Nel 2020 l’88,7% dei residenti italiani era allacciato alla rete fognaria pubblica.
Dunque i residenti non allacciati erano, nel complesso, 6,7 milioni. Uno su nove. E’ quanto emerge dal report presentato dall’Istat alla viglia della Giornata sull’acqua.
L’istituto di statistica sottolinea poi che il servizio è completamente assente in 40 comuni, dove risiedono 386mila abitanti (0,7% della popolazione), situati soprattutto in Sicilia: in questi territori ogni edificio è generalmente dotato di sistemi autonomi di smaltimento dei reflui, mentre in alcuni casi la rete fognaria è presente ma non in esercizio, poiché non ancora collegata a un depuratore. Complessivamente l’82,6% dei comuni italiani ha una copertura del servizio pubblico di fognatura superiore al 75% dei residenti sul territorio e in in 15 regioni su 21 si rileva una percentuale di copertura superiore al dato nazionale, in particolare nel Nord-ovest (94,4%), con la Valle d’Aosta che mostra il valore più alto (97,7%). Sulle Isole invece si riscontra il valore più basso (81,5%), dove la Sicilia, con un servizio esteso al 77,2% dei residenti, presenta il valore minimo regionale.
A livello provinciale, Catania presenta il valore minimo dell’indicatore (35,9%). Dalle fogne alla depurazione, la geografia non cambia. Il servizio pubblico di depurazione delle acque reflue urbane è assente in 296 comuni (3,7%), dove risiedono 1,3 milioni di abitanti. E il 67,9% di questi comuni (ben 201) si trova nel Mezzogiorno, precisamente soprattutto in Sicilia, Calabria e Campania. Particolarità: in questi comuni in diversi casi sono presenti gli impianti, ma risultano inattivi poiché sotto sequestro, in corso di ammodernamento o in costruzione. Si tratta di comuni con ampiezza demografica medio/piccola, nel 74,3% dei casi localizzati in zone rurali o scarsamente popolate. Invece 67 comuni si trovano in zone costiere, per lo più in Sicilia (35), Calabria (15) e Campania (7), dove risiedono circa 500mila abitanti. Sono solo due i comuni privi del servizio di depurazione con più di 50mila abitanti residenti, nelle province di Napoli e Catania. In generale gli impianti di depurazione delle acque reflue urbane in esercizio sul territorio nazionale sono 18.042 (circa 100 unità in meno rispetto al 2018) e depuravano il 96,3% dei comuni in maniera completa o parziale.
E’ in Piemonte che si concentra il numero maggiore di impianti (22% del totale). Seguono Emilia-Romagna (11,2%), Abruzzo (8,8%) e Lombardia (8,5%). La copertura, in termini di popolazione residente servita, è ancora molto diversificata sul territorio; in particolare in aree scarsamente popolate e lontane dal centro urbano è molto frequente la presenza di forme autonome di raccolta e trattamento dei reflui urbani, sottolinea l’istituto di statistica. Questi numeri non incoraggianti, nel 2023, fanno così comprendere come non sia così strano che le famiglie che dichiarano di non fidarsi a bere l’acqua di rubinetto siano il 29,4%. Il dato si presenta stabile rispetto al 2021, pur nel contesto di una progressiva riduzione delle preoccupazioni rispetto a venti anni fa (40,1% nel 2002). Piuttosto, permangono notevoli differenze sul piano territoriale: si passa dal 17,3% nel Nord-est al 58,3% nelle Isole. E a livello regionale, le percentuali più alte si riscontrano in Sicilia (61,7%), in Calabria (51,1%) e in Sardegna (48,6%). Zone dove la depurazione e il sistema fognario sono ben al di sotto della media nazionale.