La città eterna è sempre un luogo di magie e di emozioni.
Anche quando pensiamo di averla già scoperta ci riserva sorprese inattese. Gli stessi passi, le stesse pietre, sono nuove e misteriose. Ogni porta un tesoro, ogni sguardo rimanda a prospettive imprevedibili. La città è il centro immaginifico del mondo, l’epicentro del cristianesimo, forse questo luogo non appartiene solo a chi lo abita ma all’umanità. Camminare tra le sue vie significa creare una mappa dei tesori, sempre in mutazione. Ogni viaggio ci restituisce una parte di Roma, un frammento di storia, un pezzetto di felicità.
Il suono di questa gente è musica, ritmo e contamina ma le lingue si mescolano fino a confondersi. Un atlante di culture ed esperienze senza fine. Se New York conserva le identità che là compongono, Roma le integra, facendole diventare altro. Una serie infinita di innesti culturali che nel tempo hanno determinato questa condizione di universalità e di pienezza, un luogo dove le arti si sono dati appuntamento per fissare un centro gravitazionale.
La fatica modella il nostro corpo, lo espone al dolore, ma la voglia di vivere questo spazio “interstellare” è immensa e straripante. Una mostra dopo l’altra, una chiesa dopo l’altra, velocemente, lentamente fino allo sfinimento ma è questa la natura del viaggio. Una passeggiata dentro la storia e la modernità. Un risvegliare la mente, un ritrovare la strada, verso un nuovo germoglio dell’anima. Solo le arti possono accompagnarti verso questa “Itaca” del cuore, nella città eterna, quella di Dio e degli uomini. A pensare bene, come potevano essere Torino e Firenze le capitali di questa nazione? Con tutto il rispetto per queste magnifiche città, per la loro bellezza e per il loro fascino ma Roma è “caput mandi” ed è vero.
Non importa se averte già visitato questo patrimonio a cielo aperto, non importa se pensate di conoscerla, visitarla è sempre utile per continuare a capire l’origine della nostra cultura. Che non è partigiana ed esclusiva ma al contrario è l’insieme armonico e processuale di tante culture che dal nord dell’Europa fino al lontano oriente, passando per quel “Mare nostrum” si sono metabolizzate nei secoli. Roma, questo immenso museo a cielo aperto, (l’Italia) sono il punto di partenza di una reazione a catena che come un “big bang” hanno generato il nostro mondo e tornare dentro questo laboratorio è necessario per ripartire, per risorgere, per trovare un senso alle nostre vite.
America, Russia, Cina, un po’ tutti devono ritornare da queste parti per capire cosa siamo, per capire perché siamo, per ascoltare la storia e come si è strutturata. Le arti, il diritto, la religione, le modalità dell’abitare, in ogni campo dell’esistenza umana c’è qualcosa che ti riporta a Roma, e i governanti dovrebbero sedersi qui, sulle sue pietre, dentro le sue chiese, per sfiorare l’Ara Pacis di Augusto, per comprendere il senso stesso della Pasqua: rinascenza dalla morte.
Dentro questo scrigno, lungo il cammino, la basilica di San Marco a Roma è una sorpresa ricca di emozione, vicino a piazza Venezia, marginale e poco famosa, nasconde un dispositivo di luce che ci riporta a Caravaggio, un ritmo di vuoti ed pieni saturi di pitture, sculture e modanature, ricco di arredi sacri che si fanno ruscellare dalla luce, in penombra, offendo squarci verso una natura addomesticata: le corti, un giardino, la città che scorre senza fine.
Verso piazza Navona, dietro le sue forme, il chiosco del Bramante, la chiesa di Santa Maria della Pace. Dentro gli affreschi di Raffaello, ancora la luce che modelle le forme e dentro un piccolo scrigno ritrovi l’idea stessa del sacro. Bramate accoglie il visitatore con un dolcezza e ritmo, con le sue forme regolari e nello stesso tempo innovative. Morbide e classicheggianti e dentro una meravigliosa mostra di Michelangelo Pistoletto, eccentrico e dissacrante. La mostra si intitola “Infinity” e celebra il novantesimo compleanno dell’artista dentro uno spazio che governa lo straripare del colore fluido e ossessivo.
Alle Scuderie del Quirinale, dopo l’esperienza di San Carlo alla quattro fontane di Francesco Borromini, che ci lascia senza fiato e disorientati, come ubriachi di fronte a quella meravigliosa follia dell’architettura barocca, ritrovavamo l’arte che fu salvata nel nostro Paese durante la seconda guerra mondiale. Un’immersione totale non sono nelle opere esposte ma nei retroscena di una guerra che ci riguarda. Nessun Paese può vantare un patrimonio culturale, artistico e monumentale come l’Italia e le guerre – ovunque inutili – sono sempre portatrici di distruzione, ma in questo Paese, custode di storia, alcuni eroi hanno salvato la nostra memoria con ardore e coraggio. Scorrono, dentro un’esposizione mirabile e colta, le immagini di uomini e donne – storici dell’arte, religiosi, politici e funzionari dello stato – che hanno creato una rete di protezione dentro quell’idea di tutela che fu di Giuseppe Bottai. Il Ministro Gennaro Sangiuliano, nella sua prefazione al catalogo della mostra ricorda Palma Bucarelli, Fernanda Wittgens, Noemi Gabriella, Rodolfo Siviero, Emilio Lavagnino e quel Giulio Carlo Argan che sarà poi uno dei padri della Storia dell’Arte in Italia.
Una mostra che dovrebbe essere vista dagli studenti italiani, non solo per il significato artistico ma soprattutto per quello civico. La testimonianza di un’impegno senza fine per tutelare dalla guerra, il nostro patrimonio.
Forse il messaggio più forte di questo viaggio. Oggi più che mai è necessario tutelare, anche prevenire, (non solo dalle guerre) ma dalle calamità naturali. Un nuovo piano Bottai che coinvolga la comunità come fu per il periodo tra 1937 e il 1947. Per dare compimento all’art. 9 della Costituzione Italiana “tutela del patrimonio storico e artistico della nazione”, direi oggi dell’Umanità. Le istituzioni e l’associazionismo hanno il dovere di pensare alla prevenzione, alla gestione e alla tutela anche dopo un evento catastrofico. Questa la linea da seguire oggi più che mai. Un nuovo patto tra gli attori come quello che ci ha permesso di godere ancora oggi di opere straordinarie che testimoniamo la nostra civiltà.
“Senza un vero amore per l’arte, che vada anche oltre ciò che la professione di un addetto ai lavori richiede, e talvolta senza uno spirito coraggioso, numerosi capolavori che oggi possiamo ancora ammirare nei nostri musei molto probabilmente non sarebbero più in Italia. È questa la riflessione che sorge dalla grande mostra alle Scuderie del Quirinale Arte liberata 1937-1947. Capolavori salvati dalla guerra, in corso fino al 10 aprile 2023, curata da Luigi Gallo e Raffaella Morselli”. (Recensione di Finestra sull’arte).