Le voci si rincorrono, tra conferme e smentite.
A conclusione di un iter complesso, qualche volta ostacolato, prolungato nel tempo, fino a diventare – quasi – un racconto mitologico, siamo finalmente in dirittura di arrivo: la metropolitana compie uno dei suoi passi più importante estendendosi verso ponente, verso la città di Paternò, verso quel nodo strategico alla scala territoriale che sembrava destinato all’asfissia.
La costellazione territoriale che afferisce a Paternò, un tempo viva e produttiva, utilmente attraversata; configurata come cerniera tra la costa e le aree interne; punto di convergenza nelle politiche sanitarie, scolastiche e commerciali; portatrice sana di valori culturali, artistici e antropologici; era stata anestetizzata, desertificata e sterilizzata. Quasi una terra di mezzo, un non luogo, sparita dai radar e relegata a dormitorio di seconda classe.
Oggi, dopo molti anni, la perseveranza di pochi, ci offre una nuova opportunità, quella di riconnetterci con dignità nella dialettica vivace delle città dell’area etnea e ci pone di nuovo come candidata a governare il rapporto tra l’Etna e il Simeto, tra il mare e le aree interne della Sicilia, come nel passato più antico, come è giusto che sia, per uscire dalla condizione di torpore economico e culturale e dall’isolamento generale.
Se da una parte, attraverso le risorse disponibili, – i progetti, le iniziative politiche regionali e nazionali, gli sforzi per blindare le procedure – si lavora per realizzare questo grande progetto, dall’altra parte si rimane passivi. Sul piano locale, tutto tace, come se l’arrivo della metropolitana con la sua nuova stazione Ardizzone sia una fatalità, frutto del caso e nulla più.
Il rischio – se non si interviene in tempo e con una visione ampia – è quello di causare un’emorragia verso Catania e non l’attivazione di un flusso circolare che produce interscambio tra le parti del territorio. Lo spostamento della stazione principale verso nord, ai margini della città, in zona Ardizzone, era legittimo a condizione che la stessa stazione fosse collegata al centro della città attraverso il People Mover fino a piazza della Regione/Nassirya. Se questa scelta non diventa prioritaria, se viene messa in discussione dall’esiguità dei fondi, questo potrebbe essere la causa dell’emorragia verso l’esterno del patrimonio umano e produttivo della città. Diventerebbe di fatto una stazione di passaggio e nulla più. Serve un atto deciso e risolutivo in questo senso, sia sul piano politico che imprenditoriale.
La città deve configurare un nuovo modello di mobilità, deve farlo adesso se non vuole perdere l’occasione di rigenerarsi. L’obiettivo è quello di rendere il territorio accessibile con i mezzi pubblici, non solo il nord della città ma anche le aree a sud. L’obiettivo è rendere accessibile l’acropoli, l’area industriale-artigianale, i quartieri periferici di Scala Vecchia e il centro storico. Tutto questo significa diventare parte di un sistema circolatorio della mobilità – alla scala metropolitana – che prevede uscite ed entrate, evitando il pericolo dell’emorragia demografica. L’accessibilità incentiva gli investimenti commerciali e immobiliari, culturali e produttivi, permette la localizzazione di nuove imprese in questo territorio, che lo troverebbero conveniente per il più basso costo di insediamento.
I nodi della questione si possono riassumere in pochi punti: realizzare subito il People Mover previsto da progetto e avviare un piano di rigenerazione urbana delle aree adiacenti alla stazione Regione Nassirya; prevedere il prolungamento del People Mover verso l’acropoli, con una nuova stazione, fino a raggiungere la stazione ferroviaria di San Marco – quella che dovrebbe essere riattivata per realizzare la linea Regalbuto-Assoro verso Catania, utile per il trasporto merci e passeggieri; riutilizzare il tracciato che sarà abbandonato dall’attuale littorina fino a contrada Giaconia per realizzare una linea tram che collega Ardizzone con Scala Vecchia; infine, lavorare su un grande progetto internodale che riguarda la futura stazione Ardizzone che preveda spazi per parcheggi, aree commerciali e del terziario, servizi pubblici sanitari e amministrativi, realizzando il parco lineare che dalla nuova stazione Ardizzone porta alla dorsale di Corso Italia.
Questo è il momento per pianificare quanto detto, per avviare un dibattito in città, per confrontare e mettere in rete le risorse disponibili. Questo è il momento della politica, della costruzione degli orizzonti possibili. Non certo quello dello scetticismo patologico e del fatalismo convulsivo e nemmeno delle furberie occasionali. Nulla si realizza se non è pensato in tempo ma per farlo bisogna prima pensarlo e non aspettare “la manna” dal cielo. La politica deve confrontarsi rapidamente, andare oltre, se siamo capaci di fare ponti, andare sulla luna, operare nel metaverso, possiamo fare tutto quello che ci serve. Gli imprenditori possono tornare a investire in questo territorio se ci fossero le condizioni, come la condivisione degli obiettivi di piano. Un Pug (ex Prg) a tutto questo non farebbe male, sarebbe come un patto tra le parti per immaginare la città del futuro e concentrare le risorse politiche, economiche e culturali nella stessa direzione indipendentemente dai personalismi. Se si ama davvero questa città e non solo per ricevere ‘like’.
Meglio dirlo ancora una volta: la nuova stazione della Metropolitana a Paternò senza il People Mover che la collega a piazza della Regione-Nassirya e il riuso del vecchio tracciata come tram per collegare la città sud (Scala Vecchia), sarebbe tradire le attese legittime di una comunità intera. La politica deve agire presto per evitare questo disastro. Le notizie non ufficiali che trapelano non sono incoraggianti. Bisogna agire subito. Non parlarne e rinviare a dopo tutto questo rappresenta una precisa scelta politica (folle) con precise responsabilità (nessuno può far finta di non sapere) che non faranno il bene della comunità, anzi la faranno sprofondare nel più oscuro oblio.
lei deve suggerire cosa fare, come tecnico come politico e come cittadino. Non può buttare la pietra e nascondere le mani. Si Faccia promotore di un’iniziativa con la partecipazione dei deputati regionali e nazionali coinvolgendo la città con tutte le sue menti pensanti altrimenti saremo sempre punto e d’accapo.
Una esposizione non molto chiara e confusa a mio parere con termini tecnicistici da professore sulla cattedra per pubblicarla su un giornale online. Opinione personale
attegiamento radical chic come se fosse, l’architetto Finocchiaro, un professorone della Sorbona o di chissà quale altra università prestigiosa del mondo, quando tutti noi sappiamo che insegna in una scuola media della provincia. Un pò di modestia non guasterebbe.