Catania è una rete di città: consigli utili al prossimo sindaco per ‘imitare’ Barcellona e Lisbona

“Melior de cinere surgo”.

Come la Fenice, che risorge dalle ceneri, così Catania cerca di rinascere. Non si può non ammettere che questa città, dalle forti potenzialità, non ha vissuto un periodo felice, almeno nel suo recente passato. Ci sono sicuramente delle responsabilità politiche, forse dovute anche allo strappo tra la nuova classe dirigente e quella della tradizione; una transizione governata male, spesso conflittuale, piena di vuoti di potere o peggio ancora priva di credibilità e continuità. Indipendentemente dal colore politico, dall’appartenenza anagrafica e dalla consistenza formativa, il caos ha regnato sotto gli occhi di tutti. In pochi hanno messo pezze e toppe per evitare la catastrofe e alcune parti sociali non hanno certo brillato per responsabilità, in ogni direzione (tranne che sui social dove tutti siamo più bravi).

Catania è una rete di città: consigli utili al prossimo sindaco per ‘imitare’ Barcellona e LisbonaAdesso, siamo al “game over”, alla fine di un percorso e di un’esperienza e come spesso succede, i segnali di ripresa vengono dalla chiesa e dal calcio. Segnali evidenti, incoraggianti e tutti da sostenere. Il Pnrr, a tutti i livelli, rappresenta la risorsa più efficace ma serve una visione politica di ampio respiro e quel senso di responsabilità civica e collettiva che ha caratterizzato la rinascita di tante città in Europa negli anni passati come Barcellona, Lisbona, Madrid e Berlino.

Il dibattito sulla scelta dei candidati a sindaco (le amministrative sono ormai alle porte) è in una fase di secca; tanti nomi, tante ipotesi, qualcuna persino surreale e impraticabile. Come spesso accade, un po’ ovunque, poche attenzioni ai temi e alle criticità emergenti che assillano questa comunità, temi che impongono soluzioni, di cui la città ha urgente bisogno. Più attenti alle alchimie elettorali e poco all’individuazioni – non solo dei problemi irrisolti – ma delle strategie operative. In questo senso, ancora una volta, da ogni lato politico, nessuna vera visione della città del futuro, sia in termini di terapie da adottare per risolvere le tante patologie che di possibili sviluppi verso nuovi scenari. Dobbiamo avere ancora pazienza, tra meno di un meso sapremo almeno chi scende in campo e con quale squadra.

Nel frattempo, riflettiamo su alcune questioni. La prima è quella che la città di Catania non è più uno spazio perimetrato e autoreferenziale, è invece uno dei tanti poli di una rete che ha perso il suo confine e la sua densità, che comprende luoghi e funzioni complesse oltre lo spazio amministrativo: stiamo parlando del sistema metropolitano catanese. La città polverizzata a nord; la città della produzione verso il fiume Simeto; le articolazioni ramificate verso le città di costa (Acireale) e verso le aree interne (Paternò); l’armatura della mobilità e gli interporti; i policentrismo culturale, sanitario, naturalistico e della formazione; le campagne urbane e sub urbane; il patrimonio esistente – storico e moderno – vulnerabile, degradato e inutilizzato.

Ma non finisce qui, perché ritorna adesso più che mai, il tema della città di “levante” (M. Scarpinato, L. Pierro, Uruk N.1/10_2010); quel modello alla scala geografica, che pone il baricentro del sistema Malta-Reggio Calabria, proprio sull’area metropolitana di Catania, connesso attraverso la dorsale interna fino a Gela, Agrigento e Palermo. Non valutare questo scenario politico, economico, culturale e infrastrutturale, che lega il mediterraneo al nord dell’Europa, sarebbe una follia imperdonabile. Ma questo significa che pensare la città di Catania, significa pensare a un ambito più ampio e le scelte politiche ed economiche non sono più circoscrivibili dentro il perimetro convenzionale. Forse per questo motivo, nella dialettica politica, le forze in campo, scelgono i loro rappresentanti valutando l’intero scenario territoriale. Le alchimie della politica hanno come scacchiera l’intera area metropolitana e quindi una scelta a Catania condiziona gli assetti politici delle città di prossimità.

