Messina Denaro: “Sono un agricoltore apolide che conosce la mafia solo dai giornali”: e con i giudici tace sul suo patrimonio

Messina Denaro: “Sono un agricoltore apolide che conosce la mafia solo dai giornali”: e con i giudici tace sul suo patrimonio

«Sono un agricoltore, sono apolide, non mi manca nulla, sarei stupido a dirvi dove nascondo il mio patrimonio e della mafia so solo dai giornali».

Le prime parole di Matteo Messina Denaro, dopo trent’anni di latitanza sono un compendio di `procedura mafiosa´ in caso di interrogatorio, in caso di arresto. Parole da irriducibile, anche con un cancro al quarto stadio. Il 16 febbraio, esattamente un mese dopo la cattura a Palermo, l’ex primula rossa compare in videoconferenza davanti al gip di Palermo Alfredo Montalto e ai pubblici ministeri Giovanni Antoci e Gianluca De Leo per l’interrogatorio di garanzia che riguarda l’indagine su una tentata estorsione nei confronti di una proprietaria terriera, Giuseppina Passanante, minacciata dal boss per la restituzione di un terreno. Non si è arreso Messina Denaro e non ha intenzione di raccontare i segreti della stagione delle stragi e degli ultimi trent’anni di cosa nostra, almeno leggendo il primo verbale da quando è in carcere.

Davanti ai giudici parla della tentata estorsione, ma proprio perché non gli costa nulla e anzi, verrebbe da pensare, è un perfetto sistema per far capire all’esterno che, anche con il cancro al quarto stadio, i suoi segreti sono al sicuro. «Voglio rispondere, ma le risponderò su tutto quello che compete la mia persona, sul resto non mi interessa rispondere», mette subito in chiaro con i magistrati palermitani.

«Ad un tratto, negli ultimi anni, vengo a sapere che lei (Passanante, ndr) stava vendendo il terreno. – continua Messina Denaro – Tra parentesi avevano l’affare concluso sotto prezzo, perché lei che cosa voleva fare, prendersi questi soldi di questo terreno, cioè lo rubava, e pagarsi il mutuo. E avrebbe pagato tutto con i miei beni. Arrivati a un dato punto, questi sono discorsi per me non onesti perché le persone soffrono come vogliono, ma va bene così, ognuno poi risponde con la propria dignità delle cose che fa, nel bene e nel male. E allora che cosa ho fatto, l’ho contattata, con una lettera, e gliel’ho firmata, non con pseudonimi, firmato proprio con Matteo Messina Denaro, perché io credevo di essere nella ragione dei fatti».

L’ex primula rossa conosce il peso del suo nome e sceglie di esporsi anche con gli acquirenti. «Allora, voglio chiarire: se fosse stata Biancaneve a parlare con questi che stavano comprando la terra, si sarebbero fatti una risata. Quindi per forza dovevo essere io». Potrebbe sembrare un suicidio: firmare una lettera con il proprio nome da latitante, rischiare di essere presi per un terreno da qualche decina di migliaia. Non a Castelvetrano o a Campobello di Mazara, dove è sempre più chiaro che, chi sapeva, non avrebbe mai tradito.

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