A pochi giorni dal via libera al decreto con cui il governo ha voluto dare una prima stretta sull’immigrazione clandestina, e mentre in Europa infuria la polemica su respingimenti e ricollocamenti, la voce autorevole del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, pur senza entrare nel merito delle scelte dell’esecutivo – perchè «nè il presidente Steinmeir né io abbiamo competenze di governo e siamo stati sempre attenti a non superare i limiti o i confini» – ha voluto indicare una linea di principio ai naviganti, nazionali e continentali: partendo dal presupposto che le regole del trattato di Dublino appartengono alla preistoria, la gestione delle migrazioni non puo’ essere affidata a soluzioni tampone, o peggio approssimative. La risposta – questo il ragionamento – non puo’ arrivare da chi pensa di averla gia’ in tasca ma anzi deve scaturire da un attento approfondimento a livello Ue, ricordando sempre che i problemi non si risolvono ignorandoli. E soprattutto non da soli.
L’occasione per tornare su un tema caro al Presidente – che gia’ nei giorni scorsi aveva rimarcato come anche dal futuro dei tanti studenti non italiani sarebbe dipeso il futuro del Paese – e’ stata la visita di ieri mattina al centro gestito dall’associazione Don Bosco 2000 di Piazza Armerina, in Sicilia, dove il Capo dello Stato, insieme al Presidente della Repubblica Federale di Germania Frank-Walter Steinmeier, ha potuto ascoltare dalle voci dei protagonisti numerose storie di integrazione e accoglienza. Come quella di Hassan, studente di 16 anni con il sogno di fare il dentista, o quella di Rasheed che ora lavora su progetti di sviluppo per il Senegal. Storie di riscatto accumunate da tanto dolore, paura e fatica. Ed e’ proprio da questo che e’ voluto partire il Presidente, ricordando che queste persone sono giunte in Italia «attraverso sofferenze indicibili» e’ che grazie a progetti come quello del Don Bosco sono stati non solo accolti, ma anche pienamente integrati. Anche perche’, ha voluto ricordare il Capo dello Stato, queste persone «resterebbero volentieri» nei loro Paesi «se non fossero spinti da fame, guerra, persecuzioni e terrorismo».
Bisogna dunque raccogliere la sfida e farlo senza dimenticare che le migrazioni sono «un fenomeno globale» da approfondire con «una visione di futuro e non con interventi «improvvisati e tampone». Servono dunque «soluzioni nuove e coraggiose e non superficiali o approssimative» sia a livello nazionale che comunitario, perche’ «nessun Paese puo’ farcela da solo». Ma bisogna cambiare registro – l’analisi del Capo dello Stato – perche’ fare riferimento e basarsi all’accordo di Dublino, come fanno alcuni Paesi, vuol dire «fare un salto nel pleistocene, in un’altra era geologica. E’ una cosa fuori dalla realta’».
Sarebbe come voler «collegare l’Europa con le carrozze a cavallo». Insomma, per il Capo dello Stato bisogna tornare a far politica e soprattutto l’Europa deve capire che «il problema esiste e non si rimuove ignorandolo ma affrontandolo per non lasciare la questione ai crudeli trafficanti di esseri umani». Parole pronunciate accanto al presidente tedesco, nei giorni in cui fra i due paesi esiste un’oggettiva differenza di vedute sull’emergenza sbarchi e la gestione dei migranti a livello europeo. Su questo, pero’, sono arrivate parole concilianti da entrambi i presidenti, con l’inquilino del Colle che si e’ detto convinto che verra’ trovata «una soluzione collaborativa, come sempre avvenuto fra Germania e Italia» ed il presidente Steinmeier che ha tagliato corto: «Speriamo che il numero arrivi di migranti diminuisca» ma «abbiamo bisogno di soluzioni Europee, non possiamo fare altrimenti». Intanto rafforzando la cooperazione con i Paesi di origine e di transito, perche’ «se vogliamo tenere aperti i confini interni dell’Europa – il monito tedesco – abbiamo bisogno di un dibattito sugli strumenti per fare in modo che questo avvenga».
Oramai in italia se non sei africano di pelle scura ed entrato clandestinamente non sei nessuno.