Emerge evidentemente come la stessa città di Catania, prossima all’implosione funzionale, deve fare i conti con il tema dello scollamento e della compartimentazione delle parti. Dentro la città esistono altre città, separate, recintate, isolate e marginalizzate. In pratica una perifericità diffusa che produce relitti e scarti. Dalla foce del fiume Simeto, passando per l’area industriale, l’aeroporto, il porto (con le sue aderenze residenziali), il centro storico, la città del ‘900 e le polveri urbane verso l’Etna, tutto adagiato alla costa, rappresentano una collezione di parti che debbono cominciare a parlarsi e relazionarsi, attraverso ibridazioni e sostituzioni, garantendo l’armatura delle risorse storiche, archeologiche e monumentali, raccordate dalla rete della mobilità pubblica che non può essere solo una rete di trasporto ma prima di tutto una rete di approdi che generano nuove opportunità urbane di riqualificazione.

Quindi il tema principale è governare, produrre e attivare la rete delle connessioni, gli approdi con i progetti di rigenerazione urbana (lungo la rete, in ogni ambito urbano locale e di prossimità), la realizzazione del decentramento (di musei, ospedali, università, logistica, ecc.) nello spazio più ampio dell’area metropolitana, il potenziamento delle città di prossimità per accogliere nuove funzioni pubbliche, rendendole competitive sul piano del mercato immobiliare residenziale, per evitare l’eccessiva concentrazione di popolazione dentro la città di Catania. In questo senso è importante osservare la storia e le sue implicazioni sul piano della sicurezza. La città di Catania è crescita in maniera esponenziale ma non ha operato scelte oculate per mitigare il rischio sismico. Non serve solo risanare il centro storico ma pensare a quelle aree ad alta densità abitativa costruite tra gli anni ’60 e ’90 che sono come giganti dalle gambe fragili, esposti al sisma, pittati per sembrare più giovani.

Ma come non ricordare la questione del verde, della mitigazione dei cambiamenti climatici, della sostenibilità alla scala urbana e territoriale? Restituire il suolo edificato alla natura è indispensabile come governare il rischio idrogeologico. Piantando alberi e definendo nuove tipologie per la demo-ricostruzione del patrimonio esistente. Oppure trovare nuove modalità nella pratica della riconversione del patrimonio esistente.

Catania è una rete di città: consigli utili al prossimo sindaco per ‘imitare’ Barcellona e LisbonaIl prossimo sindaco della città di Catania, in attesa delle elezioni del presidente della Provincia, deve ripartire dall’interlocuzione con i sindaci dell’area metropolitana, non tanto per gli inviti alle feste della santa patrona ma per definire obiettivi comuni, gestendo con attenzione le risorse.
Dopo l’eruzione “Pliniana” del 122 a.C. i catanesi si dovettero spostare verso le terre di Hybla (Paternò) ad ovest, la stessa cosa per i successivi terremoti ed eruzioni (XIV sec., XVII sec. ecc.). Per gli abitanti di Catania, dopo l’eruzione del 1693, sarebbe stata una follia ricostruire verso l’Etna, cosa che invece abbiamo fatto senza nessuna logica (polveri urbane a nord della città). La natura e la storia ci insegnano come fare per abitare questi territori, la polita ha il dovere comprendere e di fare le giuste scelte.

Ormai la città di Catania è una rete di città e questo è il tema politico principale, la riconnessione. Gli strumenti approntati – piani strategici ecc – non sembrano essere stati efficaci e veramente condivisi, per questo bisogna ripartire dalla loro revisione e il PUG – attualmente in elaborazione a Catania – ha bisogno delle attenzioni delle città di prossimità, magari accogliendo gli inviti a partecipare.
Insomma, il nuovo sindaco avrà tanto da fare e dovrà, quindi, essere credibile, autorevole e riconosciuto, non solo a Catania, ma in tutte le città afferenti. Certamente con un approccio più lungimirante e di ampie vedute, meno egoista e accentratore; la sua città vivrà se vivranno meglio le altre città. Il modello di riferimento non è più quello medievale con le cinta murarie o della competitività urbana locale, ma quello della rete di città che formano la costellazione etnea. La politica ne deve prendere ispirazione e modellarsi per forma e materia nello stesso modo.

Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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