tanti modi e in tanti momenti si è ribellato con coraggio. In questi anni il Comune di Belpasso si è costituito due volte parte civile in processi di mafia, cosa mai accaduta prima. E’ stato l’unico soggetto ammesso come parte civile nell’ambito del processo “Araba Fenice” nei confronti di Aldo Navarria e altri quattro affiliati al clan, condannati per l’omicidio Caponnetto e per altri reati di criminalità organizzata. Oggi sento di voler ricordare Renato Caponnetto e tutti quegli onesti lavoratori che si ribellano alla mafia e che ne pagano le conseguenze, molto spesso con la vita. Oggi più che mai voglio testimoniare da che parte voglio stare, perchè la legalità è stata – e sempre sarà – il timone del mio agire. Ringrazio i familiari della vittima per aver deciso di continuare a ricordare a noi tutti che uomo è stato Renato Caponnetto. Faccio lode all’associazione Libera Antiracket per loro opera continua sul territorio” ha concluso Caputo.
L’ arcivescovo Luigi Renna ha specificato che “momenti come questi mettono in evidenza ĺ’avanzare di una nuova cultura di una società che dice no alla mafia che col tempo ha impoverito il territorio”.
E la moglie di Renato Caponnetto la signora Rosanna Asero ha letto, durante la benedizione della stele, una lettera in cui ha espresso il proprio dolore e della famiglia:
“Renato era tutto per me e per i miei figli. A loro hanno tolto la felicità di avere accanto un padre che adoravano, un padre esemplare. A distanza da 8 anni da quel giorno, i miei figli non hanno mai smesso di soffrire; anzi, il dolore oggi, gravato anche dalla rabbia contro i mostri che hanno ucciso il padre, è ancora più forte del passato. So solo che abbiamo il cuore spezzato, la notte non si riesce più a dormire tra ansie e paure, un trauma così forte che non potremo mai dimenticare. Mio marito non doveva fare questa fine, non meritava tutto quello che ha subito. Lui amava la sua famiglia e voleva liberarsi da quei parassiti che gli chiedevano il pizzo. Nonostante il dolore, a gran voce, diciamo che siamo orgogliosi dell’uomo che era, del coraggio dimostrato nel non volersi piegare all’illegalità. Voglio, invece, ringraziare lo Stato, la Magistratura, i Carabinieri, l’associazione Libera Impresa onlus, che ci hanno sempre sostenuto per potere arrivare agli assassini di mio marito. Renato non è morto! Renato VIVE”.